Materiale e immateriale. Risorse e idee per nuovi saperi. Sono questi i due binari sui quali qualsiasi ragionamento sulla scuola e la formazione del di devono muoversi già da oggi. La pandemia può essere un’occasione: sia sul piano materiale (le risorse del Recovery fund) che su quello delle idee, poiché quello che sta accadendo è il risultato di modelli e paradigmi culturali e di sviluppo che vanno cambiati. Su questi assi si sono mossi gli interventi dei partecipanti al webinar organizzato da Flc, Cgil e Proteo Fare Sapere (Verso Next Generation Eu. Istruzione e formazione priorità negli investimenti), impreziosito dal saluto di Edgar Morin, che ha ricordato a tutti come oggi serva una “grande riforma dell’istruzione, per un’azione adeguata a tutti i grandi problemi e le complessità che abbiamo davanti, e che superi la compartimentazione dei saperi in cui sembra alla fine prevalere esclusivamente il pensiero degli economisti”. 

L’iniziativa (alla quale hanno partecipato politici e studiosi) è stata aperta dalla relazione introduttiva del segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, che ha messo subito sul tappeto il tema delle risorse: “Per affrontare le sfide che abbiamo di fronte è necessario decidere le priorità verso cui indirizzare gli investimenti. La prima per noi è l’istruzione. Lo strumento europeo di emergenza per la ripresa ("Next Generation Eu") è l’occasione per invertire la rotta che ha caratterizzato un lungo periodo in cui più che un investimento verso il futuro l’istruzione è stata considerata una voce del bilancio da contenere o tagliare”.

Non è però scontato che sia così, bisogna darsi da fare, avere una visione, un progetto condiviso. Il termine per presentare i piani di ripresa e resilienza è fissato ad aprile del 2021 e non tutti sono d’accordo sul fatto che l’istruzione debba avere un posto prioritario: le imprese, ad esempio, chiedono piogge di incentivi. Per Sinopoli, dunque, “si apre una fase in cui saranno necessarie sia le proposte concrete che le mobilitazioni” e “l’aspetto più preoccupante è l’assenza di proposte progettuali pluriennali almeno proposte da noi conosciute, da parte del ministero dell’Istruzione”.

Il sindacalista ha quantificato in 20-30 miliardi le risorse necessarie per mettere ben in asse il sistema dell’istruzione e della formazione. Molte delle proposte sono quelle per cui da anni il sindacato si batte. A cominciare dagli investimenti sul tempo scuola, che significa tempo pieno e prolungato per tutti in tutto il paese, e obbligo scolastico dai 3 ai 18 anni, con la scuola per l’infanzia diritto e dovere per tutti i cittadini. L’aumento del tempo scuola, ha sottolineato il leader della Flc,  è un fattore decisivo per recuperare dispersione scolastica, intervenire sulle differenze sociali e culturali e “promuovere pari opportunità che sarebbero negate ad alunni e studenti di ceti sociali più deboli, soprattutto se in aree territoriali svantaggiate, come alcune periferie delle grandi città e ampie zone del Mezzogiorno”.

Ovviamente questo non basta. Serve intervenire complessivamente su tanti aspetti: edilizia scolastica, organici (con la stabilizzazione dei precari), formazione permanente, classi pollaio, salario degli insegnanti. Tutti capitoli che vanno tenuti insieme, perché “serve un progetto e una visione”.

Le risorse, tuttavia, sono un fattore decisivo ma non sufficiente, bisogna ragionare su quali saperi debbano “riempire” la scuola di domani. “Morin – ha ricordato il sindacalista – ci ha insegnato che scopo della scuola è insegnare a vivere. Oggi ci troviamo di fronte a sfide fondamentali, a necessari cambi di paradigmi e modelli di sviluppo. L’uscita dalla crisi pandemica non può che essere quella di ripensare il modello di sviluppo di cui questa stessa crisi è figlia. Un modello di sviluppo senza limiti che oggi non è più compatibile con la sopravvivenza della specie umana come ci hanno ricordato i giovani di Fridays for Future”. 

Una scuola che forma i cittadini di domani, nella sua missione costituzionale, non può non porsi, problematicamente, questi problemi e porli problematicamente agli studenti e alle studentesse, non invece sterilizzarli con una trasmissione vecchia e verticale di saperi parcellizzatii e frammentari come spesso oggi accade.

Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha concluso i lavori, confermando che “per noi investire sulla scuola vuol dire investire su un nuovo modello di sviluppo del paese”. È proprio questo il nodo centrale: “La pandemia – ha detto – ha prodotto una crisi planetaria e farà da spartiacque tra un ‘prima’ e un ‘dopo’. Il tema non sarà tornare a ciò che c’era prima, ma ragionare su ciò che costruiamo, su un nuovo modello di sviluppo a partire da tutto ciò che l’emergenza sanitaria ha fatto esplodere”. Ragionare, insomma, “di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, ricollocare al centro la persona e il lavoro, fino ad arrivare a mettere in discussione ciò che si produce e come lo si produce”. Tutti nodi su cui “conoscenza, istruzione ricerca hanno un'importanza fondamentale”, così come “è fondamentale “il ruolo dello Stato, perché il mercato non può essere lasciato fare da solo”.

Insomma, “la questione scuola e formazione – ha ribadito Landini –  non riguarda solo insegnanti e studenti ma è strategica  per la qualità della democrazia e centrale per cambiare il modello di sviluppo”. E se il governo, su questo e sugli altri capitoli centrali di questa fase, “continuerà a non voler discutere con noi, metteremo in campo tutte le iniziative utili per conquistare i tavoli”.

Una battuta il segretario generale della Cgil l’ha poi voluta riservare anche all’attualità più stringente: “Sei mesi di assenza della scuola hanno fatto parecchi danni. La Dad ha spesso ampliato le diseguaglianze, per questo, pur in una fase così difficile, continuiamo a batterci perché le scuole restino aperte”.