"I dati del rapporto Svimez sul Mezzogiorno ci indicano un quadro e una traiettoria che erano assolutamente prevedibili e che la Cgil va ripetendo da anni. L'indebolimento delle politiche pubbliche che incide negativamente sui servizi e sui diritti delle persone. Un dato su tutti testimonia il divario Nord-Sud: nel 2018, le risorse investite in infrastrutture economiche e sociali, sono state pari a 102 euro nel Mezzogiorno, a fronte di 278 euro nel Settentrione. Nel 1970, le stesse cifre erano di gran lunga superiori, rispettivamente 677 euro al Sud e 452 al Nord". Così Gianna Fracassi, vicesegretario generale della Cgil, oggi ai microfoni di Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1.

 

Il secondo divario, quello più drammatico, è quello fra Italia ed Europa. "In pratica, stiamo diventando un'isola, che piano piano si stacca dal continente. E i dati sulla produzione industriale ci dicono che anche le cosiddette locomotive italiane stanno rallentando. Insomma, c'è un problema paese, che parte dal Sud, ma che investe tutta l'Italia. Nell'icontro che abbiamo avuto con il presidente del Consiglio Conte lo abbiamo ripetuto più volte: bisogna cambiare politiche, è inutile riprovare vecchie ricette, come la leva della decontribuzione per risollevare l'occupazione al Sud, perchè non funziona. I dati ci dicono che quando si è tentata questa strada abbiamo avuto un peggioramento della situazione. Una specie di bolla, che si è ridotta al termine degli incentivi. Oltretutto, se guardiamo al Mezzogiorno, la metà dei posti di lavoro creati sono part time, che per il 73% riguardano donne. Ciò significa che non solo non si crea lavoro buono, ma in tal modo non si risollevano i consumi delle regioni meridionali, perchè parliamo di retribuzioni basse, e tale impostazione facilita il lavoro nero. Per questo, noi abbiamo proposto un piano straordinario di occupazione pubblica, e quando parliamo di investimenti in infrastrutture sociali ci riferiamo alla sanità - dove abbiamo un drammatico sottodimensionamento degli organici -, all'istruzione, agli asili nido, ai servizi sociali, alle pubbliche amministrazioni", ha detto la dirigente sindacale.

Altro dato preoccupante: la Svimez rivela che oltre due milioni di uomini e donne sono emigrati dal Sud negli ultimi dieci anni. per la maggior parte giovani under 35, laureati e diplomati. "Questa è un'emergenza sociale ed economica gravissima, che riguarda il presente e il futuro del nostro Paese. Soprattutto perchè di questi ragazzi e ragazze non si occupa nessuno e sono costretti ad andare via. È necessaria dare risposte e la prima non può che essere il lavoro, seguita dagli investimenti sulle grandi opere che riguardano in particolare la mobilità nel Mezzogiorno, in gran parte scollegato tra un territorio e l'altro. Colmando tale lacuna, non solo si garantirebbe un diritto di cittadinanza, ma si favorirebbe lo sviluppo economico del territorio. La terza risposta da dare è la questione ambientale di manutenzione del territorio, che comprende anche l'efficientamento energetico degli edifici pubblici, come scuole e ospedali. Operazione che determinerebbe lavoro e consentirebbe risparmi. Il tema vero è comprendere fino in fondo l'emergenza e l'urgenza della situazione nel Sud e nel Paese, e la cosa che più mi preoccupa è il non avere, da parte del governo, la consapevolezza della condizione economica dell'Italia. E non c'è bisogno di scorrere i dati Svimez, basta vedere le tantissime crisi industriali - oltre 180 tavoli al Mise, che interessano 80 mila lavoratori - in continuo aumento su tutto il territorio", ha continuato la sindacalista.

"Insomma, la sensazione che ho, dopo gli incontri di Palazzo Chigi, è che, da parte dell'esecutivo, non si abbia contezza della gravità della situazione. Sul reddito di cittadinanza, si è provato a fare un mix di supporto all'incontro domanda-offerta con uno strumento che invece doveva essere diretto ad affrontare il tema della povertà, tema rilevante nel Paese. Invece, noi abbiamo sempre detto che la povertà non si sconfigge in un pomeriggio, ma la si affronta in una modalità multidimensionale: da una parte, sostenere il reddito delle persone in difficoltà, ma dall'altra mettere le stesse persone nelle condizioni di accedere ai servizi primari, come sanità e istruzione, per garantire loro diritti fondamentali. E la stessa autonomia differenziata è una follia, pensando di affrontare il tema dello sviluppo economico in ambito regionale, dimenticando quali sarebbero i nefasti effetti di una politica del genere sul versante sociale. Questo Paese ha bisogno di coesione, aiutando soprattutto chi oggi si trova in condizioni di sottosviluppo e arretratezza. L'idea che ognuno fa per sè, anche a costo di allargare il divario esistente, non funziona, soprattutto quando si sta all'interno di un contesto geopolitico mondiale", ha concluso l'esponente Cgil.