La solidarietà non è cosa per tutti. L’ultimo a ricordarcelo è Maurizio Bigazzi, neoeletto presidente della Confindustria fiorentina. Alla prima conferenza stampa l’ha toccata piano: invece di occuparsi degli affari suoi, il mondo dei privati, si è scagliato violentemente contro i dipendenti pubblici. Nella sua lettura, smaccatamente padronale, il resto del mondo, l’altro 99 per cento che per vivere ha bisogno di lavorare, non è giusto che soffra la crisi solo se lavora nelle aziende. Sarebbe più giusto che il governo si decidesse a “imporre un contributo di solidarietà del 3-4 per cento ai 4 milioni di dipendenti pubblici che lavorano da casa risparmiando tempo e denaro. I dipendenti delle imprese private non sanno se domani avranno lavoro, sono in cassa integrazione e vivono in ansia: perché anche ai dipendenti pubblici, che non rischiano il posto di lavoro, non viene chiesto un piccolo sacrificio?”. Nonostante il lungo elenco di richieste, ai padroni sembra non bastare mai. 


Eccola la giustizia secondo Confindustria. Una livella che decurti lo stipendio agli statali che - non lo dice, ma sembra pensarlo - già fanno poco a lavoro, figuriamoci a casa. E poi si sa che la guerra tra i poveri le vincono i Bigazzi. Ci permettiamo di suggerire all’illustre imprenditore del settore alimentare che forse potrebbe tagliare la testa al toro e, con il pragmatismo tipico degli uomini del fare come lui, autoimporsi un contributo di solidarietà del 10 per cento sul suo patrimonio. Sicuramente sarebbe molto più utile di certe uscite.