“Il tribunale ribadisce un concetto che condividiamo: la regolamentazione del sistema di istruzione pubblico è statale, tale deve restare. Mi sembra che le regioni abbiano superato quelle che erano le loro competenze, d’altro canto il dpcm che regola la didattica a distanza prevede già una garanzia legata alla gradazione del rischio pandemico”. Soddisfatto Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, appena ricevuta la notizia della decisione del Tar regionale. Come già successo nelle scorse ore in Lombardia, il Tribunale amministrativo ha annullato l'ordinanza regionale che aveva deciso per la chiusura della scuola superiore in presenza sino a sabato 23 gennaio. La motivazione è chiara: “l'attività amministrativa di adozione di misure fronteggianti situazioni di pur così notevole gravità non può spingersi al punto tale da sacrificare in toto altri interessi costituzionalmente protetti”.

E di sacrifici, di questi tempi, gli studenti delle superiori ne hanno fatti tanti. Da settembre a oggi, una manciata di settimane in presenza, per i più fortunati, e poi tutti a casa.  “È stato grave per gli alunni – commenta Luigi Giove –. Come abbiamo detto spesso, la dad, la didattica a distanza, non è uguale per tutti e ha creato differenze notevoli tra studenti e famiglie di diverse condizioni sociali ed economiche. Il prezzo lo hanno pagato le fasce più fragili, i ragazzi ai margini, quelli che avrebbero avuto bisogno di un sostegno. In più, credo che la dad, fatta in questo modo, riveli un approccio produttivistico che andrebbe respinto anche da parte degli stessi docenti. C’è una ragione se gli altri livelli scolastici, dall’asilo alle elementari alle medie, non hanno subito chiusure. E questa ragione deriva dal fatto che l’apertura consente ai genitori di potersi recare al lavoro. In pratica, le scuole dei più giovani sono state trattate come un parcheggio, laddove adolescenti e studenti universitari possono invece restare a casa da soli”.

Adesso che succede? Cosa vi aspettate? “Per noi non si deve più attendere oltre. Si proceda con l’apertura parziale, che risponde a un’esigenza primaria per gli alunni di questa regione, il diritto all’istruzione. Dunque, le scuole tornino ad aprire le proprie classi in presenza, secondo quanto disciplinato dal governo, al 50 per cento. A noi risulta che nei tavoli tenutisi presso le prefetture i modelli organizzativi siano stati discussi, il trasporto pubblico verso gli istituti sia stato implementato con 500 autobus. Le condizioni ci sono tutte, a meno che non ci sia una diversa classificazione della regione. Succederà quello che era stato deciso: finite le vacanze natalizie si rientra”.

Un segnale concreto in questo momento di caos. Quanta distanza c’è tra la politica e il Paese reale? “La vita reale – risponde il segretario generale della Cgil Emilia-Romagna – è quella dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti. Nessuno di loro, semplicemente, ha capito di che cosa la politica e questa maggioranza di governo stanno parlando e delle motivazioni della crisi. Quello che invece tutti hanno bisogno di sapere è cosa succederà al 31 marzo, quando scadrà il blocco dei licenziamenti, se ci sarà una riforma e un potenziamento degli ammortizzatori sociali, come funzioneranno i servizi pubblici e, più in generale, se c’è un’idea di come questo Paese prova a riprendere un cammino di sviluppo fortemente compromesso da un anno di pandemia. Oggi gli italiani sono concentrati sui problemi concreti e quotidiani. Sapere che non c’è certezza del governo non li aiuta di certo”.