Milioni di persone affrontano la perdita del lavoro senza aiuti: “Affoghiamo nei debiti senza gli aiuti”
The New York Times, 12 novembre 2020


I programmi federali per l’emergenza di aiuto ai disoccupati nella pandemia termineranno alla fine dell’anno se il Congresso non prenderà alcuna decisione. Si tratta di due programmi importanti di contrasto alla disoccupazione che si esauriranno a fine 2020, lasciando probabilmente milioni di americani esposti agli sfratti e alla fame, minacciando così di mandare in cortocircuito una ripresa economica già debole.
13 milioni di persone stanno ricevendo i pagamenti nell’ambito di questi programmi, creati dal Congresso la scorsa primavera per espandere ed estendere il normale sistema di indennità di disoccupazione durante la pandemia del coronavirus. I dirigenti dei due principali partiti hanno espresso varie forme di sostegno alla proroga dei programmi, ma il Congresso non è riuscito a raggiungere un accordo. Non è chiaro quale sarà l’impatto dei risultati delle elezioni presidenziali della scorsa settimana per le prospettive di un'intesa.
Questo significa per il momento, che persone come Randy Williams devono essere pronte alla possibilità di avere davanti a sé poche settimane prima di perdere l’unica entrata in famiglia. Williams, 56 anni, ha perso il lavoro come dirigente alla Cracker Barrel nell’area di Memphis nelle prime settimane della pandemia. I sussidi di disoccupazione sono finiti lo scorso mese, ma ha potuto fare affidamento sul programma per la compensazione dei redditi in fase di pandemia che è stato esteso di 13 settimane fino alla fine di dicembre. Williams è già in difficoltà per tirare avanti con l’assegno settimanale di 275 dollari, il massimo consentito dallo stato del Tennessee. Ha debiti per l’affitto, la carta di credito è in rosso e si avvale della mensa di una chiesa. Persino con gli aiuti, “sarei rimasto indietro nei pagamenti questo mese, togliendo a Pietro per pagare a Paolo”. “Ma senza gli aiuti, sarei affogato nei debiti”.
L’estensione dei programmi per contrastare la disoccupazione sono alcune delle ultime briciole dei trilioni di dollari di aiuti decisi dal Congresso attraverso una serie di misure di emergenza adottate la scorsa primavera. Questa spesa, che comprende assegni indirizzati alla maggior parte delle famiglie americane, 600 dollari la settimana sotto forma di sussidi di disoccupazione aggiuntivi e di centinaia di miliardi di dollari a sostegno delle piccole imprese, ha permesso a molte famiglie americane di compensare il pesante costo finanziario della pandemia, e ha contribuito ad alimentare la ripresa economica che inizialmente era più forte di quanto si aspettasse.
Gran parte degli aiuti sono terminati la scorsa estate. Da allora, le entrate sono rallentate in modo significativo, e gli studi hanno rilevato che milioni di americani sono sprofondati nella povertà mentre questi sostegni venivano meno. I dati sull’occupazione presentati venerdì hanno mostrato che il numero di persone senza lavoro oramai da più di sei mesi - soglia che attesta la disoccupazione di lungo periodo - è aumentata, passando da 1,2 milioni a fine ottobre, a 3,6 milioni.
Gli aiuti che scadranno a fine anno potrebbero provocare maggiori danni. Molte famiglie hanno esaurito i risparmi accumulati quando ricevevano l’aiuto aggiuntivo di 600 dollari. A fine anno scadrà la moratoria parziale di sfratto a livello federale, che potrebbe essere prorogata. Gli assegni per il sussidio di disoccupazione non solo si ridurranno, come è accaduto durante l’estate, ma scompariranno.
Andrew Stettner, esperto in sussidi di disoccupazione della Century Foundation, gruppo di ricerca sulle politiche progressiste, ha dichiarato: “La rete di sicurezza ha resistito fino ad ora, e credo che ci siamo cullati nel compiacimento”. “Stiamo mettendo le persone in questa posizione finanziaria realmente precaria, dove i danni della disoccupazione possono essere davvero gravi”.
Quasi quattro milioni di americani stanno ricevendo i sussidi di disoccupazione nell’ambito del programma per la compensazione dei redditi in fase di pandemia. Il numero è raddoppiato lo scorso mese e si pensa che sia destinato ad aumentare dato che sempre più persone stanno per esaurire i sussidi statali, che durano 26 settimane nella maggior parte del Paese.
Se il programma dovesse scadere alla fine dell’anno, alcuni lavoratori potrebbero continuare a ricevere aiuti nell’ambito del programma federale non collegato alla pandemia. Ma questi aiuti non sono disponibili in alcuni stati, compreso il Tennessee, e non coprono alcuni lavoratori, come i liberi professionisti.
La scorsa primavera, il Congresso creò un programma separato per l’emergenza, il programma di assistenza alla disoccupazione in fase di pandemia, per coprire le persone che non rientrano nel normale sistema di indennità di disoccupazione, come i liberi professionisti e i lavoratori autonomi, così come i lavoratori che non possono lavorare perché devono assistere i figli e incontrano ostacoli simili. Secondo i dati pubblicati a livello federale, 9.3 milioni di persone facevano parte di questo programma nel mese di ottobre, anche se alcuni esperti in sistemi di disoccupazione ritengono che il dato sia superiore.
Sono milioni le persone che rischiano di perdere i sussidi. Molti economisti avvertono che il danno riguarderebbe non solo i singoli lavoratori, ma si estenderebbe all’intera economia.
Jesse Rothstein, economista della University of California, Berkeley, ha detto: “Queste famiglie dovranno ridurre drasticamente la loro spesa, quindi, rimarranno indietro con gli affitti, e questo vorrà dire che i proprietari di casa subiranno un danno così come le aziende dalle quali avrebbero dovuto fare acquisti”.
Gli economisti conservatori hanno da tempo sostenuto che i sussidi di disoccupazione potrebbero essere controproducenti perché scoraggiano i destinatari dal cercare o dall’accettare un lavoro. Questa tesi ha convinto molti deputati repubblicani, che si sono battuti per porre fine alla proroga dei sussidi durante l’ultima recessione di dieci anni fa, e si sono mostrati reticenti nel concedere sussidi più generosi durante la crisi attuale.
I progressisti, compreso Rothstein, hanno ribadito che l’effetto deterrente dei sussidi è esiguo, soprattutto quando i posti di lavoro scarseggiano, e che offrire ai lavoratori un’ancora di salvezza permette loro di cercare lavori migliori. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno utilizzato, dati nuovi per studiare cosa accade quando i sussidi finiscono e hanno riscontrato che la perdita dei sussidi crea difficoltà grandi alle famiglie.
Bruce Meyer, economista presso la University of Chicago e da tempo critico nei confronti dei sussidi di disoccupazione, ha detto che non è rimasto convinto dalle numerose argomentazioni tradizionali dei progressisti a favore dell’indennità di disoccupazione. Ma ha detto di aver trovato i dati nuovi convincenti. “L’indennità di disoccupazione non aiuta ad avere un lavoro migliore, ti tiene fuori dal lavoro ed erode le tue capacità professionali”. “Ma ti impedisce di morire di fame”.
Il rischio di perdere gli aiuti si è accentuato durante la pandemia. Matt Weis, direttore del programma presso l’organizzazione no profit di Chicago, National Able Network, ha affermato di aver consigliato da tempo le persone in cerca di lavoro di cercare un impiego che permetta loro di sopravvivere e pagare le bollette mentre si adoperano per cercare un impiego permanente. Ma questa è una tesi difficile da sostenere quando molti lavori di ripiego, come il lavoro stagionale o nei fast food, possono recare rischi alla salute. Per Weis, “Si mettono le persone in una situazione molto difficile”. “Tutelo la mia salute e quella della mia famiglia restando a casa e non lavorando? Va bene, come riesco a farlo? Ho delle bollette da pagare”.
Gail Kulwicki, badante a Muskegon, nel Michigan, aveva problemi di salute, e quando la pandemia ha iniziato a diffondersi negli Stati Uniti, il suo datore di lavoro le ha detto che non doveva più recarsi a lavoro. Da allora è disoccupata.
L’assegno di 1.200 dollari e quello di 600 dollari aggiuntivi di indennità di disoccupazione la settimana hanno aiutato Kulwicki, 71 anni, che vive con il figlio maggiore, ed è riuscita a pagare alcune bollette e a consumare i suoi risparmi. Ma senza quegli aiuti, se la caverà con il sussidio di disoccupazione che le rimane, più la previdenza sociale e una piccola pensione. A malapena riuscirà a pagare le bollette. “Senza il sussidio di disoccupazione, dovremmo trovare altri modi per avere un reddito, altrimenti non riusciremo a pagare le bollette”. “Vorrebbe dire pagare l’affitto, pagare l’elettricità, e credo che mangeremo il ramen per tutto il mese”. Le sue condizioni di salute non le permettono, al momento, di tornare a lavorare come badante e accettare molti altri tipi di lavoro. Lei e suo figlio fanno consegne a domicilio per l’applicazione DoorDash a sere alterne, cercando di attutire la perdita degli aiuti del prossimo mese.
Kulwicki è iscritta al Partito Democratico, ha votato per il presidente Biden alle elezioni presidenziali, ma è arrabbiata con entrambi perché non è stato raggiunto un accordo che aiuti persone come lei. Ha affermato: “Non mi piace che Washington giochi a fare politica con la mia vita”.
Il Congresso potrebbe prorogare i programmi prima che scadano. Il senatore leader della maggioranza, Mitch McConnell, ha detto la scorsa settimana, a elezioni finite, che la priorità massima del Senato è approvare un nuovo pacchetto di aiuti, ma non ha fornito dettagli su cosa dovrebbe essere incluso nel pacchetto di aiuti. Ha aggiunto: “Speriamo che le passioni di parte che ci hanno impedito di approvare un altro pacchetto di aiuti si calmino con le elezioni”. “Credo che dobbiamo approvarlo prima della fine dell’anno”.
Ma dato che i negoziati sono falliti in passato, non è detto che questo tentativo riesca. È probabile che le conseguenze delle elezioni, compreso il rifiuto del presidente Trump di accettare il risultato elettorale, e il ballottaggio in Georgia, che deciderà il controllo del Senato, domineranno l’attenzione di Washington per settimane, e Trump potrebbe essere poco incentivato a spingere per un accordo su un pacchetto di stimoli.
Il capo economista della banca di investimento Jefferies, Aneta Markowska, ha detto che si aspetta un altro pacchetto di aiuti, ma un eventuale ritardo potrebbe costare caro, perché le aziende fanno bancarotta e i lavoratori escono dalle forze lavoro, a volte in modo permanente. “Il fattore tempo è importante”, ha affermato Markowska, “È possibile che si creino cicatrici permanenti durante questo periodo, difficili da invertire. Non si tratta semplicemente di accendere l’interruttore”.
Victoria Passmore sta cercando di evitare che la disoccupazione di breve periodo si trasformi in disoccupazione di lungo periodo. Quando, a giugno, ha perso il lavoro in una società di informazioni sanitarie, Passmore, madre single di 33 anni che abita a Chicago, ha colto l’opportunità per cambiare lavoro. Si è impegnata per ottenere il diploma di specialista informatico e ha avviato un’attività per la vendita di succhi con sua sorella. Conta sull’aiuto di coloro che glielo daranno quando scadrà il sussidio di disoccupazione. “Non mi piace dirlo, ma non nutro molta fiducia nel governo di questo momento, perciò non mi aspetto alcuna proroga”. “Dobbiamo capirlo da noi che dall’alto non arriveranno gli aiuti”.

Per leggere l'articolo originale: Millions Face Loss of Jobless Aid: ‘Without It, I’m Dead in the Water’

Come sarà il luogo di lavoro con Biden alla Casa Bianca
Politico, 10 novembre 2020


“Ci sono una serie di cose che Trump ha fatto e che dobbiamo abrogare”, ha affermato il rappresentante Andy Levin (Democratici del Michigan), del Comitato per l’istruzione e il lavoro alla Camera. Il luogo di lavoro in America avrà un aspetto molto diverso con Joe Biden che sta per entrare nello Studio ovale. L'ex vicepresidente e senatore degli Stati Uniti ha alle spalle quarant'anni di relazioni con i dirigenti sindacali, che lo hanno fatto diventare il presidente più amico del mondo del lavoro che gli Stati Uniti abbiano mai avuto.
Biden, che ha riscosso l'approvazione di quasi tutti i sindacati importanti del paese, ha fatto della riforma del lavoro una parte fondamentale del suo programma elettorale e dovrebbe nominare almeno un dirigente sindacale nel suo governo. Bill Spriggs, economista capo della Federazione americana del lavoro - Congresso delle organizzazioni industriali, Afl-Cio, ha detto: “Non credo che Obama abbia ottenuto l'approvazione del mondo del lavoro. Credo, invece, che Biden l'abbia ottenuta”. “Quando Biden entra in una stanza con i dirigenti sindacali si sente come se fosse a casa sua”.
Mentre la pandemia del coronavirus continua ad aumentare la perdita di posti di lavoro stabili e compromette la salute del lavoratore, l'argomento del cambiamento radicale potrebbe essere più forte che mai. L'ex segretario al lavoro, Robert Reich, ha detto a Politico: “Il coronavirus ha fatto capire all'opinione pubblica la situazione della classe lavoratrice in America, che comprende i lavoratori con retribuzione bassa e le persone che un tempo erano sindacalizzate, e ha messo a nudo l'assoluta mancanza di protezione dei lavoratori”.
Quanto Biden potrà realizzare dipende dal Senato, per il quale si terrà a gennaio il ballottaggio che deciderà la maggioranza politica. Tuttavia, la transizione sarà un cambiamento brusco dalla Casa Bianca di Trump, durante la quale la sindacalizzazione è diminuita, la disuguaglianza retributiva si è estesa e l'applicazione della legge è diminuita. Tra le maggiori priorità dei Democratici nell'amministrazione attuale figura il contrasto alle azioni adottate, o in alcuni casi, azioni che non sono state adottate. “Ci sono una serie di cose che Trump ha fatto e che dobbiamo annullare”, ha affermato il rappresentante Andy Levin (Democratici del Michignan), del Comitato per l’istruzione e il lavoro alla Camera. Secondo i parlamentari e gli esperti, i lavoratori e i datori di lavoro potrebbero aspettarsi da Biden alla Casa Bianca alcune cose elencate qui di seguito:

Intensificare l'applicazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori

Probabilmente, una delle prime cose che l'amministrazione Biden farà, sarà incaricare l'amministrazione per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro del dipartimento del Lavoro di intensificare l'applicazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori, anche attraverso l'emanazione di uno standard per l'emergenza temporanea, o di una serie di linee guida che indichino come un datore di lavoro debba proteggere i lavoratori dal Covid-19 e aumentino le sanzioni ai trasgressori.
Di fronte ai 72.015 risultati positivi al test per il coronavirus e a 315 decessi solo nel settore alimentare, i Democratici e i sindacalisti hanno criticato sempre più apertamente il dipartimento del Lavoro per quella che definiscono clemenza. Nonostante l'agenzia abbia ricevuto oltre 10.000 denunce dall'inizio della pandemia, non ha proposto una sanzione superiore a 30.000 dollari per i rischi collegati al coronavirus, anche in caso di decesso di lavoratori. I Repubblicani hanno eliminato lo standard dell'emergenza, insistendo sul fatto che i datori di lavoro Avessero bisogno di una maggiore flessibilità durante la recessione.
La campagna elettorale di Biden ha propugnato “lo sblocco e il rispetto immediato dello standard per l'emergenza temporanea per fornire ai datori di lavoro ed ai lavoratori in prima linea un orientamento specifico da seguire su cosa fare per contenere la diffusione del Covid” e “raddoppiare il numero di ispettori in materia di salute e di sicurezza sul lavoro per il rispetto della legge, degli standard e delle linee guida esistenti”. 

Perseguire una politica progressista del lavoro

Biden ha condotto una campagna per attuare gran parte della legislazione del lavoro proposta dai Democratici approvata alla Camera con il presidente Nancy Pelosi nel 2019 e nel 2020.  Nel mese di luglio, Biden ha affermato che avrebbe spinto nella direzione per aumentare il salario minimo a livello federale a 15 dollari l'ora ed eliminare il salario da miseria, che autorizza ai datori di lavoro di contribuire a dare misere mance con i salari legali, entrambe le disposizioni sono incluse nella legge sull'aumento dei salari. Il salario minimo a livello federale non è stato aumentato dal 2009, quando fu innalzato a 7,25 dollari.
Inoltre, Biden si è impegnato a firmare la legge sulla tutela del diritto sindacale – Pro Act – per rafforzare la sindacalizzazione dei lavoratori. Questa legge consente ai lavoratori di formare un sindacato tramite le elezioni in cui i lavoratori firmano un modulo che autorizza il sindacato a rappresentarli.
Levin ha affermato che "La legge Pro Act sarebbe la riforma più importante del diritto del lavoro dopo la legge Wagner del 1935 o la legge nazionale per le relazioni industriali". È molto improbabile che queste leggi possano essere approvate se i Repubblicani controlleranno il Senato. E anche se alcune delle misure riuscissero ad essere approvate, per Biden sarà una battaglia in salita per firmarle, che dovrà bilanciare le richieste dei sindacati con gli interessi imprenditoriali concorrenti e con alcune delle voci più moderate che lo hanno aiutato a vincere. "La comunità imprenditoriale presenterà molte richieste a Biden e all'amministrazione Biden", ha detto Reich. "Non piaceranno gli aumenti delle tasse ai ricchi e d alle grandi società; non piaceranno i regolamenti e le leggi ambientali che ha promesso".  "E il capitale politico del nuovo presidente è limitato”.

Un incoraggiamento alla produzione attraverso il commercio

Biden ha dichiarato apertamente di essere stato contrario alla guerra commerciale di Trump con la Cina, definendo alcuni dazi imposti dalla Casa Bianca "dannosi" e "disastrosi". Se riuscisse ad eliminare alcune delle restrizioni commerciali imposte dall'amministrazione Trump, potrebbe dare impulso immediato alla forza lavoro del settore manifatturiero. Secondo le statistiche dei Dipartimenti del Lavoro, nonostante l'occupazione nelle fabbriche abbia aumentato 66.000 posti di lavoro nel mese di settembre, è ancora in calo di 647.000 posti di lavoro rispetto a febbraio a causa della pandemia. Biden sostiene nel piano per il settore manifatturiero, "una strategia pro americana per la fiscalità e il commercio che aggiusti le politiche dannose dell'amministrazione Trump e dia ai produttori e lavoratori le giuste possibilità di cui hanno bisogno", insieme a una serie di sgravi fiscali e di provvedimenti amministrativi. In teoria, Biden potrebbe revocare qualsiasi dazio non appena entrerà in carica, ma deve rispondere alle imprese e ad altri interessi che potrebbero volere che le restrizioni rimangano in vigore per mesi mentre elabora un piano. Un consulente commerciale di alto livello ha detto che la sua amministrazione non esclude l'imposizione di nuovi dazi sulle importazioni. I sindacati, tra cui il sindacato dei lavoratori dell'acciaio, lo United Steelworkers, Usw, che rappresenta un milione di lavoratori e pensionati in diversi settori manifatturieri, dicono di avere fiducia nel piano di Biden, qualunque esso sia. "L'Usw è impaziente di lavorare con Joe Biden nell'attuazione dei suoi piani per rimettere il nostro Paese in carreggiata", ha dichiarato il sindacato in un comunicato. "Si occuperà delle nostre catene di fornitura nazionali, rafforzando la produzione americana e rendendoci tutti più sicuri".

Una commissione nazionale per le relazioni Industriali più rispettosa del lavoro

L'ex vicepresidente dovrebbe riassumere il controllo della Commissione Nazionale per le Relazioni Industriali, la National Labor Relations Board, responsabile dell'applicazione della legge del lavoro e della risoluzione delle controversie tra sindacati e datori di lavoro. La composizione della Commissione è stata modificata con Trump per includere tre repubblicani, tutti nominati da Trump, e un democratico, un sostenitore repubblicano la cui nomina è stata approvata dal Senato il 24 luglio. Il secondo posto per i Democratici è vuoto. Con la maggioranza di 3 a 1, i membri del Partito Repubblicano hanno fatto passare una serie di decisioni favorevoli alle imprese, tra cui la richiesta importante dello scorso maggio che gli autisti Uber sono stati classificati come lavoratori autonomi, anziché lavoratori dipendenti. Entro la fine del suo primo mandato, Biden sarà in grado di ristabilire una maggioranza democratica nella Commissione, riallineando le sue decisioni con quelle dell’amministrazione Obama.

Una raccomandazione di prudenza

Nonostante le tante promesse fatte durante la campagna elettorale, gli ex presidenti democratici degli Stati Uniti, come Bill Clinton e Barack Obama, hanno dimostrato che la riforma del lavoro non è mai certa. Entrambi si sono impegnati a portare avanti una serie ampia di politiche, solo per far in modo che i loro piani fossero superati da altri punti all'ordine del giorno, come l'assistenza sanitaria. Obama si è impegnato a promulgare la legge sulla libertà di scelta dei lavoratori, l'Employee Free Choice Act, alcune disposizioni sono state poi incorporate nel PRO Act, solo per poi concentrare i suoi sforzi di natura legislativa altrove, lasciando perdere il pacchetto, nonostante vi fosse una maggioranza democratica in entrambi i rami del Congresso. Per Bob Bruno, direttore del programma di studi sul lavoro all'Università dell'Illinois, il lavoro non è stato una priorità. È passato in secondo piano rispetto alla sanità, al salvataggio dell'industria automobilistica, al disegno di legge di misure di stimolo. Quindi non è mai successo". Reich aggiunge: "Non è mai stata una passeggiata."

Per leggere l'articolo originale: What the Workplace Will Look Like Under a Biden White House

L’eredità climatica di Trump
The New York Times, 10 novembre 2020


Possono essere abrogate molte delle oltre 100 norme ambientali del presidente Trump, ma i danni provocati al clima potrebbero durare per sempre. Il presidente eletto R. Biden Jr. cercherà nei prossimi quattro anni di ripristinare le politiche ambientali che il suo predecessore ha annullato, ma i danni provocati dall’inquinamento dei gas serra scatenati dalle revisioni del presidente Trump potrebbero avere conseguenze   più profonde del suo unico mandato.
La maggior parte delle politiche ambientali di Trump, che hanno cancellato o allentato quasi 100 norme e regolamenti sull’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dell’atmosfera, possono essere cambiate, anche se non nell’immediato. Gli inquinanti come i fumi industriali e le sostanze chimiche possono avere effetti duraturi per la salute, soprattutto nelle aree svantaggiate dove sono spesso concentrati. Ma la qualità dell’aria e la purezza dell’acqua possono essere ristabilite solo quando le emissioni saranno messe sotto controllo. 
Questo non vale per il clima a livello globale. L’inquinamento dei gas a effetto sera si accumula nell’atmosfera, quindi i gas a effetto sera emessi a seguito dell’allentamento delle normative rimarranno per decenni, nonostante i cambiamenti della politica in materia.
Per Jody Freeman, professore di diritto ambientale ad Harvard ed ex consigliere dell’amministrazione Obama, ha affermato: “Storicamente, c’è sempre un pendolo che oscilla avanti e indietro in materia ambientale tra l’amministrazione democratica e l’amministrazione repubblicana, e, in teoria, si può recuperare sull’ambiente”. “Si possono ripristinare norme per ripulire l’aria e l’acqua”. Ma il cambiamento climatico non funziona così”.
Inoltre, l’abrogazione delle politiche di Trump di riduzione delle emissioni è arrivata in un momento critico: negli ultimi quattro anni, il livello globale dei gas serra nell’atmosfera ha superato la soglia temuta da tempo di concentrazione atmosferica.
Molti degli effetti più dannosi del cambiamento climatico sono irreversibili, tra questi l'innalzamento del livello del mare, le tempeste letali e il calore devastante, la siccità e gli incendi.
Biden potrebbe incontrare più difficoltà rispetto al presidente Barack Obama ad usare il potere esecutivo per creare norme durevoli e durature sul cambiamento climatico, perché ci si aspetta che la maggioranza conservatrice di sei giudici nella Corte Suprema giudichi sfavorevolmente le politiche che espandono in modo significativo l'autorità delle agenzie federali per la regolamentazione dell'industria.
L’influenza degli Stati Uniti di una volta nei colloqui all’estero sul clima è stata quasi certamente danneggiata dalle abrogazioni praticate dalle politiche di Trump e dal ritiro dall'accordo sul clima di Parigi del 2015. Queste azioni hanno rallentato gli sforzi internazionali tesi a ridurre le emissioni di gas serra, e hanno spinto altri governi a seguire la guida americana per indebolire le regole sulle emissioni, anche se nessuno ha seguito gli Stati Uniti per uscire dall’accordo sul clima.
 Tutto ciò significa che anche se Biden agirà per far rispettare le regole interne sul cambiamento climatico e per rientrare nell'accordo di Parigi, le emissioni attribuibili alle azioni di Trump continueranno, spingendo il pianeta in una zona pericolosa che, secondo gli scienziati, sarà molto più difficile superare. "Donald Trump ha significato per la regolamentazione del clima quello che il generale Sherman ha significato per Atlanta", ha affermato il direttore del Sabin Center for Climate Change Law della Columbia Law School, Michael Gerrard, riferendosi all'Unione generale nella guerra civile. "Speriamo che non ci vorrà così tanto tempo per ricostruirlo".
Da tempo gli scienziati hanno avvertito che se i gas serra nell'atmosfera avessero superato quota 400 parti per milione, sarebbe stato molto più difficile evitare un riscaldamento di 2° C.  L'accordo di Parigi sul clima ha concordato questo obiettivo perché al di sopra di esso, il futuro del pianeta si sarebbe probabilmente fermato con l’innalzamento del livello del mare, tempeste più forti, siccità e ondate di calore diffuse, e la distruzione delle barriere coralline.
Nel 2016, anno in cui è stato eletto Trump, i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera hanno raggiunto per la prima volta quota 400 parti per milione. Ma lui ha messo la crescita economica al di sopra degli obiettivi di emissione di gas serra, sostenendo che il clima e altre norme ambientali stessero danneggiando la creazione di posti di lavoro.
 Per gli economisti sono poche le prove che attestino che la riduzione delle norme sul cambiamento climatico decise da Trump abbia rafforzato l'economia. I posti di lavoro nel settore dell'auto sono diminuiti dall'inizio del 2019 e la tendenza a diminuire è continuata nonostante le norme sull'inquinamento gas serra dei veicoli siano state revocate. La produzione di carbone a livello nazionale è scesa lo scorso anno al livello più basso dal 1978. Il governo francese ha bloccato nel mese di settembre un contratto di 7 miliardi di dollari per l'acquisto di gas naturale americano, sostenendo che il gas prodotto senza controllare le perdite di metano fosse troppo dannoso per il clima.
 Nel frattempo, i livelli di anidride carbonica hanno raggiunto nel mese di maggio quota 417 parti per milione, il livello più alto registrato nella storia dell'umanità.
 "Considerato che le emissioni di gas serra a livello globale sono molto più elevate nel 2020 rispetto a 10 o 20 o 30 anni fa, questo significa che il fatto che l'amministrazione Trump abbia   sprecato un anno di inazione sul clima, avrà conseguenze molto più grandi dell'anno sprecato nell'amministrazione di Ronald Reagan. di George W. Bush o di Bill Clinton", ha detto Michael Wara, esperto di clima ed energia a Stanford. Secondo gli analisti, gli ultimi quattro anni hanno rappresentato una chiusura della finestra delle più grandi economie inquinanti al mondo, se avessero lavorato insieme, avrebbero potuto delineare un percorso per rallentare il tasso di emissione del riscaldamento del pianeta. Per arrivare a questo, un rapporto scientifico del 2018 ha evidenziato che le economie mondiali avrebbero dovuto ridurre, entro il 2030, le emissioni del 45% rispetto ai livelli del 2010, e che le politiche avrebbero dovuto essere attuate rapidamente.
Invece, nella più grande economia del mondo, hanno cominciato a perdere tempo. "Abbiamo perso del tempo molto importante rispetto al cambiamento climatico, che non possiamo permetterci", ha affermato Richard Newell, presidente di Resources for the Future, organizzazione imparziale di ricerca che si occupa di energia e ambiente a Washington. "Ci sono danni gravi. Aver ignorato il clima per quattro anni non ha prezzo".
L’analisi recente condotta dalla Rhodium Group, organizzazione indipendente di ricerca, ha evidenziato che se le cinque norme per il controllo climatico più importanti revocate da Trump, tra cui le norme sulle emissioni di anidride carbonica delle auto e delle centrali elettriche, dovessero continuare, si emetteranno nell’atmosfera altri 1.8 miliardi di tonnellate di gas serra entro il 2035. Questo rappresenta più delle emissioni energetiche messe insieme in un anno dalla Germania, Gran Bretagna e Canada.
Nell'ipotesi che Biden riesca ad attuarle nuovamente, passerebbero due anni prima che queste norme siano completate sul piano giuridico, il che avrà come conseguenza un ulteriore aumento delle emissioni gas serra. "Se Biden ripristinerà le norme in materia, le emissioni di gas serra saranno inferiori a quelle previste nel nostro studio, ma avranno, comunque, conseguenze durature", ha affermato Hannah Pitt, coautore dello studio.
Parlando delle norme dell'era Obama relative all'economia dei carburanti revocate da Trump, ha affermato: "I quattro anni di amministrazione Trump, più uno o due anni necessari per applicare una norma, le auto acquistate in quel periodo saranno meno efficienti e consumeranno più combustibili fossili di quanto avverrebbe se fosse stato fatto diversamente". E quelle auto possono circolare per 10 o 12 anni. E una volta che questi gas serra entrano nell'atmosfera, vi rimarranno per decenni". Non è sicuro che Biden possa ripristinare tutte queste norme, figuriamoci se potrà renderle più rigorose. L'amministrazione Biden potrà ripristinare sul piano legale le protezioni ambientali su alcuni terreni pubblici che Trump ha autorizzato per le trivellazioni di petrolio e gas, ma pensare che il potere esecutivo possa scrivere una normativa di ampio respiro sulle emissioni di fumo e di gas da scarico può essere un problema con una Corte Suprema dove 6 dei 3 giudici sono conservatori.
Secondo gli esperti legali, la nomina di Trump dei giudici Neil M. Gorsuch, Brett M. Kavanaugh e Amy Coney Barrett potrebbe rivelarsi una parte significativa dell'eredità climatica di Trump, soprattutto se Biden non riuscirà a persuadere il Congresso ad emanare nuove leggi sul cambiamento climatico. In tal caso cercherà, come ha fatto Obama, di usare il potere esecutivo dell'Agenzia per la Protezione Ambientale. "Rispetto a quattro anni fa, penso che la nuova Corte Suprema complicherà l'attuazione della politica sul clima attraverso la regolamentazione", ha detto Wara. "Non è scontato che Biden possa tornare facilmente ad una versione più rigorosa dei regolamenti introdotti da Obama. Non è facile con una Corte suprema che guarda con molto più sospetto alle agenzie che esercitano il potere esecutivo". Le azioni di Trump, a livello nazionale e internazionale, hanno, nel frattempo, contribuito ad incoraggiare i leader di alcune altre grandi economie ad indebolire i livelli di emissione di gas serra.
"C'è stato un effetto domino", ha detto Laurence Tubiana, ambasciatore francese per il clima durante i negoziati di Parigi del 2015. "Trump ha distrutto la politica climatica degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni, e ha fatto fare lo stesso ad altri Paesi". Tubiana ha ricordato che il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, si è ispirato a Trump sulle questioni climatiche, definendo il movimento per la riduzione del riscaldamento globale un complotto dei "marxisti" per frenare la crescita, e il primo ministro dell'Australia, Scott Morrison, che, come Trump, ha rimosso il legame che esiste tra il cambiamento climatico e gli incendi boschivi, promuovendo nello stesso tempo l'uso del carbone. Tuttavia, Tubiana ha indicato che altre grandi economie hanno fatto passi avanti nell'annunciare piani per la riduzione delle emissioni gas serra, con o senza gli Stati Uniti. La Cina, il più grande inquinatore di biossido di carbonio al mondo, si è impegnata recentemente ad eliminare le emissioni entro il 2060. Il Giappone si è impegnato a farlo entro il 2050. Per Tubiana e altri è difficile vedere come gli Stati Uniti possano tornare a ricoprire il ruolo di leader nella lotta al clima che avevano quando Obama ha contribuito a siglare l'accordo di Parigi. Gli Stati Uniti non saranno più visti come l'unico leader", ma dovranno lavorare all'interno di "un partenariato competitivo con l'Unione europea e la Cina". Potrebbe non essere una cosa negativa".

Per leggere l'articolo originale: Trump’s Climate Legacy

Secondo uno studio, i piani per la ripresa dal Covid minacciano le speranze per il clima globale
The Guardian, 9 novembre 2020


Uno studio realizzato per il Guardian rivela che la prospettiva di una ripresa verde globale dalla pandemia del coronavirus è appesa a un filo, poiché i paesi versano danaro nell'economia basata sui combustibili fossili per scongiurare una recessione devastante. Nel frattempo, le promesse fatte in favore di un'economia basata su emissioni basse di carbonio non riescono a concretizzarsi. Soltanto una manciata di paesi importanti sta pompando aiuti nel tentativo di introdurre emissioni basse di carbonio, come l'energia rinnovabile, i veicoli elettrici e l'efficienza energetica.  Una nuova classifica realizzata dal Guardian rileva che l'Unione europea è in prima linea nel devolvere il 30% dei 750 miliardi di euro del Next Generation Fund a fini ambientali. La Francia e la Germania hanno stanziato rispettivamente 30 miliardi di euro e 50 miliardi di euro per le misure di stimolo aggiuntive alla spesa ambientale.
Dall'altro lato della classifica, la Cina sta attraversando il peggior momento per l’economia, con solo lo 0,3%, circa 1.1 miliardi di sterline, destinato a progetti verdi. Negli Stati Uniti, prima delle elezioni, soltanto 26 miliardi di dollari, o poco più dell'1% della spesa annunciata era destinata a fini ambientali. 
In almeno 18 economie più grandi al mondo, dopo oltre sei mesi dalla prima ondata di lockdown di inizio primavera, i pacchetti di aiuti si sono caratterizzati per una spesa che ha avuto un impatto dannoso sull'ambiente, come i salvataggi delle strutture petrolifere o delle nuove strutture ad alta emissione di carbonio, che, secondo l'analisi, sono superiori ai benefici positivi che qualsiasi spesa a fini ambientali avrebbe sul clima.
Soltanto quattro paesi, la Francia, la Spagna, il Regno Unito e la Germania, e l'Unione europea hanno pacchetti che produrranno un beneficio netto per l'ambiente. “L'ambiente naturale ed il cambiamento climatico non sono stati una parte centrale del ragionamento nella maggior parte dei piani per la ripresa”, ha affermato l'amministratore delegato di Vivid Economics, Lason Eis. “Nella maggior parte dei paesi non stiamo assistendo ad una ripresa verde”. Persino i paesi che si sono distinti per i piani per una ripresa verde spesso spendono molto più in attività che mantengono o aumentano le emissioni di gas serra. La Corea del Sud ha elaborato a luglio piani per un nuovo accordo verde, del valore di 135 miliardi di dollari. Ma la spesa continua in combustibili fossili e in settori ad alta intensità di carbonio significa che la Corea del Sud è soltanto all'ottavo posto nel mondo per le misure di stimolo verde.
Anche il Canada sta spendendo 6 miliardi di dollari canadesi per finanziare l'isolamento termico delle sue infrastrutture, il trasporto verde e l'energia pulita, ma l'intero pacchetto di aiuti vale oltre 300 miliardi di dollari e contiene misure come l'estensione massiccia della rete stradale e sgravi fiscali per le società di combustibili fossili. L'India sta spendendo circa 830 milioni di dollari per l'economia verde, ma gli impianti per promuovere l'uso di carbone hanno rallentato la sua capacità produttiva.
L'analisi realizzata da Vivid mostra che l'elezione di Joe Biden come presidente degli Stati Uniti ha la possibilità di trasformare la ripresa verde a livello globale. Anche se la maggioranza al Senato potrebbe andare al Partito Repubblicano, se il piano di Biden che prevede misure di stimolo verdi di 2 trilioni di dollari fosse pienamente messo in atto, gli Stati Uniti supererebbero l'Unione europea come grande investitore in un futuro caratterizzato da basse emissioni di carbonio.
“Sarebbe un cambiamento trasformativo”, ha affermato Eis. “Questi piani di Biden molto coraggiosi darebbero agli altri paesi un segnale enorme. Vorrebbero dire che gli Stati Uniti iniziano a livello globale una corsa dinamica verso l'alto per l'economia verde, soprattutto con la Cina”.
Biden intende aumentare l'energia rinnovabile, alimentando gli Stati Uniti interamente di energia pulita entro il 2035 e raggiungendo emissioni nette pari a zero entro il 2050, investendo 1.7 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni, nell'aspettativa che gli investimenti privati arrivino a 5 trilioni di dollari totali. I suoi piani devono, però, essere approvati da un Senato repubblicano ostile e incontreranno l'opposizione ed eventuali controversie legali mosse dai settori dell'economia statunitense, e probabilmente da parte di alcuni Stati. Tuttavia, se solo una parte dei piani verdi di Biden sopravvivesse, questa potrebbe ancora avere un effetto trasformativo, sia per l'economia statunitense e sia per il mondo. Sempre secondo EIS, “Ci si aspetta un compromesso, un cambiamento enorme nella spesa verde con la presidenza Biden”. “Molti altri paesi sono influenzati dalla posizione della dirigenza degli Stati Uniti. Avere gli Stati Uniti al tavolo del G20 che spinge per una ripresa verde sarebbe sicuramente di aiuto”.
I Paesi che non hanno avviato una ripresa verde perdono la possibilità di creare milioni di posti di lavoro, ha aggiunto Ed Barbier, professore di economia alla Colorado State University, che, nello studio importante sulla crisi finanziaria realizzato nel 2008, ha legato la ripresa al 16% di interventi verdi. “Soprattutto nel settore delle costruzioni c’è una possibilità enorme di aumentare l’occupazione”, ha affermato, indicando misure come l’istallazione di materiali isolanti, pannelli solari e infrastrutture per la ricarica delle auto elettriche, che sono lavori ad alta intensità di manodopera che spesso si realizzano in tempi rapidi.
Quando i paesi non riescono a gestire una ripresa verde, sono in ritardo rispetto agli obblighi previsti dall’accordo di Parigi sul clima. L’Agenzia internazionale per l’Energia ha calcolato per il Guardian che i paesi, per rispettare l’accordo di Parigi, stanno prevedendo di ridurre le emissioni solo del 15% delle riduzioni necessarie. L’Agenzia ha, inoltre, rilevato che le emissioni della Cina, che sono diminuite drasticamente nella fase iniziale della pandemia, sono già tornate ai livelli del 2019 e probabilmente li supereranno. Il direttore esecutivo dell’Agenzia, Faith Biros, ha affermato: “La Cina non ha ancora avviato una ripresa verde. Ma non ha ancor perso l’occasione per avviare un reset del sistema cinese, se la Cina cambierà il suo prossimo piano quinquennale che dovrebbe essere definito il prossimo marzo. Qualunque cosa la Cina costruirà dovrà essere verde”.
Sembra impossibile che vi possa essere una ripresa verde globale senza la Cina. “Se la Cina non presenterà pacchetti per una ripresa verde, un piano quinquennale con l’obiettivo di raggiungere emissioni nette pari a zero, allora le possibilità che nel mondo si raggiungano gli obiettivi sul clima saranno vicine allo zero”, ha avvisato Birol. L’analisi scientifica indipendente del Climate Action Tracker ha rilevato che i governi di molti paesi non stanno dando la priorità alla crescita a basso contenuto di carbonio, ma stanno incoraggiando i settori ad uso intensivo di carbonio e allentando la normativa ambientale. Niklas Höhne del New Climate Institute, una delle organizzazioni partner del Climate Action Tracker, ha avvertito: “Quello che vediamo di più sono governi che utilizzano la ripresa dalla pandemia per annullare la normativa sul clima e salvare l’industria del combustibile fossile, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Brasile, Messico, Australia, Sud Africa, Indonesia, Russia e in altri Paesi”.
L’economista del clima, Lord Nicholas Stern, ha affermato che i paesi hanno ancora tempo per entrare in una nuova fase della ripresa, dando la priorità alla spesa verde. La maggiora parte dei 12 trilioni di dollari dei pacchetti di aiuti iniziali nel mondo ha favorito l’aumento della liquidità, sostenuto i salari e fermato le bancarotte delle aziende, dando poche opportunità per migliorare l’ambiente. Per Stern, nel giro dei prossimi mesi si arriverà alla fase successiva in cui i paesi dovranno avere pronti i piani nel rispetto dell’ambiente. “La ripresa verde è stata ritardata perché stiamo ancora affrontando il virus, ad eccezione in paesi come la Cina”. “Se avessimo gestito meglio il virus in Europa, avremmo fatto meglio ora per una ripresa verde. Ma siamo ancora in una fase di lockdwn e di misure di aiuti. La ripresa non inizierà finché non riusciremo a gestire meglio il virus”.

Per leggere l'articolo originale: Revealed: Covid recovery plans threaten global climate hopes

I leader mondiali salutano la svolta di Biden sul cambiamento climatico
Financial Times, 8 novembre 2020


Il presidente eletto Joe Biden assumerà l'incarico con un piano che prevede l'adozione di nuovi obiettivi rigorosi in materia di cambiamento climatico per gli Stati Uniti e invertirà molte azioni in campo ambientale intraprese dall'amministrazione Trump. I capi di Stato e di Governo hanno accolto favorevolmente nel fine settimana la posizione del presidente eletto. Biden, che si è impegnato ad aderire nuovamente all'accordo di Parigi sul clima il primo giorno della sua presidenza, ha definito il cambiamento climatico una “minaccia per l'esistenza dell'umanità” e si è impegnato ad adottare un pacchetto di misure di stimolo economico verde per contribuire alla riduzione delle emissioni gas serra degli Stati Uniti. Questa sarebbe un'inversione drastica della posizione del presidente Donald Trump, che ha fatto uscire gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima e indebolito le norme in materia ambientale.
Il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, nel congratularsi in un tweet, ha suggerito che il clima sarà un'area importante della cooperazione tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, insieme al commercio e alla sicurezza. “Credo che con il presidente Biden alla Casa Bianca a Washington, avremo la prospettiva reale di una leadership americana globale che contrasterà il cambiamento climatico”, ha affermato Johnson all'Associated Press. Biden si è impegnato a ridurre le emissioni degli Stati Uniti a zero entro il 2050, e nel caso fosse attuato, ridurrebbe in modo significativo il ritmo con cui sta avvenendo il riscaldamento globale.
Secondo il capo esecutivo di Climate Analytics, questo impegno renderebbe “per la prima volta” più vicino l'obiettivo dell'accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1.5° C.  “Potrebbe essere un punto di svolta storico”.
La Cina si è impegnata di recente a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060, e l'obiettivo dell'Unione europea è raggiungere zero emissioni entro il 2050.
“Bentornata America”, ha affermato Anne Hidalgo, sindaco di Parigi in un tweet, riferendosi al ritorno USA all'accordo sul clima. “È per noi un grande sollievo il ritorno degli Stati Uniti”, ha affermato Laurence Tubiana, capo esecutivo della Fondazione Europea per il Clima, e uno degli architetti chiave del patto di Parigi. Ha aggiunto: “L'effetto domino positivo della presidenza Biden sarà enorme”.
Secondo le previsioni del gruppo di ricerca con sede in Germania, Climate Action Tracker, il raggiungimento dell'obiettivo zero netto sia negli USA e sia nella Cina potrebbe ridurre entro la fine del secolo il riscaldamento globale da 2.7° C, a circa 2.3° C – 2.4° C. Tuttavia, l'agenda nazionale di Biden sul clima potrebbe essere messa in difficoltà dai Repubblicani, nel caso il partito dovesse controllare il Senato. Questo sarà deciso dal ballottaggio delle elezioni in Georgia a gennaio.
Paul Bledsoe, consigliere strategico presso il Progressive Policy Institute, ed ex consigliere sul clima di Clinton alla Casa Bianca, ha affermato che Biden potrebbe ricorrere maggiormente a misure normative per mettere in atto la sua agenda ambientalista, nel caso in cui non potesse far approvare la legislazione sul clima.
“Trump ha stravolto 100 regolamenti importanti in materia ambientale. Molti di questi saranno ripristinati”, ha affermato Bledsoe. Una delle prime aree che saranno riesaminate riguarderanno gli standard delle emissioni dei veicoli, che con l'amministrazione Trump sono stati abbassati.
Si pensa che l'amministrazione Biden istituisca il primo Consiglio Nazionale sul Clima, un gruppo di alto livello la cui presidenza guiderà la politica del governo federale. L'ex segretario di stato John Kerry è tra coloro indicati come concorrente alla presidenza del Consiglio. Anche se il Senato dovesse essere controllato dai Repubblicani, l'amministrazione Biden potrebbe trovare un terreno comune con i repubblicani che vogliono introdurre l'energia pulita nelle misure più vaste di stimolo economico. “Su questo punto esiste un terreno comune”, ha affermato Nat Keohane, vicepresidente per il clima presso il gruppo di supporto con sede negli Stati Uniti, l’Environmental Defense Fund. Le aree di possibili accordi comprendono i veicoli elettrici, la carbonizzazione del settore energetico, e la preparazione del settore manifatturiero per le tecnologie a basse emissioni di carbonio.
Una delle difficoltà che dovrà affrontare l'amministrazione Biden, quando aderirà nuovamente all'accordo di Parigi, sarà quella di fissare nuovi obiettivi climatici. Biden ha affermato che si prefiggerà di raggiungere l'obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050, e che la produzione di elettricità sarà priva di emissioni entro il 2035. Tuttavia, l'accordo di Parigi chiederà anche agli Stati Uniti di fissare gli obiettivi sul clima per il 2030, un obiettivo più a breve termine.
In un tweet scritto mercoledì notte, Biden ha scritto che assicura il ritorno degli Stati Uniti all'accordo di Parigi sul clima il primo giorno della sua presidenza. Gli Stati Uniti sono formalmente usciti dal patto il giorno successivo alle elezioni di Trump.

Per leggere l'articolo originale: Biden shift on climate change welcomed by world leaders