Un centinaio di avvocati, i due pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini e molti degli imputati, di cui sedici in videoconferenza dalle rispettive carceri, in cui sono reclusi, a partire dal presunto boss Luciano Donadio. Tutti con la mascherina e distanziati. Nell'aula bunker è iniziato il "vero" maxi-processo al clan casalese di Eraclea, dopo che due settimane fa c’è stato "l’antipasto", con l’avvio del troncone con il rito abbreviato. Lì gli imputati sono 26, qui ce ne sono 46 (tra cui Donadio e anche l’ex sindaco Mirco Mestre, accusato di voto di scambio e presente tra i banchi) e in aula sfileranno centinaia di testimoni: basti pensare che sono già state fissate 28 udienze sino a dicembre. C’è voluta oltre un’ora solo per fare l’appello, poi sono iniziate le prime scaramucce tecniche.

Oltre alla Presidenza del Consiglio, all’associazione Libera, alla Cgil veneta e veneziana e a Fabio Gaiatto (noto alle cronache come imputato della maxi-truffa del Forex), già parti civili nell’udienza preliminare, hanno chiesto di costituirsi anche la Regione Veneto, la Città metropolitana di Venezia, il Comune di Eraclea, la Cisl veneta e veneziana, la Palladio leasing e un imprenditore vittima del clan. Decine di altre parti offese, invece, non si sono presentate. 

Come già sottolineato, la Cgil del Veneto, in linea con il proprio statuto e con i valori fondamentali che ne guidano l’azione quotidiana, si è costituita parte civile. In continuità anche con quanto fatto dalla Cgil nel processo Aemilia nel quale, oltre alla Regione Emilia-Romagna, erano state ammesse anche le organizzazioni sindacali. "Riproponiamo e rafforziamo le motivazioni in base alle quali la nostra organizzazione ha fatto la scelta politica di presentarsi nei processi per associazione di stampo mafioso come parte civile", sottolinea la Cgil regionale.