Toscana, crescita zero: l’andamento del Pil nel primo scorcio del 2019 conferma un deterioramento della dinamica economica regionale, con una performance estremamente modesta che àncora, in termini previsionali, da qui alla fine dell’anno, il tasso di crescita regionale allo 0%. Lo dice il terzo Focus Ires sull’economia toscana 2019. Il focus (presentato oggi alla stampa a Firenze) prevede una parte dedicata agli indicatori regionali e un’altra suddivisa per ognuna delle dieci province toscane (periodo di riferimento: primi sei mesi del 2019), nonché le stime di previsione sull’economia toscana per gli ultimi mesi del 2019 e per gli anni 2020 e 2021.

Commenta Claudio Guggiari (segreteria Cgil Toscana): “Il quadro generale presenta segnali contraddittori: ci sono alcuni settori, come quello delle esportazioni, che vanno bene, ma in generale la situazione è piatta, così come resistono forti differenziazioni tra le varie province. Osserviamo con molta attenzione gli sviluppi sulla questione dei dazi e della Brexit: la meccanica e la moda esportano molto in Usa e Inghilterra, la prospettiva non è rassicurante. La Toscana deve rilanciare la sua capacità competitiva; a tal proposito, la Cgil ha siglato con la Regione un Patto per lo sviluppo che va sostenuto e messo in pratica su infrastrutture, lavoro, università, ambiente, innovazione, credito, investimenti. Per rilanciare i consumi interni potrebbero essere d’aiuto gli interventi sul cuneo fiscale di cui si parla nel governo, mentre per le infrastrutture ci auguriamo che alle recenti rassicurazioni del ministro De Micheli sulle opere toscane seguano i fatti”.

Le stime per il futuro
In base alla revisione delle stime econometriche Prometeia, aggiornate a luglio, il Pil regionale mostrerebbe nel 2019 un deterioramento della dinamica maturata l’anno precedente (+0,9%), con un tasso di crescita che diviene fortemente stagnante, ancorandosi allo 0%. Il commercio estero regionale tornerebbe ad essere fortemente positivo con un andamento ampiamente crescente e legato al ruolo del mix settoriale regionale in cui il peso preponderante riguarda l’ingente crescita del sistema moda, insieme alla meccanica, indipendentemente dall’effetto delle tensioni valutarie, finanziarie e, soprattutto, tariffarie internazionali. Tuttavia il rafforzamento dell’export netto, in base all’influsso positivo della domanda estera sull’economia toscana, non basta a controbilanciare l’incerto e lento andamento che farebbero registrare i consumi delle famiglie (+0,5% come nel 2018) e gli investimenti fissi lordi (da +4,3% a +0,5%) insieme all’apporto negativo della variazione delle scorte. I consumi hanno mantenuto un tasso di crescita lento ma costante, beneficiando di un mercato del lavoro che ancora tiene. Nel 2020 e 2021 la crescita dovrebbe assestarsi rispettivamente su 0,4% e 0,6%.

Il quadro regionale
(a cura di Gianfranco Francese, presidente Ires Toscana)
Lo scenario fortemente stagnante si realizza malgrado una ripresa significativa dell’export, dovuta al profilo policentrico delle esportazioni toscane, che grazie alla forza dei comparti della moda e della meccanica compensa, ma non controbilancia, il forte calo dei consumi delle famiglie e degli investimenti. Il quadro economico congiunturale mostra, quindi, ancora forti segnali di incertezza che non danno modo di intravedere una decisa inversione di tendenza. In particolare, questa perdurante situazione influisce in modo significativo sia sui consumi delle famiglie che sugli investimenti delle imprese, laddove le aspettative continuano a dettare comportamenti di massima prudenza che potrebbero essere rivisti o parzialmente modificati solo in presenza di politiche economiche e creditizie anticicliche ed espansive.

Proprio politiche anticicliche rappresenterebbero il miglior antidoto ad un quadro economico fortemente recessivo, in cui il credito insieme ad una nuova stagione di investimenti pubblici e privati potrebbero agire da potenti strumenti di stimolo ad una fase di stagnazione che tende a prolungarsi. In questo contesto l’inaspettato cambio del quadro politico nazionale potrebbe determinare, a partire dalla Nadef, una indispensabile discontinuità con le politiche economiche procicliche del precedente esecutivo.

Dal punto di vista dell’apparato produttivo regionale si confermano alcune tendenze di inizio anno, con uno spiccato rallentamento dell’industria e un riconfermato affaticamento del settore terziario di contro ad un buon risultato delle costruzioni che mostrano un saldo positivo che, tuttavia, va letto considerando anche il forte differenziale negativo determinatosi rispetto al periodo precrisi del 2008 (-25,1%). In ogni caso la ripresa dell’export dovrebbe determinare un miglioramento per l’andamento dei comparti industriali tra la fine del 2019 ed i primi mesi del 2020. Emerge dalla lettura dei dati, come dato congiunturale da approfondire, che l’andamento ancora incerto delle dinamiche economico produttive non ha inciso negativamente sulla qualità della domanda di lavoro. Si assiste, infatti, ad una ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato che consente di connotare positivamente il saldo tra entrate ed uscite dal mercato del lavoro.

Malgrado una ripresa ancora sofferta siamo, quindi, di fronte ad una tenuta con saldo positivo del mercato del lavoro regionale che evidenzia anche una graduale discesa della disoccupazione. In questo quadro di complessiva tenuta dell’occupazione emerge un decremento, rispetto al 2018, del lavoro dipendente che pure evidenzia un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato mentre rallentano tutte le forme di lavoro atipico ed aumenta il lavoro intermittente. Più specificatamente, quasi raddoppiano nel primo scorcio del 2019 le trasformazioni a tempo indeterminato e migliorano leggermente i rapporti di lavoro di apprendistato. Sommando le assunzioni a tempo indeterminato con le trasformazioni da lavoro a termine si registra un netto aumento rispetto al 2018 con un saldo positivo di 11.076 posti di lavoro corrispondente al 35,8% (nel 2018 era il 26%) della quota complessiva del totale assunzioni.

Lo stock complessivo regionale di occupati nel primo scorcio del 2019 appare sostanzialmente inalterato, intorno a 1 milione e 600mila persone con una crescita della componente maschile (+0,9) rispetto alla componente femminile (-1,2%). Prosegue, allo stesso tempo, una graduale riduzione del tasso di disoccupazione che passa dall’8,3% al 7,7% su base regionale mentre varia molto significativamente il numero degli occupati a seconda dei comparti produttivi e dei territori. Massa Carrara mantiene il tasso di disoccupazione più elevato (10,4) seppure in calo rispetto all’anno precedente. Una tenuta dell’occupazione certamente trainata dall’andamento accelerato dell’export nei primi mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018 (+16%). Un incremento sospinto, come già sottolineato, dal settore moda e da quello metalmeccanico che crescono sia in termini percentuali (rispettivamente 29,9% e 26,1%) che assoluti. Principali mercati di sbocco della moda risultano Svizzera, Stati Uniti e Francia, mentre per il settore metalmeccanico i paesi maggiormente interessati risultano essere Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Parzialmente contraddittorio a questo andamento dell’export risulta essere quello della cassa integrazione guadagni, dove si evidenzia una forte difformità tra il primo trimestre 2019 (migliore rispetto allo stesso periodo del 2018) ed i successivi mesi dove si verifica una brusca accelerazione pari a 4,5 milioni di ore autorizzate. Un’accelerazione dovuta pressoché esclusivamente al settore metalmeccanico. Parametrando le ore teoriche autorizzate a equivalenti rapporti full time si passa, infatti, dai 7-8 mila dipendenti disoccupati del primo trimestre a oltre 11mila dei mesi successivi, quasi tutti metalmeccanici.

Questo scenario congiunturale contraddittorio e fatto di luci e ombre trova conferma nella difficoltà del sistema creditizio a svolgere, o a voler svolgere, un ruolo attivo e di stimolo in senso anticiclico della fase economica. Continuano, infatti, a crescere i depositi, ma continuano gli impieghi produttivi, senza nessuna distinzione tra industria, costruzioni o servizi. Per tali ragioni, in considerazione della decelerazione dell’attività produttiva e delle forti spinte al ribasso che incombono sulle prospettive, è necessario che le politiche di bilancio contribuiscano in modo decisivo a rafforzare la domanda aggregata.