È stata un protesta “senza precedenti” per l'unità e la compattezza di tutti i sindacati in India. Alcune fonti parlano di circa 200 milioni di lavoratori che hanno scioperato, aderendo alla mobilitazione proclamata per venerdì 2 agosto da 10 organizzazioni sindacali indiane contro i provvedimenti del governo “Modi 2.0”, l'esecutivo guidato da Narendra Modi, al suo secondo mandato dopo aver vinto le elezioni del 2019 con il Partito Popolare Indiano. A motivare questa azione sono i piani del governo, che puntano – come spiega in una nota la Csi, la confederazione internazionale dei sindacati - a restringere i diritti dei lavoratori. “In nome di una razionalizzazione delle leggi sulle relazioni industriali – scrive il sindacato globale – il governo sta riducendo i diritti e istituzionalizzando il lavoro povero, il tutto nell'interesse delle multinazionali”.

In particolare, i sindacati non hanno digerito l'annuncio da parte del ministro del Lavoro Santosh Gangwar di un nuovo salario minimo di solo 4628 rupie al mese (circa 60 euro), ben al di sotto della proposta della Central Pay Commission (un organismo governativo che in India avanza suggerimenti sulle modifiche della struttura salariale dei lavoratori) che era di 18 mila rupie, mentre i sindacati unitariamente ne chiedevano 20 mila. La scelta del governo si è basata invece sul parere di un “comitato di esperti” del quale però non facevano parte le organizzazioni dei lavoratori.

Ma non è tutto, la scorsa settimana è arrivato in Parlamento il nuovo testo di legge su salute e sicurezza nel lavoro, una legge che rimpiazzerà 13 norme specifiche di settore, solo che – osservano i sindacati – il nuovo testo unico coprirà solo il 10% dei lavoratori indiani.

Con la protesta del 2 agosto il coordinamento delle organizzazioni sindacali indiane – che include Intuc, Hms e Sewa, tutte affiliate alla Csi – ha voluto evidenziare la sua “ferma opposizione e condanna allo smantellamento delle leggi del lavoro, nonostante la contrarietà del movimento dei lavoratori”.

E accanto alla richiesta di un salario minimo più alto, i sindacati indiani chiedono di fermare le privatizzazioni e di creare più lavoro, con migliori condizioni, con l'obiettivo di rilanciare la domanda interna, anziché attirare multinazionali attraverso un abbassamento delle protezioni del lavoro.

“Il movimento sindacale globale sostiene i sindacati indiani nella loro richiesta di democrazia per le lavoratrici e i lavoratori indiani – ha detto Sharan Burrow, segretaria generale della Csi - Noi siamo per la dignità e contro lo sfruttamento e siamo per questo al fianco dei nostri affiliati in India, che si battono per i diritti dei lavoratori in ogni posto di lavoro, per un salario minimo che dia veramente la possibilità di vivere dignitosamente e per un nuovo contratto sociale”.

“Il mondo sta guardando al governo Modi per controllare che non siano oltrepassati i principi fondamentali di giustizia sociale e lavoro dignitoso – ha aggiunto Burrow - La lotta delle nostre sorelle e dei nostri fratelli indiani è anche la nostra lotta”.

Oltre il 90% della forza lavoro in India è ancora impiegata in settori informali. Ma molti di questi lavoratori stanno aderendo alle organizzazioni sindacali per ottenere il riconoscimento dei propri diritti e migliorare le proprie condizioni. “Il governo deve sostenere questo sforzo, ma le sue misure stanno creando invece nuove barriere all'emersione ed erodendo i diritti dei lavoratori nei settori formali e legali – ha concluso Sharan Burrow – Troppe promesse tradite stanno portando le persone a perdere speranza”. (Fab.Ri)