Il voto del 26 maggio ci consegna un'Europa diversa, con l'avanzata di alcune forze e la caduta di altre, ma si tratta di un risultato complesso, da leggere evitando semplificazioni e con una lente globale, uscendo dal recinto dei singoli Paesi. C'è un punto fermo: l'affermazione della destra. Ma c'è anche, soprattutto, la necessità di capire cosa è successo e cosa avverrà domani. Ne abbiamo parlato con Mario Pianta, docente di Politica economica alla Normale, dipartimento di Scienze politico sociali di Firenze, che a urne chiuse ha già disegnato sull’argomento uno scenario su Sbilanciamoci dal titolo "Il blocco di destra".

Rassegna Il Parlamento europeo è stato ridisegnato dalle elezioni di domenica. A mente più fredda, come giudica l'esito del voto?

Pianta I risultati sono articolati. C'è una caduta delle forze popolari e socialdemocratiche, quelle che hanno governato la Commissione europea per decenni, e c'è una caduta del piccolo gruppo della sinistra, che perde una decina di seggi. Allo stesso tempo avanzano i gruppi di destra basati su elementi nazionalistici, e insieme fanno passi avanti liberali e verdi. Il quadro è molto frammentato. Prima di tutto va detto che il partito di Salvini al 34% in Italia è un fenomeno isolato, troviamo una situazione analoga solo in Ungheria e Polonia. Per gli altri Stati lo scenario è diverso: in Francia il partito di Marine Le Pen era già predominante in passato, ma viene di fatto neutralizzato dalle regole politiche nazionali. Quella che esce dalle urne è una destra sfrangiata: forte in Italia e Francia, ma con diverse capacità di impatto reale sulla politica dell'Unione europea.

Rassegna Eccoci a un punto: in che misura le destre potranno pesare a Bruxelles?

Pianta La possibilità di influenzare la Commissione sarà limitata. Le destre non hanno una strategia univoca: Ungheria e Polonia sono governi nazionalisti ostili all'Unione, l'Italia intende tutelare i propri interessi e contrattare sulla spesa pubblica, ma trova le destre del Nord Europa che non vogliono concedere lo sforamento del tetto. Insomma, è una destra europea senza agenda comune. L'impatto, naturalmente, dipenderà molto dal comportamento delle altre forze: se saranno unite contro la deriva di destra e si apriranno a spinte di riforma interna allora potranno intercettare un consenso, al contrario se Bruxelles resterà immobile lo spazio per la destra diventerà sempre più ampio.

Rassegna Lei non parla di sovranisti o populisti, ma usa sempre il termine "destra".

Pianta Esatto. I partiti che avanzano sono un blocco di destra. Hanno un'ideologia tipica della destra estrema, ottengono spazio per posizioni che pochi anni fa erano considerate radicali, usano toni razzisti e nazionalisti. Non è populismo, dunque, ma si tratta proprio di estrema destra: uno schieramento con una precisa ideologia di riferimento, che ha continuità nel tempo e mette radici nella storia più tragica dell'Europa. Dietro c'è un sistema di pensiero: mettere gli italiani contro gli stranieri è la declinazione di un discorso sull'identità reazionario e conservatore. Tutti elementi, appunto, della destra e non del populismo: poi quei partiti alcuni elementi populisti li hanno utilizzati, ma come mezzo per arrivare ad altro.

Rassegna Qual è invece, a suo avviso, il percorso dei populisti?

Pianta Veniamo da trent'anni di impoverimento del 90% dei cittadini, nella Ue c'è stato un aumento delle diseguaglianze e la politica ha agito su misura delle élite, lasciando scoperta la parte più fragile della società. Dopo gli anni dell'austerità si è creato quindi lo spazio per una rivendicazione generica dei diritti dei deboli: da qui sono nati fenomeni come il Movimento 5 Stelle, Podemos e lo schieramento della Brexit, che tra loro sono molto diversi per cultura, valori e capacità organizzative. Podemos si è posizionato a sinistra, il M5S ha stimolato un sentimento anticasta dal basso attraverso la democrazia diretta, la Brexit ha predicato il ritorno a un presunto "modello britannico" – mai esistito – in grado di sconfiggere la povertà. Sono tutti populisti in modo diverso: e così il populismo è servito per parlare agli elettori delle fasce marginali, ipotizzando una riscossa dei poveri contro i ricchi, ma anch'esso non è stato omogeneo e si è espresso in forme e progetti differenti. In Italia la Lega ha raccolto elementi populisti per rivolgersi ad alcuni segmenti come il Nord, la classe operaia, i lavoratori autonomi. Quota 100 è l'esempio perfetto di questa strategia. Ma la Lega, come detto, non va inclusa nel fronte dei populisti perché ha un'agenda di destra estrema. C'è anche un altro dato che emerge dal voto: l'equivoco dei populisti non di destra viene spazzato via. In tal senso l'emorragia di deputati di Podemos rappresenta bene l'incapacità tipica dei populisti di trasformarsi da gesto di protesta in soggetto istituzionale, capace di dialogare con i governi o farne parte.

Rassegna Qual è stato il peccato più grave dei partiti di centrosinistra? E il risultato europeo dei verdi può indicare una strada percorribile?

Pianta Il problema centrale della socialdemocrazia è stata l'incapacità di scegliere tra le élite e le classi lavoratrici, la difesa del welfare, il rapporto con i sindacati. La difficoltà di decidere tra "alto" e "basso" ha paralizzato la sinistra. Negli ultimi tre decenni quei partiti hanno sostenuto politiche neoliberiste e spezzato il rapporto con i lavoratori. Ma in politica il vuoto non esiste: se si abbandona una parte della società questa va in un'altra direzione, segue una logica diversa. Quanto ai verdi, al centro del loro discorso c'è il cambiamento climatico: la dimensione ambientale è già in sé anti-sovranista, è globale e mette in discussione il modello di sviluppo attuale. I verdi chiedono un cambiamento della politica economica e sociale, ma non passano per l'ideologia classica della sinistra: ora bisogna vedere cosa fanno, come si organizzano, quale dimensione saranno in grado di darsi.