Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le forze Alleate britanniche ed americane sbarcano sulle spiagge della Sicilia, ancora controllata dalle forze dell’Asse, nell’ambito della cosiddetta “Operazione Husky”. È  la seconda più imponente operazione offensiva organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale, la più vasta in assoluto nel settore del Mediterraneo, a cui prendono parte due grandi unità alleate: la 7ª Armata statunitense al comando del generale George Smith Patton e l’8ª Armata britannica al comando del generale Bernard Law Montgomery, riunite nel 15º Gruppo d’armata sotto la responsabilità del generale britannico Harold Alexander.

Si riversano in Sicilia 160.000 soldati: 2.590 navi da trasporto di tutti i tipi (1.614 britanniche, 945 statunitensi, dieci olandesi, nove polacche, sette greche, quattro norvegesi e una belga), 1.800 mezzi da sbarco circa e 280 navi da guerra trasportano, riforniscono e proteggono le due armate alleate. La Sicilia sarà liberata in soli 39 giorni quando, il 17 agosto, le truppe Alleate entreranno a Messina dopo aver conquistato tutte le altre importanti città (Palermo il 22 luglio, Catania il 5 agosto), costringendo i tedeschi alla fuga verso la Calabria. 

La liberazione dell’isola sarà raccontata anche dalle toccanti, bellissime immagini di Robert Capa. “Capa sapeva che cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un'emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino”, diceva di lui John Steinbeck. I suoi reportage rendono testimonianza di cinque diversi conflitti bellici: la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale (Capa sarà uno dei pochi a fissare su pellicola i momenti dello sbarco in Normandia. Il reportage (106 scatti), considerato uno dei migliori servizi di guerra di tutti i tempi - ad esso si è ispirato anche Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan - andrà in gran parte perduto a causa dell’errore di un tecnico alla camera oscura. Ne rimangono solo 11 scatti - i ‘Magnificent Eleven’ - non si sa se volutamente o accidentalmente sfocati), la guerra arabo-israeliana e la prima guerra d’Indocina.

Il fotografo sarà anche, nel 1943, testimone in Sicilia dell’assedio di Troina, avvenuto tra il 31 luglio e il 6 agosto (tra gli scatti raccolti e poi pubblicati anche quello, notissimo, che ritrae il contadino che indica la strada al soldato americano). Durante quell’esperienza, nella Valle dei templi, davanti al Tempio della Concordia, la strada di Robert Capa incrocia quella di un giovanissimo Andrea Camilleri. “Nella luce abbagliante di quella mattina di luglio, il tempio m’apparve intatto - scrive il papà di Montalbano in Una corsa verso la libertà, uno scritto contenuto nel libro di Gaetano Savatteri La volata di Calò (Sellerio) - Nello spiazzo antistante c’era un soldato americano che stava fotografando il tempio. O almeno tentava. Perché inquadrava, scuoteva la testa, si spostava di qualche passo a sinistra, Scuoteva nuovamente la testa, si spostava a destra. A un tratto si mise a correre, si fermò, cercò un’altra angolazione. Neppure questa volta si mostrò contento. Io lo guardavo meravigliato. Il tempio quello era, bastava fotografarlo e via. Che cercava? Doveva essere un siciliano, lo si capiva dai tratti, forse voleva portare un ricordo ai suoi familiari in America. In quel momento, fummo assordati da un rumore di aerei e di spari. In cielo, ma a bassissima quota, si stava svolgendo un duello tra un aereo tedesco e uno americano. Mi gettai a terra. Anche il soldato si gettò a terra, ma, al contrario di me, a pancia all’aria. Scattava fotografie una appresso all’altra senza la minima indecisione, la macchina tra le sue mani era un’arma, una mitragliatrice. Poi i due aerei scomparvero. Ci rialzammo, gli dissi qualcosa in dialetto. Non capì. Io non parlo inglese, ma qualche parola la capisco. Mi spiegò che era un fotografo di guerra. Mi scrisse su un pezzetto di carta il suo nome: Robert Capa. Per me, allora, un perfetto sconosciuto. Ci salutammo. Ripresi la bicicletta, tanto la strada ora era tutta in discesa”.

Andrea Camilleri nasce il 6 settembre del 1925 a Porto Empedocle, Agrigento. Figlio unico, dal 1939 al 1943 - dopo una breve esperienza in un collegio vescovile - studia al Liceo classico Empedocle di Agrigento dove, nel 1943, ottiene la maturità senza fare gli esami a causa dei bombardamenti e in previsione dell’imminente sbarco in Sicilia delle forze alleate (“Non abbiamo fatto gli esami di maturità perché gli inglesi ormai erano a Lampedusa”, raccontava nel 2012 a Saverio Lodato il papà di Montalbano. “Allora arrivò l’ordine dal provveditorato - o come si chiamava allora - che gli studenti di terza liceo fossero promossi o bocciati a scrutinio, d’ufficio. Ottenni la promozione. Fine del discorso. In altre parole non ho sostenuto gli esami di maturità”. “Fu una bella estate, per me, quella del 1943”, ricordava Miriam Mafai. “Vennero aboliti gli esami di maturità, e sostituiti dagli scrutini. Avevo diciassette anni e mi sembrava di essere molto felice”. Similmente raccontava Aldo Tortorella: “Nella tarda primavera del 1943 arrivò la notizia che l’esame di maturità era stato soppresso. Ci avrebbero giudicato sulla base dei voti dell’anno. Io ero tra quelli bravi e accolsi la novità con una certa indifferenza. Qualche settimana dopo cadde il fascismo. Quelli che andavano meno bene e che speravano in un riscatto all’esame furono i più delusi. I professori però alla fine furono di manica larga, prevalse un senso di eccezione”.).

Nel 1944 Camilleri si iscrive al Partito comunista, iscrizione che gli costerà, come lui stesso racconta, l’assunzione in Rai nel 1954. Scrittore, intellettuale di fama internazionale, sceneggiatore e regista, è noto al grande pubblico soprattutto per aver creato il commissario Salvo Montalbano (i suoi romanzi hanno venduto oltre 30 milioni di copie e sono stati tradotti in decine di lingue). Impegnato politicamente, ma sempre e solo ‘da cittadino’, affermava qualche anno fa: “Mi sono sempre rifiutato di entrare in politica. La prima volta, quando il Pci mi offrì una candidatura blindata, la seconda quando dei vescovi siciliani, non so perché
proprio i vescovi, si misero in mente di chiedere all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di farmi senatore a vita. Li ho pregati quasi in  ginocchio per evitare una cosa simile. La politica è una cosa seria”.