Durante l’intervista di ieri a Roberto Rossi, segretario generale della Funzione Pubblica Cgil di Bergamo, è rimasta in sospeso una domanda: “Che cosa rimarrà dopo questo periodo?”. Ecco la sua risposta.

Cosa rimarrà quando l’incubo del corona virus si dissolverà a Bergamo? Lo confermo: bella domanda questa, a cui solo il tempo darà una risposta. Per il momento posso solo dire cosa penso, cosa spero rimanga dal mio punto di vista. Io credo che sopra ogni cosa rimarrà di certo il vuoto dei tanti che se ne sono andati, che non sono solo anziani o pazienti patologici, ma anche e soprattutto colleghi, familiari, amici, nonni, genitori, lavoratori, pensionati, volontari o semplici conoscenti. Credo anche che rimarrà l’idea che i servizi pubblici sono un bene che forse troppe volte è stato dato per scontato, senza coglierne invece l’importanza e il ruolo pregnante nella vita quotidiana di tutti i cittadini, in particolare il servizio sanitario pubblico.

Una sanità pubblica che tramite i propri lavoratori ha garantito assistenza, cura ma soprattutto speranza a tanti cittadini bergamaschi in questi giorni bui e talvolta questi lavoratori sono stati l’unica presenza che ha tenuto compagnia a persone che si apprestavano a varcare la linea tra la vita e la morte; ha garantito tutto ciò nonostante tutti i limiti costruiti in tanti anni di politiche che hanno teso a destrutturare il sistema pubblico, guardato in particolare tramite la lente del risparmio della spesa pubblica e della voglia di sanare quelle che erano considerate inefficienze ma che oggi sono state l’unica ancora di salvezza e speranza di tanti cittadini. Lavoratrici e lavoratori che, lontani dal sentirsi eroi, ma semplicemente operatori della sanità, sono impegnati a fare il loro mestiere chiedendo solamente di avere garantiti dispositivi di sicurezza e sorveglianza sanitaria, che purtroppo non sempre ci sono.

Mi auguro che di questo periodo rimanga l’idea di quanto sia importante il lavoro di cura, dal medico all’infermiere, dall’assistente socio-assistenziale sino ad arrivare a chi si occupa di lavoro domestico. Mi auguro che in fondo a questo tunnel si scopra quanto sia  paradossale pensare che sia giusto pagare di più chi ti offre beni di lusso piuttosto che salute o che sia logico che percepisca un salario più alto chi si occupa di garantire il carburante nelle pompe di benzina piuttosto che l’infermiere che ci assiste in un letto di ospedale o in una casa di riposo.

Infine spero rimanga anche solo la sensazione di cosa è significata la quasi totale privazione di rapporti sociali, giusto per coglierne l’importanza e dimostrando giusto che certi aspetti della vita  e del lavoro si colgono meglio quando di questi ne siamo privati, che nulla è dato per scontato, dai diritti agli affetti, e tutti i giorni, ognuno dalla proprio posizione, si faccia quanto possibile per tenerseli stretti.

Roberto Rossi, segretario generale della Funzione Pubblica Cgil di Bergamo