Ventiquattr'ore di sciopero in tutti i siti italiani e di tutti i lavoratori coinvolti, dipendenti diretti o dell’appalto. Braccia incrociate da Taranto a Genova, da Novi Ligure a Legnaro e in tutti gli altri stabilimenti della galassia dell’acciaio gestita dalla multinazionale indiana. Il nuovo piano, con i 3 mila esuberi previsti e il mancato rientro dei 1.600 lavoratori rimasti con l’amministrazione straordinaria Ilva, non ha fatto che alzare il livello di tensione. I sindacati metalmeccanici ritengono "inaccettabile l'atteggiamento del governo che - si legge nel verbale dei coordinatori di fabbrica - continua a trattare con ArcelorMittal, una controparte che ha dato dimostrazione di essere un soggetto inaffidabile e che non rispetta gli impegni sottoscritti, continuando a rinviare gli investimenti sulle innovazioni tecnologiche e non garantendo la manutenzione degli impianti". Intanto è partita, e continuerà nei prossimi giorni, l'ispezione straordinaria dei commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria, accompagnati da tecnici e legali, decisa per la denuncia dello stato di abbandono della fabbrica presentata giorni fa al prefetto Demetrio Martino dai sindacati.

 

La risposta di Patuanelli
"Non possiamo far finta che esista un contratto ed è quello il punto di partenza su cui dobbiamo ragionare dal punto di vista occupazionale. Non si può pensare che si parta da zero. Esiste un contratto, esiste l'accordo sindacale, esiste un piano industriale che può essere, ovviamente, migliorato su alcuni aspetti, quello dell'investimento sugli impianti che è fondamentale per la tutela ambientale ma che non può essere ridiscusso sui criteri generali degli aspetti occupazionali". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ribadendo che "non c'è da parte del governo nessuna intenzione di portare avanti la proposta di Mittal, non possiamo retrocedere rispetto a produzione siderurgica italiana, lo Stato farà la sua parte", assicura. Poi comunica che "oggi non c'e' azienda perché i piano presentato non si può nemmeno discutere, la prossima settimana ci sarà nuovo incontro con ArcelorMittal".

La posizione della Fiom
"I contratti valgono, valgono gli accordi e vanno rispettati. L'accordo del 6 settembre 2018 prevedeva 10.700 occupati, più la clausola di salvaguardia per i lavoratori Ilva in amministrazione straordinaria. Non conosciamo i dettagli dell'accordo fatto dal governo il 4 marzo scorso. Ma sappiamo che quell'accordo ha effetti sull'occupazione, perché non c’è la clausola di salvaguardia. Noi siamo fermi all'accordo sottoscritto il 6 settembre 2018 che prevedeva zero licenziamenti". Lo dice Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil, intervenendo al tavolo con il governo sulla vertenza ArcelorMittal, ex Ilva. "Non sappiamo - continua - i contenuti del nuovo piano presentato da ArcelorMittal. L'azienda non ha cambiato sostanzialmente posizione da settembre dell'anno scorso. Già a settembre del 2019 l'ad Morselli, appena insediata, chiedeva circa cinquemila esuberi. Gli stessi numeri di esuberi che si prospettano ora. L'azienda non si è mai spostata da quei numeri. Quindi la pandemia del Covid-19 non c'entra nulla, è uno strumento di pressione in più che viene utilizzato. Non possiamo arrivare a novembre in questa condizione di incertezza riguardo al possibile rilancio industriale di tutti i siti produttivi e alla riconversione ambientale di Taranto. Gli attuali livelli produttivi sono al minimo storico, rischiano di aggravarsi drammaticamente le condizioni di sicurezza e salvaguardia di tutti gli impianti. Il governo dice che il nuovo piano è inaccettabile, ma vogliamo sapere cosa significa concretamente. L’esecutivo deve chiarire l'assetto proprietario e gli investimenti e dare garanzie sull'occupazione dei lavoratori ArcelorMittal e di quelli Ilva in amministrazione straordinaria. Negli stabilimenti la situazione è esplosiva: non è più gestibile in questo modo sul piano delle relazioni industriali", conclude.

(in aggiornamento)