Il primo organo d’informazione a dare la notizia del rapimento di Aldo Moro e dell’uccisione degli uomini della sua scorta è l’edizione straordinaria del giornale radio di Radio2 con l’inconfondibile voce di Gustavo Selva che alle nove e venticinque afferma con tono commosso: “Abbiamo ricevuto ora una drammatica notizia che ha dell’incredibile e che, anche se non ha trovato finora una conferma ufficiale, purtroppo sembra vera: il presidente della Democrazia cristiana, on. Aldo Moro, è stato rapito poco fa a Roma da un commando di terroristi. L’inaudito, ripetiamo, incredibile episodio è avvenuto davanti all’abitazione del parlamentare nella zona della Camilluccia”.

Circa due ore dopo il rapimento arrivano la dichiarazione ufficiale del presidente della Repubblica, Giovanni Leone, il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi e l’appello del ministro dell’Interno, Francesco Cossiga.

Il presidente della Repubblica parla alle undici e ventisette: “Il rapimento di Aldo Moro ed il barbaro eccidio di quattro componenti della scorta rappresentano un episodio sconvolgente e una gravissima sfida allo Stato. Pur nell’angoscia e nel terribile sgomento, il Paese non deve perdere la calma specie in questo drammatico momento e lo Stato deve dare una fermissima risposta, utilizzando tutti i suoi mezzi e contando sulla solidarietà di ogni cittadino. È dovere del governo, è nostro dovere, adottare ogni misura che sia considerata necessaria e possibile per affrontare questa situazione. Personalmente esprimo il mio più vivo dolore per queste vittime del dovere e, con sentimento di profondo affetto, auspico che Aldo Moro, eminente statista e massimo esponente della Democrazia cristiana, sia al più presto restituito alla famiglia e alla vita politica italiana”.

La seduta della Camera dei deputati comincia alle dodici e quaranta con l’intervento del presidente Pietro Ingrao.

“Ero nel mio studio - ricorderà Ingrao nel 1991 - mi apprestavo ad andare in aula per la presentazione del nuovo governo Andreotti (...) Non ci fu tempo per riflettere e nemmeno per attendere notizie. Pensai subito che lasciare il paese senza governo poteva essere un rischio enorme (...) Perciò, per me, in quelle ore, più che le parole, le lacrime, gli appelli contava dare un governo al paese. Giusto o sbagliato, questo fu il mio assillo: anche perché questo dipendeva anche da me; era l’unico atto concreto che potevo fare e contava”. 

Scrive quel giorno sul suo diario personale Pietro Nenni: “16 marzo. Giornata drammatica, forse la più drammatica dall’avvento della Repubblica in poi. I terroristi hanno sequestrato Aldo Moro e assassinato la sua scorta, cinque agenti (...).  La prima reazione è stata di recarmi in piazza del Gesù per recare a Zaccagnini (che non c’era) l’espressione della mia solidarietà. Quindi al Senato dove ho avuto un collasso. Ho potuto appena stringere la mano a Fanfani e Andreotti prima che entrassero in aula. Poi a casa. L’interrogativo e più che mai tragico: cosa fare? Dove andiamo?”.

Così recita il diario di Giulio Andreotti: “16 marzo. Giornata drammatica. Rapito Moro vicino a casa sua e uccisi cinque uomini della sua scorta. Azione tecnicamente condotta da super specializzati che crea una impressione profonda. Ha dell’incredibile. Mi informa Caroli mentre stanno giurando i sottosegretari. Stento a crederci. Telefono a Noretta: è fortissima e piange sui morti che è scesa a vedere, stesi ancora a terra sulla strada. Vengono a Palazzo Chigi La Malfa, Berlinguer, Lama, Craxi, Romita, Zaccagnini, Macario, Benvenuto e tanti altri. Emozione profonda. Cossiga e Parlato diramano gli ordini per i blocchi stradali. Tutti concordano nel non dare alcun segno di cedimento e nel chiedere immediatamente la fiducia per il governo”.

La Cgil vive con commossa partecipazione l’intera vicenda, proclamando lo stesso 16 marzo - insieme a Cisl e Uil -  lo sciopero generale.

 “Di fronte al più grave attentato contro lo Stato democratico - recita il comunicato della segreteria della federazione unitaria - realizzato attraverso il rapimento dell’on. Moro e con l’uccisione degli uomini della scorta, la segreteria della federazione Cgil Cisl Uil esprime lo sdegno e la condanna dei lavoratori italiani e del movimento sindacale. Siamo di fronte al tentativo di bloccare il libero e democratico confronto politico nel Paese, di creare un clima di tensione tale da non permettere iniziative politiche, economiche e sociali che sono indispensabili per il superamento della grave situazione dell’Italia. Davanti a questo fatto la risposta dei lavoratori deve essere la più forte e la più chiara: la segreteria della federazione rivolge un appello a tutti i lavoratori italiani, a tutte le forze democratiche perché siano mobilitate tutte le energie disponibili per solidarietà democratica, per la salvaguardia delle istituzioni e il libero svolgimento delle loro funzioni. La federazione chiama tutti i cittadini alla più attiva partecipazione ai necessari momenti di espressione di condanna dell’ultimo atto di violenza, come di tutti i precedenti, e di unità per la libertà e la democrazia. Pertanto la segretaria della federazione ha deciso di invitare i lavoratori a lasciare il lavoro, a uscire dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, realizzando da subito uno sciopero generale fino alla mezzanotte di oggi che coinvolga l’intera popolazione realizzando manifestazioni pubbliche dove, insieme ai partiti, alle istituzioni democratiche e alla forze sociali, si esprima la più forte volontà di difesa della democrazia e della Costituzione, salvaguardia del libero svolgimento della vita sociale e politica e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini”.

L’agenzia Ansa decide di sospendere lo sciopero proclamato per 24 ore e riprendere le trasmissioni. 

Poco dopo le dieci di mattina una telefonata anonima giunge al centralino dell’agenzia a Roma: il messaggio comunicato dallo sconosciuto riferisce che le Brigate Rosse hanno “sequestrato il presidente della Democrazia cristiana, Moro, ed eliminato le sue guardie del corpo, teste di cuoio di Cossiga”. 

L’agenzia trasmette alle ore dieci e sedici il comunicato dei brigatisti

Due minuti prima, alle dieci e quattordici, un’altra telefonata anonima aveva già comunicato alla redazione milanese che le Brigate Rosse avevano “Portato l’attacco al cuore dello Stato” e che per “l’onorevole Moro è solo l’inizio”.

Le rivendicazioni e le notizie sull’attentato vengono diffuse anche dalle televisioni. 

Bruno Vespa apre l’edizione straordinaria del Tg1 dando lettura del comunicato brigatista all’agenzia Ansa a Roma. 

“Buongiorno, il presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, è stato rapito questa mattina alle 9:10 da un commando di terroristi mentre usciva dalla sua abitazione al quartiere Trionfale per recarsi a Montecitorio, dove alle 10:00 era fissato l’inizio del primo dibattito parlamentare sul nuovo governo Andreotti”, così esordisce l’allora conduttore del Tg1, gettando tutta Italia nello sgomento.

Pochi minuti dopo Paolo Frajese in collegamento da via Fani dà una prima drammatica descrizione del luogo dell’agguato con le devastanti immagini in diretta della scena della strage. La voce del giornalista, spesso rotta dall’emozione ed esitante, descrive la scena di un vero e proprio atto di guerra.

“Io credo, campagne e compagni - dirà poche ore dopo sul palco di Piazza San Giovanni un preoccupato Luciano Lama - che nelle grandi prove, nei momenti decisivi come questo si misurano in effetti le qualità vere, migliori di una classe, di una popolazione, di una nazione. Sul mondo del lavoro unito incombe un compito importante nella difesa dei valori essenziali della libertà, della democrazia, della civiltà nostra; (…) dobbiamo sentire che l’intesa, l’unità fra di noi è una delle garanzie vere, delle possibilità della democrazia, della libertà di trovare nel nostro popolo la sua difesa essenziale. Dimostriamo in questo momento difficile, in questo momento tragico della vita del paese di essere all’altezza di questo grave compito”.

Parole che suonano quanto mai attuali, oggi come non mai.