A partire dalla metà dell’ultimo decennio, nell’Unione europea, la bioeconomia è diventata un tema centrale per le politiche comunitarie. Un tema che richiama l’attenzione legislativa, che assorbe investimenti e piani di sviluppo, e attorno al quale gli attori istituzionali ed economici, i decisori politici e il mondo delle imprese stanno costruendo un sistema vocato all’innovazione e alla ricerca.

È un concetto che dovremo abituarci a utilizzare sempre più spesso, che è entrato ed entrerà nel nostro vocabolario e che modificherà il nostro costume di vita: la bioeconomia, ossia quel sistema che va “dalla produzione di risorse biologiche rinnovabili alla loro conversione in prodotti a valore aggiunto, come alimenti, mangimi, prodotti a base biologica, bioenergia”. Questa definizione è stata introdotta nel dibattito politico dalla Commissione europea con la pubblicazione, nel 2012, della strategia e del piano d’azione Innovare per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa. I principali obiettivi fissati sette anni fa stabilivano che si dovessero affrontare sfide urgenti quali la sicurezza alimentare, la gestione sostenibile delle risorse naturali, la riduzione della dipendenza dalle risorse non rinnovabili, l’attenuazione dei cambiamenti climatici, la creazione di posti di lavoro e il mantenimento della competitività europea.

Naturalmente nella bioeconomia gioca un ruolo decisivo la bioindustria, ossia quel settore emergente organizzato tra catene di valore interconnesse, che mira a trasformare le materie prime biologiche rinnovabili (come le aridocolture a basso impatto, i residui agricoli, i rifiuti organici e la biomassa acquatica) in prodotti, materiali ed energia a base biologica, sostituendone le versioni a base fossile. Questo settore offre un enorme potenziale per affrontare le sfide sociali che vanno dal degrado ambientale al cambiamento climatico. Inoltre, la bioindustria svolge un ruolo importante nello stimolo alla crescita sostenibile e nel rafforzare la competitività dell’Europa, reindustrializzando e rivitalizzando le zone rurali e costiere, attraverso la riconversione di siti dismessi e la creazione di nuove opportunità di sviluppo, consentendo così la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro.

Ma non si può comprendere appieno lo sforzo europeo degli ultimi anni senza illustrare il panorama delle politiche, delle normative e degli strumenti finanziari messi in campo per sostenere il processo di innovazione. Il perimetro è stato fissato da Europa 2020, la strategia decennale successiva a Lisbona 2000, che ha individuato sette iniziative faro, quattro delle quali rilevanti per la bioeconomia: innovazione, efficienza delle risorse, politiche industriali nella globalizzazione, un’agenda per nuove professioni e posti di lavoro. La tappa successiva è stata lo sviluppo di settori strategici specifici. Da qui si è dipanata una costellazione di programmi interconnessi che hanno erogato i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione.

Nel settennio 2014-2020 la maggior parte dei finanziamenti è provenuta dal programma Horizon 2020 e dai fondi strutturali e di investimento europei (ESIF). Horizon 2020 è lo strumento finanziario per l’attuazione dell’iniziativa faro sull’innovazione, in pratica il programma più ampio e interamente dedicato al finanziamento di attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Può essere combinato con altri strumenti di finanziamento della Ue, ed è anche collegato ad altri programmi che non finanziano direttamente le attività di innovazione e ricerca, ma sostengono le piccole e medie imprese europee. Nel 2014-2020 Horizon ha stanziato 74,8 miliardi di euro. Dagli ESIF sono arrivati 54 miliardi di euro dal bilancio Ue e 637 miliardi con cofinanziamento nazionale. Inoltre, nel 2015 la Commissione europea ha lanciato il Piano di Investimento per l’Europa (noto anche come Piano Juncker) con tre obiettivi: rimuovere gli ostacoli agli investimenti, fornire visibilità e assistenza tecnica ai progetti di investimento, fare un uso più intelligente delle risorse finanziarie. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI) foraggiato dal Piano Juncker ha mobilitato 315 miliardi di investimenti (2014-2017). Vale la pena di citare, infine, il programma InnovFin varato dalla BEI (la Banca per gli investimenti europei): fa sempre parte di Horizon 2020 e contiene una serie di strumenti finanziari e servizi di consulenza per aiutare le imprese innovative ad accedere più facilmente ai finanziamenti.

Secondo stime approssimative, circa il 5,6% di Horizon 2020 ha sostenuto direttamente la bioeconomia e la sua natura trasversale, principalmente operando su tre pilastri: la scienza d’eccellenza, la leadership industriale e le sfide sociali. La biotecnologia industriale, da sola, ha ricevuto 501 milioni. Le azioni per la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile, la ricerca sull’acqua marina e interna e la bioeconomia hanno ottenuto finanziamenti complessivi per 3,7 miliardi di euro: il 28% circa di queste risorse ha sostenuto direttamente la bioeconomia europea. Ma l’indice delle azioni promosse non finisce qui. C’è ad esempio Energia sicura, pulita ed efficiente, una sfida che sostiene, tra l’altro, iniziative in materia di bioenergia come parte della transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio affidabile e accessibile, pubblicamente accettato, sostenibile, competitivo ed efficiente. Un’altra voce riguarda il Trasporto intelligente, ecologico e integrato. Non mancano naturalmente le azioni per il clima, l’ambiente, l’efficienza delle risorse e le materie prime. Questa sfida supporta le attività volte a costruire un’economia e una società che, sotto il profilo delle risorse e dell’acqua, si dimostrino efficienti e resilienti ai cambiamenti climatici. Molteplici, infine, le linee dirette al mondo dell’industria e del lavoro, con finanziamenti a progetti dimostrativi innovativi che sostengano gli obiettivi dell’economia circolare, l’ecoinnovazione e il riutilizzo dei prodotti; con sovvenzioni allo sviluppo tecnologico delle biotecnologie, alla ricerca e innovazione nelle grandi imprese e nelle Pmi, e con un nuovo impulso all’occupazione nei settori della bioeconomia.

 

Se si parla di bioeconomia e imprese europee, è inevitabile soffermarsi sul ruolo del BBI JU, letteralmente: Bio-based Industries Joint Undertaking. Si tratta di un partenariato pubblico-privato istituito nel giugno 2014 come uno dei pilastri della strategia Ue per la bioeconomia, che si pone l'obiettivo di riunire tutte le parti interessate per creare bioindustrie innovative come settore competitivo in Europa. È responsabile dell’attuazione di inviti aperti a presentare proposte, pubblicati su base annuale, e coordina risorse che ammontano a 3,7 miliardi di euro. Gli inviti sono gestiti secondo le norme di Horizon 2020, secondo i princìpi di apertura, trasparenza ed eccellenza. Quest’organismo mira a colmare il divario tra le innovazioni basate sulle biotecnologie e il mercato, stimolando la ricerca e l’innovazione in Europa e integrando gli attori economici lungo l’intera catena del valore nel settore delle bioindustrie.

Il partenariato è costituito da due attori: da un lato la Commissione europea, in rappresentanza delle istituzioni e della sfera pubblica e politica, dall’altro il BIC (Bio-based Industries Consortium), in rappresentanza del settore privato delle imprese. Il BIC è un’organizzazione senza scopo di lucro costituita a Bruxelles nel 2012. I suoi membri coprono l’intera catena del valore biobased e comprendono grandi industrie, Pmi, cluster regionali, università, organizzazioni di ricerca e tecnologia, associazioni di categoria e piattaforme tecnologiche europee. Il BIC, oltre a sostenere i progetti attraverso gli inviti, offre ai suoi membri informazioni sull’accesso ai finanziamenti, nonché prestiti e sovvenzioni da parte di istituzioni dell’Ue. I settori chiave sui quali si concentra l’azione del consorzio riguardano le materie prime (per promuovere un approvvigionamento sostenibile di biomassa con una maggiore produttività e costruire nuove catene di approvvigionamento), l’elaborazione (per ottimizzare la lavorazione attraverso la ricerca e lo sviluppo, dimostrando l’efficienza e la fattibilità economica di progetti di dimostrazione su larga scala e di progetti faro, nonché delle bioraffinerie), i prodotti (lo sviluppo di prodotti biologici innovativi), l’adozione del mercato (per accelerare la diffusione sul mercato di prodotti e applicazioni a base biologica).

Un report pubblicato dal partenariato BBI JU ha fatto il punto sui risultati delle iniziative ad alto impatto per la bioeconomia in Europa nel quinquennio 2014-2019. L’elenco delle iniziative varate è impressionante. 176 milioni di euro destinati a 52 progetti per azioni di ricerca e innovazione. 221 milioni destinati a 29 progetti per azioni dimostrative che includono la realizzazione di impianti di produzione su scala dimostrativa in Europa. 10 milioni di euro per 11 progetti destinati ad azioni di coordinamento e sostegno in modo da affrontare le sfide intersettoriali nella bioeconomia, al fine di accelerare la diffusione sul mercato dei prodotti a base biologica. 195 milioni concessi a 9 progetti faro volti a sostenere le prime bioraffinerie in Europa.

Di questi ultimi fa parte, ad esempio, il progetto First2Run, che ha dato vita a una bioraffineria integrata per la trasformazione di colture provenienti da terreni marginali in oli vegetali a base biologica, i quali potranno essere utilizzati per produrre bioplastiche, cosmetici, additivi e biolubrificanti. Il progetto è stato coordinato da Novamont e si è concluso nel giugno del 2019.

Ma gli obiettivi raggiunti (e superati) dal partenariato non sono finiti, li elenchiamo rapidamente: 113 nuove catene del valore a base biologica previste entro il 2020 (l’obiettivo fissato era di 10); 143 nuove interconnessioni intersettoriali previste entro il 2020 (l’obiettivo era di 36); 147 nuovi materiali a base biologica previsti entro il 2020 (obiettivo: 50); 67 nuovi elementi biochimici da costruzione attesi entro il 2020 (obiettivo: 5); 65 nuovi prodotti a base biologica previsti entro il 2020 (obiettivo: 30).

E, per gli anni a venire, quali sono i traguardi fissati? L’Unione europea, si sa, è un organismo complesso e ad alto tasso di pianificazione. Quanto abbiamo scritto fin qui ne è una prova. Quindi si va avanti con nuovi finanziamenti comunitari per la ricerca e l’innovazione, e si apre una nuova finestra temporale, quella che riguarda gli anni 2021-2027. La Commissione ha proposto una dotazione di bilancio di 100 miliardi di euro, di cui 97,6 miliardi nell'ambito del nuovo Horizon Europe, e 2,4 miliardi per il programma di ricerca e formazione Euratom.

Horizon Europe – promette la Commissione – “si propone come il programma di finanziamento della ricerca e dell’innovazione più ambizioso di sempre. Continuerà a promuovere l’eccellenza scientifica europea attraverso il Consiglio europeo della ricerca e le borse di studio e gli scambi Marie Sklodowska-Curie e si avvarrà della consulenza scientifica, del supporto tecnico e della ricerca specifica del Centro comune di ricerca (JRC). Inoltre, aggiungerà un nuovo livello di ambizione e rafforzerà l’impatto scientifico, economico e sociale dei finanziamenti della Ue”.


La Commissione punta a varare “una nuova generazione di partenariati europei” e a razionalizzare “il numero di partenariati che la Ue co-programma o cofinanzia con partner quali l’industria, la società civile e le fondazioni di finanziamento”, leggiamo sempre nella presentazione istituzionale di Horizon Europe. La finestra Innovazione di InvestEU consentirà di utilizzare prestiti, garanzie, partecipazioni e altri strumenti di mercato per mobilitare gli investimenti pubblici e privati nella ricerca e nell’innovazione. Il pilastro Scienze aperte (25,8 miliardi di euro) sostiene progetti di ricerca di frontiera, finanzia borse di studio e scambi di ricercatori e investe in infrastrutture di ricerca di livello mondiale. Il pilastro Sfide globali e competitività industriale (52,7 miliardi) sostiene direttamente la ricerca relativa alle sfide sociali, rafforza le capacità tecnologiche e industriali. Il pilastro comprende 5 cluster, incluso quello denominato “Food Security, Sustainable Agriculture and Forestry, Marine, Maritime and Inland Water Research and the Bioeconomy”. Infine il pilastro dell’Innovazione aperta (13,5 miliardi) mira a portare l’Europa all’avanguardia nell’innovazione che crea mercato. Ciascuno di questi capitoli convocherà i protagonisti della bioeconomia e della bioindustria a dare il loro rilevante contributo.