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La protesta

Auto Usa, uno sciopero che può cambiare tutto

Foto: Immagine dal sito Uaw
Davide Orecchio
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Niente accordo sul rinnovo del contratto con Ford, Gm e Stellantis. La Uaw inizia la mobilitazione. Vertenza cruciale nella transizione verde

Il conto alla rovescia è finito, ed è iniziato lo sciopero. Nella notte tra giovedì e venerdì 15 settembre le tre grandi case automobilistiche nordamericane Gm, Ford e Stellantis non hanno trovato un accordo sul rinnovo del contratto col sindacato dei lavoratori automotive (Uaw), guidato dal suo nuovo e combattivo leader, Shawn Fain. La risposta della union è stata fermare tre stabilimenti chiave, dove si producono alcuni dei veicoli più redditizi: Wentzville in Missouri per Gm, Toledo in Ohio per Stellantis e Wayne nel Michigan per Ford. I siti coinvolgono circa 13 mila lavoratori.

Lo stabilimento Gm a Wentzville impiega circa 3.600 lavoratori e produce i pickup di medie dimensioni Gmc Canyon e Chevrolet Colorado. Il Toledo Jeep ha circa 5.800 lavoratori e produce il Suv Jeep Wrangler e il pick-up Gladiator. Lo stabilimento Ford, invece, impiega circa 3.300 lavoratori e produce Suv Bronco e furgoni Ranger. 

Uno sciopero mai visto prima

È una protesta storica. L’ultimo sciopero indetto nelle Big Three risale a 88 anni fa. Ora, per sbloccare la trattativa, la strategia adottata dalla Uaw è di procedere con interruzioni mirate che non coinvolgono tutti i circa 150 mila lavoratori del settore (così da non prosciugare il fondo scioperi che ammonta a 825 milioni di dollari) ma che rallentano e ostacolano la produzione. “Ci stiamo preparando a scioperare in queste aziende in un modo mai visto prima”, ha promesso Fain in una conferenza stampa trasmessa online.

Vertenza cruciale

Si tratta di una vertenza cruciale sotto molti aspetti. A cominciare ovviamente dal contratto. La Uaw ha chiesto aumenti salariali del 40% nei prossimi quattro anni, dato che gli introiti dei manager auto sono aumentati nella stessa percentuale. Fain è stato eletto alla guida della Uaw la scorsa primavera, direttamente dalla base, in seguito all’azzeramento dei vertici sindacali dopo una difficile fase di scandali. E sta mantenendo le promesse fatte: ossia conflitto e puntare alto. 

Tra le altre richieste: adeguamenti al costo della vita e all’inflazione, settimana lavorativa di 32 ore, il ritorno a piani pensionistici aziendali invece che individuali, consolidamento dell’assistenza sanitaria, aumenti salariali per i neoassunti che li porti dalla media attuale di 17 dollari orari a 32 dollari, stop al ricorso a lavoratori temporanei.

Foto: Shawn Fain. Foto di Jim West/Avalon/Sintesi

“So che le nostre richieste sono ambiziose - ha detto Fain -, ma non puoi realizzare 21 miliardi di dollari di profitti in sei mesi e aspettarti che i lavoratori ricevano un contratto mediocre. Lo slogan della nostra campagna è semplice: profitti record significano contratti record”.

Finora la controproposta delle tre aziende (su tavoli separati) è stata un aumento del 20% sul quadriennio, adeguamenti del costo della vita ma solo per i lavoratori più anziani, e nulla su tutto il resto.

Difendere i lavoratori nella transizione all’elettrico

Il negoziato è “esploso” in una delicata fase di transizione tecnologica, con le case automobilistiche americane impegnate a investire decine di miliardi nella conversione all’auto elettrica. È evidente che la cornice del nuovo contratto determinerà il futuro dei lavoratori nel settore. E ritorna quell’aggettivo, “cruciale”, speso anche dal Sole 24 Ore pochi giorni fa in un approfondimento sulla vertenza americana. 

“La Uaw - ha scritto il quotidiano di Confindustria - vuole garanzie occupazionali, considerando che le nuove auto e componenti hi-tech (le fabbriche di batterie, ndr) potrebbero richiedere meno lavoratori. E di paga: i dipendenti impegnati su questa scommessa, spesso in joint venture, dovrebbero essere coperti dal medesimo contratto. Oggi in media sono pagati meno”.

È il futuro prossimo, non il presente, ma si sta avvicinando rapidamente. E le tre case di Detroit subiscono la concorrenza di Tesla e dei nuovi produttori cinesi. 

Biden in difficoltà

Lo sciopero potrebbe incidere anche sulle elezioni presidenziali del prossimo anno, e mette alla prova l’affermazione di Joe Biden, che ha rivendicato di essere il presidente più favorevole ai sindacati nella storia americana. Il presidente degli Stati Uniti ha invitato le parti a rimanere al tavolo “per ottenere un accordo vantaggioso per tutti che mantenga i lavoratori della Uaw al centro del nostro futuro automobilistico”, ha riferito il consigliere economico della Casa Bianca Jared Bernstein. 

Ma lo stesso Biden, dopo essersi speso a favore della transizione verde all’auto elettrica, ha perso l’appoggio dei metalmeccanici della Uaw nella campagna presidenziale. Un fatto senza precedenti. È stato lo stesso Fain a spiegare i termini della questione: il presidente democratico tornerà a ricevere il sostegno della Uaw solo se dimostrerà che il suo piano di sviluppo dell'auto elettrica non arreca danni ai lavoratori del settore auto. 

La solidarietà della Fiom

Dall’Italia arriva la solidarietà dei metalmeccanici Cgil. La esprime in un video messaggio il segretario generale della Fiom, Michele De Palma. “Sosteniamo le vostre trattative con Ford, General Motors e Stellantis per il rinnovo dei contratti”, afferma De Palma. “La Fiom - prosegue - guarda con grande interesse alla nuova stagione della Uaw. Una pratica democratica radicale nel trattare con i lavoratori unisce Uaw e Fiom nella lotta culturale per mettere al centro la dignità del lavoro”. “Lottiamo insieme per una nuova stagione di diritti per la classe operaia di tutto il mondo,” conclude De Palma.