Oggi un terzo dei cittadini di tutto il mondo si chiede quali efficaci misure possano essere adottate per il contrasto alla diffusione del virus ed il superamento dell’emergenza sanitaria. Di certo le tecnologie digitali, a fronte di una domanda posta correttamente, possono fornire delle soluzioni utili ad agevolare il ritorno ad una situazione di maggiore mobilità, senza abbassare la guardia rispetto all’emergenza sanitaria ed in attesa di medicinali specifici ed un possibile vaccino. In Italia il governo ha istituito uno specifico ministero per l’innovazione. Come previsto dall’art 76 del DPCM del 17 marzo è stata costituita una task force che deve vagliare i progetti tecnologici di contrasto al Covid-19 pervenuti al ministero per l’innovazione. I progetti pervenuti risultano 823, di cui oltre 500 per l’assistenza a distanza e circa 300 per il monitoraggio attivo.

La ricerca promossa dal ministero di strumenti di analisi dei big data e tecnologie hardware e software utili per la gestione dell’emergenza sanitaria sconta, a nostra opinione, il limite di non aver posto una domanda specifica ed una conseguente richiesta di sviluppo di una altrettanto specifica tecnologia, di non aver cioè indicato la tipologia di implementazione ritenuta utile e necessaria per le misure di contrasto al Covid-19, cosicché oggi i progetti in campo da vagliare sono molti e diversi. Peraltro, mentre è riconosciuta la necessità di un coordinamento almeno europeo di strumenti che consentano di raccogliere dati omogenei, monitorarli ed implementare soluzioni di contrasto all’emergenza sanitaria, in Italia alcune applicazioni sono già state proposte a livello locale e le singole regioni stanno applicando sistemi di raccolta dati, ricerca o di tracciamento in modo autonomo.

Come diciamo dall’inizio dell’emergenza, è quantomai necessaria una regia nazionale, ed oggi sarebbe più che mai indispensabile il governo nazionale formulasse una strategia precisa e che a questa si attagliassero le richieste di ausilio tecnologico necessarie a realizzarle. Di certo è indispensabile che non si proceda con la proliferazione di adozioni di soluzioni localizzate, che rischiano di non essere interoperabili e dialoganti. Ad oggi sarebbe anzi necessario avere una mappatura di quanto già realizzato nei diversi territori sia in tema di raccolta dati che di possibile mappe di tracciatura dei contagi e soluzioni di teleassitenza, per mettere tutto a sistema, accompagnando gli strumenti eventualmente utilizzabili con una normazione di merito che contemperi l’emergenza con il diritti alla privacy, secondo i principi più volte richiamati dal garante della privacy.

Il rischio della non comunicazione tra sistemi regionali diversi è un lusso che il Paese non può permettersi in generale, e di certo ancor meno in una situazione che avrà necessità di presa in carico, monitoraggio, e tutele anche e soprattutto dopo la fase di maggiore emergenza. A titolo esemplificativo riportiamo di seguito alcune iniziative locali già realizzate o in corso di realizzazione. La Lombardia è stata la prima a sviluppare un sistema di monitoraggio della popolazione legata agli spostamenti segnalati dei telefoni cellulari: si tratta di informazioni aggregate fornite dagli operatori telefonici. Stopcovid19, app sviluppata da un’azienda italiana, è basata sulla geolocalizzazione del GPS dello smartphone di ciascun utente, e sembra pronta per essere adottato dalla Regione Umbria. Questa applicazione è già disponibile nell’app store di IOS e al vaglio di Playstore di Android ed è progettata per raccogliere in un registro digitale tutte le informazioni sugli spostamenti dell’utente. Il download dell’app è su base volontaria ma, a quanto sappiamo, l’assessore alla sanità umbra Fioroni immagina “una campagna di lancio che coinvolga sindaci ed influencer”.

Anche la Sardegna sta provando ad implementare, grazie ad un gruppo di innovatori digitali, una app di tracciamento che si basi sui dati forniti dai GPS degli smartphone, app che dovrebbe collegarsi alla piattaforma che dall’inizio della crisi raccoglie i dati sui contagi e le autodenunce di coloro che sono entrati nell’isola dopo i decreti della presidenza del consiglio dei ministri. Il Lazio ha ideato una app si chiama Lazio doctor Covid ed è stata pensata in accordo con la Federazione italiana medici generici di Roma e Lazio. Dovrebbe servire per una sorta di auto monitoraggio del paziente. Alcune regioni invece, come la Toscana, provano a puntare sull’aggregazione dei big data e sulla comunicazione tra i terminali dell’emergenza coronavirus, ospedali, laboratori di analisi, infermieri che si occupano di assistenza domiciliare, per avere un monitoraggio complessivo è un database univoco. Anche la regione Piemonte ha presentato il giorno 30 marzo un database di raccolta dati.

Vi sono poi nel panorama disponibile altre app tra cui SM_Covid 19, sviluppata da un’azienda (SoftMining) spin-off dell’Università di Salerno, che invece si basa sul l’acquisizione di dati provenienti dai diversi sensori del cellulare (Bluetooth, Wi-Fi location ecc). La app, disponibile sul sito ufficiale dell’azienda, chiede i dati personali, codice fiscale, contatti, email e possibile segnalazione del sospetto di essere infetti. Di fatto ogni giorno si viene a conoscenza di nuove iniziative, con la previsione di raccolta di dati che, in alcuni casi, convergono nel cloud di monopoli digitali come Amazon (Coronavirus outbreak Control). Se, come si presume, la fase di uscita non sarà breve, si rende più che mai necessaria la omogeneità delle informazioni raccolte e del loro trattamento per poter leggere le diverse situazioni ed intervenire in modo tempestivo ed adeguato.