Si è svolta stamattina, presso il Viminale, un'iniziativa sui temi della legalità e della sicurezza nella Capitale, promossa dalla Cgil di Roma e del Lazio. Nel corso dell'evento, che ha visto la partecipazione del vice capo della Polizia di Stato, Vittorio Rizzi, di Andrea Orlando ed Erasmo Palazzotto, membri della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie, di Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio regionale sicurezza e legalità della Regione Lazio e di Floriana Bulfon, autrice del libro 'Casamonica, la storia segreta', si è provato a ragionare anche sulle strategie necessarie a riportare giustizia e legalità in una Capitale profondamente pervasa dal crimine organizzato. Basti pensare che secondo il Rapporto mafie nel Lazio, presentato nei giorni scorsi, sono 103 le famiglie insediatesi in città, che usano il metodo mafioso per delinquere.

Natale Di Cola, segretario della Cgil di Roma e del Lazio, ha sottolineato nella sua relazione introduttiva quanto sia forte il legame fra mafia e periferie degradate, precisando come l'attività del sindacato in questi luoghi sia diventata azione programmatica. "Periferie più belle, con meno disuguaglianze, con maggiori servizi e investimenti pubblici, con una forte rete sociale, sono l'antidoto più forte alle mafie – ha detto –. La Cgil si sta impegnando per fare realmente la propria parte. Dobbiamo essere preparati, riconoscere i fenomeni mafiosi, costruire reti di protezione, percorsi di consenso attorno a chi ha il coraggio di denunciare. Dobbiamo tornare a comportarci ogni giorno come Pio La Torre, che faceva della lotta all'illegalità la sua ragione di vita, nel sindacato e nella politica".

"Il ruolo che la società e il sindacato possono rivestire nel contrasto del crimine organizzato è fondamentale" – ha rilevato Antonio Patitucci, segretario generale Silp Cgil di Roma e del Lazio -. Il problema è capire se lo Stato dispone di una strategia per combattere il vero potere del crimine organizzato, che è il potere economico-finanziario. Roma è dieci volte Milano. Ebbene: le indagini patrimoniali nella provincia di Roma sono svolte dalla prima sezione della Divisione anticrimine, che non conta più di otto persone. Come possiamo pensare di lottare contro il potere economico finanziario delle mafie con un numero così esiguo di persone che lavorano per un anno a una singola indagine? Uno Stato che vuole contrastare davvero il potere economico e finanziario mafioso dovrebbe concentrarsi non solo sull'aspetto militare, ma anche potenziare gli organici. Nella Capitale dovrebbero esserci almeno 100 persone dedite esclusivamente alle indagini patrimoniali, finalizzate alla confisca e al sequestro".

"Oggi la mafia non è più solo delinquenza e violenza, è un sistema economico che ha pervaso il modello di sviluppo – ha ribadito il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Michele Azzola –. Nella Capitale, che è la città della pubblica amministrazione, la mafia è entrata nei gangli vitali dell'economia. Occorre creare una cultura della sicurezza e della legalità. Quello che dobbiamo provare a fare, insieme, è sensibilizzare l'attenzione verso il nuovo crimine organizzato e le forme con cui esso agisce. Su tale fronte, la modifica del Codice degli appalti avrà effetti devastanti. È un dato di fatto: in assenza di regole stingenti sul sistema degli appalti, la corruzione determina una mutazione genetica delle imprese che si mettono a delinquere. Dunque, è necessario un salto politico, comprendere che il sistema degli appalti è diventato un problema sociale, che ha a che vedere con la legalità e con il contrasto alle mafie. Si tratta di fare una scelta di campo: occorre provare a integrare l'idea di sviluppo economico con un'idea di sviluppo sociale e sostenibile, perchè se non lo facciamo e lasciamo che ci sia una supremazia delle libertà di concorrenza e d'impresa il fenomeno distorsivo, cui abbiamo avuto modo di assistere, è destinato a crescere".