"Esigere giustizia per Giulio Regeni non è soltanto un atto giuridicamente e umanamente dovuto davanti a un omicidio efferato, ma è anche una questione di dignità nazionale. Siamo sconcertati dagli ultimi eventi che, a quattro anni di distanza dalla scomparsa di Giulio, confermano l'indisponibilità egiziana a individuare i responsabili. Dopo l'assassinio di Regeni e dopo tanti altri arresti, è scoppiato il caso dello studente Patrick George Zaki". Lo scrive l'Anpi in una nota.

"È evidente a tutti – prosegue l'associazione – che in Egitto non si rispettano i diritti umani. È altrettanto evidente il ruolo destabilizzante del Cairo nella polveriera del Medio Oriente e in particolare in Libia, dov'è in corso una micidiale escalation di una guerra per procura. Tanto meno si spiega, in questo scenario, la scelta dell'Egitto come uno dei partner preferenziali nella vendita di armamenti italiani. L'esigenza di giustizia per Regeni va messa al primo posto senza tentennamenti. Ci associamo alla richiesta dei suoi genitori – conclude l'Anpi – che lamentano depistaggi, silenzi, bugie e rinvii: chiediamo al governo l'immediato ritiro dell'ambasciatore italiano come primo, necessario passo per conoscere finalmente la verità e i nomi dei colpevoli". 

Sono almeno altri cinque gli agenti della National Security finiti sotto la lente della Procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sul rapimento del ricercatore friulano, rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto. I loro nomi sono emersi dai tabulati telefonici forniti nei mesi scorsi dal Cairo e si tratta di colleghi degli ufficiali già iscritti nel registro degli indagati dal pm Sergio Colaiocco, titolare dell'inchiesta, il 4 dicembre del 2018. La Procura di Roma, già nella rogatoria inviata a maggio del 2019 chiedeva di "mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati".