“Nonostante il governo certifichi gli errori sulle stime di crescita e l’eccesso di ottimismo nelle valutazioni di impatto delle misure messe in campo con la legge di bilancio 2019, conferma le scelte fatte e procede con misure economiche piegate al consenso elettorale”. Così la Cgil nel documento illustrato quest’oggi (lunedì 15 aprile) dalla vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato in occasione dell’audizione sul Documento di economia e finanza 2019. "Il ministero dell’Economia non mette a fuoco tutte le cause della recessione italiana, sottovalutando il vero motivo della bassa crescita, ossia la scarsa domanda interna”, prosegue Fracassi: “Lo sviluppo del Paese viene affidato al ‘decreto crescita’ e allo ‘sblocca cantieri’, ovvero a incentivi e deregolazione, il cui impatto, stimato dallo stesso governo, è appena di un decimale di Pil per l’anno in corso e due decimali per il 2020”.

La strategia economica del governo conferma, secondo la Cgil, “i lineamenti di quelle precedenti: svalutazione competitiva per aumentare le esportazioni. La crescita dei redditi da lavoro è programmaticamente stabilita al di sotto dell’inflazione e della produttività nominale. Il tasso di disoccupazione programmato crescerà nel 2020 all’11,2 per cento e al 2022 sarà ancora al 10,7”. Preoccupazione viene inoltre espressa in merito alle risorse necessarie per le misure annunciate e per le riforme elencate dal Programma nazionale di riforma: “Non si capisce da dove si prenderanno. Intanto si prefigurano altri tagli alla spesa pubblica, a partire da sanità e pubblico impiego”.

La vicesegretaria generale della Cgil evidenzia anche come siano “insufficienti gli investimenti pubblici per generare nuova crescita. L’esecutivo, infatti, prevede solo 1,3 miliardi per il 2020 e 1,6 per il 2021. L’incremento delle risorse dovrebbe portare programmaticamente il peso degli investimenti pubblici al 2,6 per cento del Pil nel 2022, mentre erano il 3 per cento nel 2007”. Pochi investimenti anche per il Mezzogiorno: “Sembra mancare un insieme organico di politiche per il Sud, mentre si ricorre ancora a una logica di mera incentivazione finanziaria”. Per la Cgil, così come proposto assieme a Cisl e Uil nella piattaforma unitaria, serve “programmare un graduale incremento degli investimenti pubblici fino al 6 per cento del Pil per infrastrutture sociali, energetiche e digitali”.

Infine, il sindacato guidato da Maurizio Landini boccia l’introduzione della nuova flat tax e chiede una vera riforma fiscale, una svolta nella lotta all’evasione, e l’introduzione di un’imposta progressiva sulle grandi ricchezze. In particolare, sulla cosiddetta ‘tassa piatta’, la Cgil sostiene che “passare da un sistema multi-aliquota, che dovrebbe essere corretto e più progressivo, a un sistema con una o due aliquote, finanziando la modifica con la riduzione delle spese fiscali, non può generare maggiori vantaggi per lavoratori e pensionati rispetto ai redditi più alti”. La riforma fiscale, conclude il sindacato, è un tema di grande importanza "che non può essere affrontato con miopia e velleità elettoralistiche, merita un tavolo partecipato da tutte le organizzazioni sindacali”.