Occhi puntati sul 20 ottobre, giorno nel quale l’Inca Cgil celebrerà il suo 75esimo anniversario con un pomeriggio di riflessioni dedicate al ruolo dei patronati per il futuro del Paese. Il titolo dell’iniziativa, “Oltre l’emergenza sanitaria”, è una traccia dei temi sul tavolo che, partendo dal racconto che alcuni operatori, della provincia e delle sedi all’estero, faranno dei lunghi mesi di lockdown e delle difficoltà legate alla pandemia, arriverà al confronto tra Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, Franco Bettoni, presidente dell’Inail, e Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro. Con la relazione di apertura affidata al presidente dell’Inca, Michele Pagliaro, e le conclusioni di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.

Proprio per avvicinarci a questo appuntamento, stiamo facendo un viaggio negli uffici del patronato sul territorio, per capire cosa ha prodotto e sta producendo l’azione dell’Inca in questo anno funestato dal covid e cosa la lunga esperienza emergenziale di questi mesi ha cambiato nell’organizzazione dell’attività.  “In Campania – ci spiega Jamal Qaddorah, coordinatore regionale dell’Istituto – durante il lockdown tutte le sedi sono rimaste operative, anche grazie a un’organizzazione del lavoro che, per tutelare la sicurezza degli operatori, ha utilizzato lo smart-working”.

Ci puoi dare qualche dato? “Quello che racconta meglio quel periodo è il numero di pratiche gestito all’inizio di aprile, quando in otto giorni ne abbiamo avviate 8000. Utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, dalle chat di Whatsapp alle telefonate online, ricevendo la documentazione, senza fermarci un attimo. Un momento di orgoglio per noi e la Cgil – ci spiega soddisfatto Jamal Qaddorah – perché siamo riusciti a difendere il nostro ruolo di presidio di democrazia e di prossimità nei confronti delle persone”.

Cosa ti è rimasto nel cuore di quel periodo? “Io preferivo andare in ufficio. Da lì mi connettevo con i compagni e seguivo l’attività. Alle 4 del pomeriggio raccoglievamo le domande dal territorio e le trasferivamo al nazionale. È stato un periodo difficile, per le persone e per noi, perché siamo abituati a svolgere il nostro lavoro in presenza, siamo abituati al contatto con la gente, essenziale per trasformare le richieste di tutela in azione politica”. Un momento di grande impegno e di generosità per tutti gli operatori, molti dei quali, ci spiega Qaddorah, sono arrivati a dare agli utenti il numero del cellulare personale, pur di riuscire ad aiutarli al meglio. “Nonostante la drammatica fase siamo contenti e fieri perché abbiamo dato risposta alla domanda di diritti delle persone, questo è il nostro scopo”.

Finito il lockdown, dal 4 maggio le sedi campane sono tornate ad essere accessibili al pubblico su appuntamento. Molto del lavoro è proseguito in via telematica. “Adesso – ci dice preoccupato Qaddorah – se la crescita dei contagi continuerà con questa rapidità in Campania, dovremo tornare a programmare gli appuntamenti, per evitare assembramenti nella sala d’aspetto. Da tempo ci siamo attrezzati con tutti i dispositivi di protezione: dai plexiglass alla segnaletica per il rispetto della distanza di sicurezza e ovviamente all’obbligo di mascherina”.

E per quanto riguarda il covid come danno da lavoro? “Ci stiamo organizzando in modo organico, tramite le categorie e sui luoghi di lavoro. Abbiamo in mente di fare un settore specifico e contattare un virologo. In realtà l’esperienza del lockdown ha riaffermato con forza quanto è importante programmare il lavoro in modo strutturato, scientifico direi. Contattare i nostri utenti potenziali, non aspettarli in ufficio, andare a cercarli e a informarli, incanalando questa forte richiesta di diritti e di tutela nella giusta direzione. Come patronato, abbiamo una potenzialità grandissima. Solo così – ci dice Jamal Qaddorah – la crisi dovuta al covid potrà trasformarsi in un’opportunità di cambiamento”.