Oscar Camps (nato a Barcellona nel 1963), proprietario di un’impresa di pronto soccorso nel campo dei servizi marittimi, è il fondatore e direttore della Ong catalana Proactiva Open Arms. La sua vita è cambiata nel 2015, quando le immagini del cadavere del piccolo Alan Kurdi, in piena guerra civile in Siria, lo hanno portato a spostarsi nell’isola di Lesbo per contribuire al salvataggio dei profughi nel Mediterraneo. Open Arms ha salvato dalla sua fondazione circa 60 mila persone in mare ed è stata insignita di numerosi premi. Ci mettiamo in comunicazione con Camps per telefono satellitare, perché alla fine di giugno ha deciso di ripartire per la rotta del Mediterraneo centrale, tra la Libia e l’Italia. È il 12 luglio e si trova in mezzo al mare all’altezza di Napoli, diretto verso Lampedusa e la zona Sar. Per il giorno dopo, sabato 13 luglio, a Barcellona Open Arms ha convocato, con l’adesione dell’associazionismo democratico e del sindacato confederale, una manifestazione per denunciare la criminalizzazione delle Ong che salvano vite in mare; il corteo è partito dalla sede del consolato italiano. Domenica 14 luglio, con un messaggio video lanciato dall’imbarcazione, Camps ha ringraziato coloro che sono scesi in piazza: “Gli Stati ci hanno dichiarato guerra, ma è una guerra contro i diritti umani. Se vi avremo vicino, continueremo a difendere il diritto più importante che è il diritto alla vita”.

Rassegna Ma perché si è deciso di far partire la manifestazione di Barcellona dal consolato italiano?

Camps La protesta è nata per la situazione che attualmente si registra nel Mediterraneo con la giudiziarizzazione in corso dell’azione umanitaria. È l’Italia che ha intrapreso azioni legali contro le navi delle Ong: lo ha fatto con noi di Open Arms nel 2018 e ora lo sta facendo con la SeaWatch.

Rassegna Su queste materie la responsabilità europea è grande, ha fiducia nelle nuove istituzioni appena elette?

Camps Non ho molta fiducia nella politica dell’Unione europea e nei politici europei, confido invece nei cittadini europei. È ora che la cittadinanza si mobiliti, siamo in un momento storico. Il gesto di Carola di entrare in porto disobbedendo, o quello di Open Arms che torna in mare con la contrarietà del governo spagnolo, evidenziano un problema che non si sta risolvendo e che riguarda il salvataggio in mare di vite umane e che cosa si debba fare con le persone che fuggono dalla Libia. Tutto quello che sta accadendo rende palese a tutti la politica europea di finanziamento di gruppi armati di Paesi che non rispettano i diritti umani, com’è stato riconosciuto dalle istituzioni internazionali. Ci sono stati 17 mila morti nel Mediterraneo nella passata legislatura e non credo che cambierà nulla senza la pressione della cittadinanza: tocca anche a noi, che siamo una risposta della società civile.

Rassegna “Antes presos que complíces” è lo slogan adottato da Open Arms e ormai famoso in tutto il mondo. Cosa significa?

Camps Significa che se continuano a perseguitare nei tribunali il salvataggio di vite umane, dovranno metterci in prigione. Stanno utilizzando le macchine amministrative per impedire che si salvino delle vite, ma anche la schiavitù un tempo era legale. Nel Mediterraneo centrale, dove si muore, non c’è nessuna operazione di salvataggio, né civile, né militare. Dove siamo noi non c’è nessuno, nessuno che comunica per radio. È come se fossimo nel Triangolo delle Bermude.

Rassegna Parliamo delle multe fino a 900 mila euro decise dal governo spagnolo in caso di salvataggio: cos’è cambiato dall’accoglienza dell’Aquarius?

Camps Questo lo si dovrebbe chiedere al presidente del governo spagnolo, immagino che abbia contato il periodo elettorale che è stato molto lungo tra elezioni politiche, europee e municipali. In questo contesto il governo spagnolo ha deciso di bloccare in porto l’imbarcazione di Open Arms. Non ho idea del perché di queste sanzioni economiche, non c’è alcun decreto, non si è approvato nulla in questo senso; vi è stata una comunicazione amministrativa con una serie di restrizioni, tra cui quella di salvare vite in mare, che non hanno senso e che violano il diritto internazionale. Quello che mi sorprende è che il governo socialista utilizzi lo stesso sistema della destra, agitando la paura.

Rassegna Quindi secondo il governo spagnolo se voi ora salvate vite umane, fate un’azione illegale…

Camps Noi non stiamo facendo salvataggio di vite umane, stiamo navigando in acque internazionali proteggendo la vita e i diritti umani con la nostra presenza: salvare vite non è un obiettivo, è un obbligo di legge. Se ci troveremo in una situazione in cui sia necessario intervenire, lo faremo, perché così dice il diritto internazionale. Agiremo, ma reclameremo anche che agiscano i Paesi che dovrebbero adoperarsi per il soccorso. 

Rassegna Cosa rappresenta secondo lei il gesto di Carola?

Camps Carola, come responsabile della vita delle persone che erano sulla sua imbarcazione, ha valutato che la situazione di pericolo che si stava determinando a bordo rendesse necessario entrare in porto: è impossibile negare l’entrata in porto a una nave in queste condizioni. Quello che ha compiuto Salvini facendo intervenire la Guardia di finanza – non potendo disporre della Guardia costiera, che dipende dal ministero dei Trasporti – per provocare la collisione, detenere la capitana per la manovra di attracco, farla scendere dalla nave e fotografarla ammanettata è orribile.

Rassegna La disobbedienza civile è una pratica politica utile per tenere i porti aperti?

Camps I porti sono sempre aperti, Salvini non ha nessuna autorità per chiuderli. La sua è una campagna di marketing politico. E infatti in questi ultimi mesi sono entrate in porto l’Alan Kurdi e la Mediterranea che avevano salvato vite umane.

Rassegna Nel caso fosse necessario, disobbedirete?

Camps Ma disobbedire a chi e a cosa? Non disobbediremo mai al diritto marittimo, perché è al di sopra di tutto. Se ci sono governi che provano a bloccare l’azione in mare inventando normative al di sotto del diritto marittimo, come fece il governo italiano precedente con il codice di condotta delle Ong, allora le cose cambiano. La protezione della vita umana in mare è al di sopra di qualunque decreto, di qualunque governo e di qualunque manipolazione si voglia fare. Salvare persone che fuggono dalla guerra è un obbligo. Vogliono perseguitarci giudiziariamente, colpirci economicamente per impedirci di operare. E utilizzano la paura per questo. Può darsi che in questo decennio salvare vite umane in mare sia considerato un delitto, ma col tempo questa idea sarà considerata una vergogna, come fu la schiavitù e come fu l’olocausto. Perciò meglio prigionieri che complici: non contribuiremo a questa strage.