Il tema dell’immigrazione domina ormai da tempo il dibattito politico di molti Paesi, tra i quali certamente anche il nostro. Molta meno attenzione si presta al fenomeno opposto, quello dell’emigrazione, che tuttavia in Italia risulta fortemente in crescita, in particolare a partire dagli anni più acuti della crisi. Un fatto difficile da comprendere, soprattutto alla luce di quanto messo in evidenza dal recentissimo studio dell’Ires Emilia Romagna (pdf) dedicato al fenomeno, da cui si apprende (vedi primo grafico) che il numero delle persone emigrate per anno è quasi quadruplicato dal 2002 al 2017 (dato Istat più aggiornato), fino a raggiungere quasi la metà del numero totale degli immigrati, soglia addirittura superata nel biennio 2015-2016.


Fonte: elaborazione su dati Istat

Nel valutare i dati complessivi (relativi a emigrazioni e immigrazioni) va considerato che quelli relativi alle emigrazioni si basano sulla cancellazione della residenza anagrafica in Italia, mentre spesso i cittadini italiani che si trasferiscono all’estero mantengono anche per anni la loro residenza nel nostro Paese. Ciò significa che questi dati sottostimano inevitabilmente la dimensione del fenomeno. Tornando comunque ai dati disponibili, si tratta nell’ultimo anno censito (2017, appunto) di oltre 155 mila persone, pari al 2,6 per mille degli abitanti, una quota mai raggiunta in precedenza, più che doppia rispetto a quella di 10 anni prima (1,1 per mille nel 2008).

Occorre dunque chiedersi in primo luogo chi sono i residenti in Italia che migrano verso l’estero. Sempre dallo studio Ires si evince che si tratta in larga prevalenza di cittadini italiani (vedi il secondo grafico), la cui percentuale sul totale decresce nei primi anni del secolo, per poi iniziare a salire dal 2011 in poi, fino a raggiungere nel 2017 quasi i tre quarti del totale (il 73,9% per l’esattezza). La seconda componente più rilevante è quella dei cittadini europei, in particolare di quelli appartenenti ai 28 Stati dell’Unione. Del tutto residuale è la quota di appartenenti ad altre cittadinanze.


Fonte: elaborazioni su dati Istat

Nell’ambito dei cittadini italiani, tende a crescere nel tempo il peso percentuale dei laureati (la cui quota sul totale della popolazione era nel 2017 pari al 15,4%) sul totale degli emigrati all’estero: nel 2012 erano il 27,6% della popolazione con almeno 25 anni di età; nel 2017 il 31,1%, corrispondenti in valori assoluti a oltre 25 mila persone (25.566).


Fonte: elaborazioni su dati Istat

In quali Paesi si trasferiscono coloro che dall’Italia migrano all’estero? In netta prevalenza in altri Paesi europei, in misura crescente a partire dagli anni della crisi: nel triennio 2015-2017 hanno scelto questa destinazione circa i tre quarti degli emigrati, con una percentuale leggermente più alta nel caso degli emigrati di cittadinanza italiana. Tra questi ultimi, le destinazioni variano sensibilmente in base alla fascia d’età. Prevalgono Regno Unito e Germania; a seguire Francia e Svizzera. Nel caso del Regno Unito è probabile che i numeri nel 2016 e 2017 siano stati parzialmente gonfiati dalla necessità di regolarizzare situazioni preesistenti in vista della Brexit.

La preferenza data a Portogallo e Spagna dagli italiani che migrano all’estero in età più avanzata è verosimilmente da mettere in relazione ai benefici fiscali concessi ai pensionati in questi Stati. I residenti che decidono di migrare all’estero appartengono per la maggior parte alle fasce d’età più giovani ed è in queste fasce che si concentrano ancor di più i migranti di cittadinanza italiana.


Fonte: elaborazioni su dati Istat

Da quali regioni italiane provengono i residenti che decidono di migrare all’estero? Sono le regioni del Nord a essere caratterizzate da maggiori indici di migrazione verso l’estero. È facile immaginare che questo sia da mettere in relazione anche alla maggiore prossimità geografica con i Paesi di destinazione. Naturalmente sarebbe del tutto sbagliato pensare che le regioni con i tassi più elevati di migranti verso l’estero siano quelle meno attrattive, dalle quali si è portati più facilmente a “fuggire”. Non solo perché, come già detto, questi tassi sono palesemente influenzati dalla prossimità geografica con l’estero, ma soprattutto perché per stilare una graduatoria della maggiore o minore attrattività di un territorio regionale occorre tener conto anche dei flussi in entrata, non solo dall’estero, ma anche dalle altre regioni.

Occorre cioè fare riferimento al saldo migratorio complessivo, dato dalla somma algebrica delle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche avvenute per qualsiasi motivo non naturale (nascite o morti) nel corso dell’anno in una specifica realtà territoriale, e al tasso migratorio annuale, che rapporta il saldo migratorio annuale alla popolazione residente al 1° gennaio di ciascun anno. Questo tasso offre dunque con buona approssimazione una stima della maggiore o minore attrattività di un territorio, ancora più attendibile se si fa riferimento non a una singola annualità, che può essere condizionata da fenomeni occasionali, ma a una media pluriennale. In base a questo parametro, l’Emilia-Romagna risulta essere la regione maggiormente attrattiva tra quelle italiane.

Sempre considerando il tasso migratorio totale, comprensivo cioè anche dei trasferimenti da e per altre regioni, oltre che quelli da e per l’estero, l’Emilia-Romagna risulta ampiamente quella con il saldo più positivo tra le regioni italiane anche nell’ambito della sola popolazione giovane e laureata. Sono in verità poche le Regioni che possono vantare in questo campo un indicatore positivo: oltre all’Emilia-Romagna, soltanto la Lombardia e – con valori molto inferiori – Toscana e Trentino Alto Adige. Tutte le altre regioni italiane risultano essere esportatrici nette di laureati, a partire da Calabria, Basilicata, Sicilia e Puglia.

Giuliano Guietti è presidente dell’Ires Emilia Romagna