“Attendiamo tutti un ritorno in sicurezza delle attività scolastiche in presenza. Ma per raggiungere questo obiettivo serve il massimo impegno e le risorse necessarie. Invece, a 40 giorni dall’avvio del nuovo anno scolastico anche in Emilia-Romagna la situazione è preoccupante, al di là delle rassicurazioni di facciata e dei tentativi di normalizzazione. Nonostante da mesi diciamo che serve un provvedimento specifico sulla scuola e risorse straordinarie”. Lo affermano i dirigenti dei sindacati della scuola regionali:  Monica Ottaviani (Flc Cgil), Monica Barbolini (Cisl Scuola, Fsur Emilia Romagna), Serafino Veltri (Uil Scuola, Rua Emilia Romagna), Gianfranco Samorì (Snals  Confsal Emilia Romagna) e Rosarita Cherubino (Gilda Fgu Unams Emilia Romagna). 

I numeri reali
In Emilia-Romagna – spiegano i sindacalisti - registriamo quest’anno un centinaio di studenti in meno, un calo irrilevante rispetto all’anno scorso quando erano complessivamente 548 mila (con un rapporto alunni/classe di 21,93% ben oltre la media nazionale che si ferma a 20,55%) mentre le risorse attribuite in organico per la copertura del personale non sono sufficienti a costituire classi normo dimensionate. Diversi quindi i casi delle cosiddette “classi pollaio”, che non bastano ad affrontare la ripresa dell’anno scolastico con l’emergenza sanitaria in atto. Se non verranno urgentemente prese decisioni coerenti in termini di investimenti per edifici scolastici, trasporti, spazi e organici, le misure “fai da te” a costo zero saranno inadeguate a garantire il diritto allo studio degli studenti a partire dai più piccoli e dai più fragili. 

Emergenza riapertura 
In Emilia-Romagna a settembre mancheranno 17.565 insegnanti (posti vacanti) per raggiungere l’organico di fatto del corrente anno scolastico di 57.435, pari al 30,58% dei posti scoperti. Oltre il 60% dei docenti in servizio sul sostegno sarà privo di specializzazione. Inoltre, molte cattedre/posti non potranno essere coperti da assunzioni perché diverse graduatorie (in particolare quelle delle discipline scientifiche) sono esaurite e i nuovi concorsi sono stati posticipati cosicché, se si riuscirà a rinnovare le graduatorie, avremo migliaia di supplenze con il rischio concreto che i posti saranno coperti da personale non ancora laureato o qualificato. Questo è il modo per mettere in ginocchio la scuola, impoverendola e dequalificandola, nonostante il sindacato abbia avanzato delle proposte rimaste inascoltate: equiparare organico di diritto e di fatto e indire un concorso straordinario per soli titoli per coloro che avevano maturato almeno tre annualità di servizio nella scuola pubblica.

Il che fare
La soluzione non può passare dalla riduzione del tempo scuola, dalla didattica a distanza (che va considerata come didattica dell’emergenza e quindi complementare, aggiuntiva) e dai banchi monoposto. La realtà è che in queste condizioni, il ritorno a scuola per tutti gli studenti sarà nel caos e nell’incertezza la cui unica responsabilità risiede nel colpevole ritardo di chi a livello politico ha il dovere di prendere delle decisioni. 
La situazione del personale ausiliario, tecnico, amministrativo (ATA), non è migliore. Entro il 1 settembre dovranno essere assunti 4.107 lavoratori (pari al 26,77%) per raggiungere l’organico in servizio quest’anno. Allarmante è la situazione dei posti scoperti di Direttore dei servizi generali amministrativi (DSGA) che rasenta il 60% e che al contrario avrebbero potuto essere coperti sia da coloro che hanno sostenuto il concorso che dai facenti funzione DSGA che da anni vengono utilizzati dallo Stato senza che sia  garantito loro il diritto ad occupare quei posti in forma stabile. 
Questi sono i numeri dell’organico che mancano per arrivare alla situazione attuale, al quale andrebbe aggiunto il fabbisogno per affrontare l’emergenza COVID-19 che secondo una nostra stima dovrebbe essere incrementato almeno del 10-15%. Allo stato attuale non sappiamo ancora quante siano le situazioni a rischio dettagliate in ogni scuola, ossia quanti alunni in ogni classe di ogni istituto dovranno stare fuori per ragioni di sicurezza e quanti spazi aggiuntivi saranno necessari. 

Bisogna investire nella scuola
Quanti e quali sono gli investimenti previsti dalla Regione e dagli enti locali per rendere più sicuri gli spazi a disposizione degli studenti? Si chiedono i sindacati. Ed esiste una mappatura dello stato degli edifici scolastici? Come potranno gli organi collegiali, organizzare nel rispetto dell’autonomia scolastica un’offerta formativa di qualità, in assenza di queste fondamentali informazioni? E soprattutto di chi sarà la responsabilità? La realtà che ci appare è che avendo predisposto linee guida senza un giusto investimento di risorse e senza indicazioni precise, si stia scaricando una grossa responsabilità sulle autonomie scolastiche e sui dirigenti scolastici. Per questo come sindacati siamo impegnati affinché la scuola riapra a settembre in presenza, ma non intendiamo assecondare strade che non prevedano stanziamenti aggiuntivi. Siamo al fianco delle famiglie che hanno il diritto di sapere cosa succederà dei loro figli a settembre. Non servono scorciatoie e il tempo delle chiacchiere è finito. Servono i fatti e un grande investimento sulla scuola finalizzato alla crescita del paese, ora e subito. Più scuola, più personale, più investimenti per una scuola pubblica rinnovata e più forte di prima della pandemia. Questa è la realtà che vorremmo raccontare alla Ministra quando verrà in visita, speriamo presto, nella nostra regione. Così come riteniamo una necessità il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nei tavoli regionali sulla ripartenza.