Non aveva nemmeno 13 anni quando per ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Giuseppe Di Matteo  fu rapito nei pressi di un maneggio di Piana degli Albanesi per convincere il padre Santino, ex mafioso e collaboratore di giustizia, a ritrattare le accuse che incastravano la cupola di San Giuseppe Jato, cittadina a metà strada tra Palermo e Corleone.

I mafiosi si travestirono da poliziotti della DIA, ingannando facilmente il ragazzo, che credeva di poter rivedere il padre, in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia. In realtà fu legato e lasciato nel cassone di un furgoncino Fiat Fiorino chiuso in un magazzino a Lascari, prima di essere consegnato ai suoi carcerieri. Quando Brusca, latitante, venne condannato all'ergastolo per l'omicidio di Ignazio Salvo, questi ordinò a Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo di uccidere il ragazzo che venne strangolato e disciolto nell'acido l'11 gennaio 1996, pochi giorni prima di compiere 15 anni, al termine di 25 mesi di prigionia.

In occasione del 28esimo anniversario della strage di via D'Amelio in cui furono assassinati il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, l'Amministrazione comunale di Custonaci insieme ai sindacati e alle associazioni del territorio deporranno, alle 19,30, nella villetta di via Assieni una targa per affermare la legalità e i principi democratici, in memoria del piccolo Giuseppe e di tutte le vittime innocenti della mafia.

Intanto l'uomo che ordinò il più barbaro e sconvolgente tra gli omicidi di Cosa nostra, mandante della strage di via D'Amelio ed esecutore materiale delle stragi di Capaci e di via Giuseppe Pipitone Federico in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Rocco Chinnici insieme agli uomini delle loro scorte, potrebbe essere libero tra poco meno di un anno. Dopo il suo arresto il 20 maggio del 1996, Giovanni Brusca divenne collaboratore di giustizia e condannato a 26 anni di reclusione.