“Kader è originario del Bangladesh, vive a Bari da 25 anni. Si sente a tutti gli effetti cittadino italiano e barese, i tre figli sono nati e cresciuti qui, frequentano l’università. Se c’è una legge che gli impedisce di poter scegliere il suo sindaco, è un assurdo giuridico. La norma deve seguire l’evoluzione della società, riconoscere un diritto che è assieme elemento di integrazione”. Così Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, tornando sull’iniziativa promossa dalle Camere del Lavoro di Bari e Lecce domenica 26 maggio, giorno in cui si sono svolte le elezioni amministrative: aprire dei seggi speciali per permettere ai cittadini stranieri non aventi diritto di poter esprimere simbolicamente il proprio voto. “A Bari sono stati quasi quattromila, e la cosa che ci ha fatto riflettere è che il loro voto è stato in linea con il sentiment della città, perché si sono espressi in larghissima maggioranza per il sindaco rieletto De Caro”.

Una prova di democrazia vera, “in una fase in cui c’è disaffezione al voto, e le percentuali si abbassano, recarsi in così tanti per esprimere una preferenza solo simbolica ci dice anche della voglia di partecipazione che le comunità straniere hanno”, aggiunge Gesmundo. L’iniziativa della Cgil nel solco della campagna “L’Italia sono anch’io”, lanciata già dal 2011 dalla confederazione, “perché vi sia una riforma del diritto di cittadinanza che riconosca tra gli altri anche il diritto al voto. Kader e tutti gli altri si sentono davvero baresi, o leccesi, sono così riconosciuti, sono integrati nelle loro comunità, si esprimono con l’accento del luogo ormai. Solo la legge non vuole adeguarsi a questa realtà, alimentando una divisione, negando un diritto, facendoli sentire sempre ospiti tollerati e nemmeno tanto: chi sta costruendo fortuna speculando sul disagio sociale e alimentando razzismo e xenofobia fa finta di non vedere questa realtà. Questi sono lavoratori, hanno attività commerciali, producono reddito per la collettività, pagano le tasse. Non possono diventare fantasmi solo quando si tratta di scegliere i propri rappresentanti politici”.

Anche a fronte di questa voglia di protagonismo e attivismo. “Le scelte che prendono i nostri amministratori, in termini di politiche sociali piuttosto che di mobilità, ricadono anche su di loro. Non posso essere città a metà, tutti i doveri ma non tutti i diritti. Anche perché portano arricchimento culturale e sociale, e perché indietro non si torna. I fenomeni migratori sono una costante, il melting pot è elemento della nostra società. Al legislatore tocca porre rimedio a questo vulnus di democrazia, ma intanto se così non fosse siamo pronti a ripetere questo esperimento e a rafforzarlo ad ogni tornata elettiva”.

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