“Lavori in corso”. Lo sono da anni, sulla strada che porta a Sud. Quella che costeggia il mare, ma i turisti ce li porta con enormi difficoltà. I treni viaggiano su un solo binario, dalla Calabria in giù. L’alta velocità rallenta, i traghetti fanno la spola sullo Stretto. Qui, da decenni il sindacato fa i conti da un lato con il lavoro irregolare, dall’altro con le infiltrazioni della criminalità organizzata. Qui, essere un sindacalista significa “fare a pugni con i sogni”. Giuseppe Valentino, segretario generale della Filcams Calabria e Monja Caiolo, che guida la categoria in Sicilia, condividono esperienze simili nelle due regioni che si guardano, dalle sponde opposte dello Stretto. L’emergenza Covid ha inciso in maniera catastrofica su un settore storicamente fragile come quello del turismo in tutto il paese. Ancora di più al Sud, dove turismo, lavoro, legalità sono tre parole inscindibilmente legate, nel bene e nel male.

“Le inchieste della magistratura – dice Giuseppe Valentino, segretario generale della Filcams Calabria - dimostrano come il turismo, sia uno dei settori più redditizi per la 'ndrangheta, che lo ha occupato quasi totalmente, attraverso l'estorsione o la gestione diretta di attività ed aziende”. Questo si traduce nello “sfruttamento dei lavoratori. Caporalato, violenza, difficoltà per le organizzazioni sindacali di entrare nelle aziende ed intercettare chi ci lavora”. La situazione è analoga in Sicilia, dove la Cgil ha presentato un piano del lavoro che indica il turismo come una delle tre leve fondamentali per lo sviluppo economico dell’isola. “Lo sviluppo del settore – dice Monja Caiolo – può partire solo dal contrasto alla criminalità organizzata, che negli ultimi anni ha riciclato il suo denaro sporco nel turismo. La battaglia per la legalità è anche quella per un lavoro regolare e dignitoso”.

I lavoratori del turismo sono soprattutto precari, stagionali, irregolari. Nel comparto alberghiero sono molto pochi i contratti a tempo indeterminato e nella ristorazione si registra il ricorso maggiore al lavoro irregolare, con una presenza diffusa di lavoratori migranti, soprattutto per i profili più "umili". “Chi paga il pizzo – spiega Giuseppe Valentino - ha bisogno di denaro ‘sommerso’. Se sei un piccolo imprenditore o un commerciante, li prendi dalle tue tasche; per le aziende è diverso, la mazzetta la pagano i dipendenti”.

Si lavora soprattutto durante la stagione estiva, “se va proprio male, con un contratto pirata firmato da sindacati non rappresentativi, che fa risparmiare le imprese”. Fuori stagione ci si affida alla Naspi o a qualche lavoretto saltuario in nero, in occasioni speciali come battesimi, cresime, matrimoni, compleanni.

“Se guardassimo una discoteca o un lido balneare su una spiaggia calabrese ad agosto con gli occhi di un sindacalista - spiega Valentino- vedremmo una grande quantità di consumatori attivi che producono ricchezza per l'azienda e una evidente ingiustizia nella ridistribuzione di questo capitale”. Anche quando il contratto è regolare, tuttavia, la pratica comune, denunciata dal sindacato, è non pagare ai dipendenti gli assegni familiari, la malattia, le festività. Spesso ci si accorda verbalmente, quando si viene assunti, su una paga oraria più bassa di quella prevista dal contratto nazionale. “Il denaro estorto dalla busta paga ad ogni dipendente, costituisce un fondo nero utile a finanziare la 'ndrangheta”. Per queste ragioni, “dove è presente la criminalità organizzata - sottolinea Monja Caiolo - il sindacato ha grandi difficoltà a intervenire, perché i lavoratori hanno paura di rivolgersi a noi”. “Quando hai un problema con il datore di lavoro-  aggiunge Valentino - non chiami il sindacato. E se proprio ci vai, ti fai consigliare su come giustificare la tua visita, se l'azienda lo venisse a sapere”.

La criminalità organizzata, in Calabria e Sicilia, è uno dei grandi motivi per cui il turismo non riesce a decollare. Ma non è l’unico. Mancano, secondo Cajolo e Valentino, la capacità di concepire il turismo come “industria” e di fare rete tra imprese. E poi, c'è il tema dell'arretratezza infrastrutturale. “La Sicilia potrebbe vivere di turismo tutto l'anno, contribuendo in maniera decisiva ad aumentare il tasso di occupazione e a ridurre quello di emigrazione giovanile”. In Calabria, “la fascia Ionica è carente di infrastrutture moderne, la statale 106 in continuo ammodernamento. La ferrovia non è nemmeno elettrificata. Si vive a rallentatore, le cose cambiano lentamente. Se altrove si può parlare di ascensore sociale, qui usiamo ancora le scale”.