Le scuole dell’infanzia possono ripartire a settembre come nulla fosse. Spazi, rapporto numerico insegnanti/bambini. Tutto come prima. Come se il covid non ci fosse stato. Senza che lo Stato abbia predisposto e adottato accorgimenti adeguati a tranquillizzare famiglie e lavoratori rispetto all’emergenza sanitaria. Sembra un paradosso, ma è quello che si legge neanche troppo in filigrana nel “Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia”, che è stato approvato nei giorni scorsi dalla Conferenza unificata e da poco pubblicato sul sito del Miur.

Il documento – pur sottolineando la necessità di un approfondimento specifico per le bambine e i bambini appartenenti alla fascia di età da zero a sei anni e ribadendo la funzione generale dello Stato in materia di indirizzo, programmazione, coordinamento dell’intero sistema - di fatto non contiene alcuna indicazione specifica su come affrontare la ripartenza. A parte qualche indicazione generica su un uso "creativo" degli spazi, l'invito a valorizzare le aree esterne e la conferma che i bambini non dovranno indossare le mascherine, c'è veramente poco. 

Soprattutto vengono confermati i parametri previsti dalla normativa pre-covid per quanto riguarda il rapporto tra spazi e alunni e nemmeno si fa alcun cenno alla ridefinizione del rapporto numerico tra educatori/insegnanti e bambini. Tutte cose per le quali occorrerebbe prevedere investimenti cospicui. Insomma, ci dice Manuela Calza, segretaria nazionale della Flc Cgil, "a parte la buona notizia che il tempo scuola non verrà ridotto e che tutti torneranno in classe, non si dice come ciò avverrà, né si quantificano le risorse necessarie perché ciò avvenga in piena sicurezza". Indicativa la parte sulle dotazioni organiche, in cui si dichiara solo un generico impegno a verificare  la possibilità di individuare ulteriori figure professionali o di assegnare dotazioni organiche aggiuntive. Vaghe promesse: più in là però non si va.

In questo modo, tra l'altro, si trascurano le stesse indicazioni del Comitato tecnico-scientifico che per le scuola dell’infanzia ritiene necessarie risorse addizionali per la pulizia assidua delle superfici, la riduzione del numero di alunni per sezione e particolari accorgimenti organizzativi.

La sensazione è abbastanza netta: ricominciamo come se nulla fosse accaduto e speriamo vada tutto bene. Per la Flc Cgil non ci sono dubbi: “Le indicazioni risultano insufficienti a dare risposte ai bisogni e alle preoccupazioni espresse dalle scuole e dalle famiglie” e poco rassicura il fatto che nel documento sia chiarito l’impegno ad assicurare l’accesso allo stesso numero di bambini accolto “secondo le normali capienze” e “i consueti tempi di erogazione”, salvaguardando tutti i momenti del percorso educativo, compresi i tempi della mensa e del riposo.

Insomma, più ci si avvicina all’inizio del nuovo anno scolastico e meno ci si sente rassicurati. Mentre infatti continua a mancare il protocollo per la ripartenza in sicurezza (l’incontro del 30 luglio è stato rinviato su richiesta dei sindacati, ma non è ancora arrivata un’altra convocazione), sempre in questi giorni in tutta fretta il governo ha emanato delle Linee guida per la didattica digitale integrata. Per la Flc il senso è chiaro: “Dopo mesi in cui si è dichiarata la povertà della didattica a distanza, la necessità del rapporto educativo in presenza, dopo settimane di promesse sul rientro in classe, ma senza garantire il necessario numero di docenti e di personale Ata, finalmente il ministero tradisce le sue reali intenzioni: proseguire la didattica d'emergenza sulle spalle degli studenti, soprattutto di quelli con maggiori difficoltà”.

I nodi irrisolti per la riapertura delle scuola sono ancora tanti: la carenza di personale stabile (il concorso straordinario per 32.000 docenti è stato spostato all’autunno), la difficoltà di garantire il distanziamento scolastico, visti gli spazi disponibili per le scuole (a cui si chiede fantasiosamente di andarseli a cercare fuori, visto che mancherebbero tra le 20 e le 30 mila aule per un totale di 600.000 studenti) e, da ultima, la vicenda surreale dei banchi monoposto: 2 milioni e 400 mila pezzi messi a bando che però, a detta degli operatori del settore, non potranno mai essere consegnati entro la prima settimana di settembre. Insomma: vista la situazione, meglio pararsi intanto con le regole per la didattica a distanza e sperare, nel frattempo, che il virus si dimostri clemente.