Quando Salvador Allende moriva l’11 settembre 1973, vittima del colpo di Stato militare condotto da Augusto Pinochet, era certo che il suo sacrificio non sarebbe stato vano. 

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più - aveva detto salutando i suoi compagni e il Cile - Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria. Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi. Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.

La storia gli darà ragione. Ma perché il regime finisca il Cile dovrà attende diciassette lunghi anni fatti di violenze, abusi, brutali omicidi di stato, prigionieri politici e desaparecidos. Anni che si concluderanno solo l’11 marzo 1990, quando Pinochet, sconfitto dal voto popolare, si dimetterà e il Paese lentamente tornerà a respirare.

Uno spettacolo insolito, raro, crediamo, nella storia, quello svoltosi ieri nella sede del Parlamento cileno a Valparaiso - riportava l’Unità il giorno successivo - Pinochet, il dittatore, che esce dalla sala dopo aver lasciato gli oggetti simbolo del potere - una medaglia appartenente a Bernardo O' Higgins, il fondatore della Repubblica, e la fascia presidenziale -, e il presidente eletto dal popolo che resta in piedi fiancheggiato dai nuovi presidenti del Senato (…) della Camera (…) mentre deputati, senatori e pubblico applaudono e si sentono grida di Viva Aylwin. Poco prima di raggiungere il palazzo del congresso nazionale, il generale era stato fatto oggetto del lancio di alcuni pomodori, uova, mele ed aste di bandiere. (…) Secondo il suo programma, pubblicamente conosciuto e riflesso nella sua costituzione Pinochet voleva dare l’addio solo nel 1998: ai sedici di dittatura esplicita intendeva aggiungerne altri otto di occupazione del potere con legittimità proveniente dalle urne. Oggi (…) è invece tornato ad essere quel che era qualche mese prima del golpe. Vale a dire che, nonostante i diversi intenti di rimanere nella memoria dei cileni come un padre burbero, ma in fondo buono, egli è - e resta - un dittatore sconfitto”.

Un dittatore sconfitto che però, nonostante la volontà popolare sia chiara, resta al vertice delle forze armate, poi diventa senatore a vita. Arrestato a Londra per crimini contro l’umanità non verrà mai processato e morirà d’infarto nel 2006 a 91 anni da uomo libero.

Negli anni Duemila un dossier della Commissione Valech voluta dall’allora presidente della Repubblica, Ricardo Lagos, per far luce sulla prigionia politica e la violenza negli anni della dittatura militare, rivelerà come tra i torturati dal regime ci fossero anche bambini minori di 12 anni. È incalcolabile il numero delle persone fatte sparire nel nulla. Migliaia le donne stuprate.

“Nel 1991 - riporta il sito ufficiale di Amnesty International - il "Rapporto Retting" dichiara che 2296 persone hanno subito violazioni dei diritti umani e sono state uccise dalle forze di sicurezza per ragioni politiche e che poco meno di 1000 sono state vittime di sparizione forzata. Nel 2004, la Commissione Valech presenta un rapporto supplementare che documenta 28.459 casi di detenzione illegale, seguita nella maggior parte dei casi da tortura.

La revisione finale delle conclusioni della Commissione Valech porta a oltre 40.000 il numero delle vittime di violazioni dei diritti umani tra il 1973 e il 1990. Il numero ufficiale delle persone uccise o scomparse è di 3216 mentre quello delle persone che hanno subito detenzione politica e/o tortura è di 38.254”. Cifre sulle quali riflettere. Perché è accaduto. Perché può accadere. Perché non può e deve succedere. Mai più.