Nel 2017, in Francia, il 3,8 per cento delle persone che lavorano ha dichiarato di aver pensato di togliersi la vita nel corso dei 12 mesi precedenti. Lo rivelano i risultati di un’indagine pubblicata nel Bollettino epidemiologico della sanità pubblica francese, che consente di misurare l’impatto delle condizioni di lavoro sull’intenzione di suicidarsi, dichiarata dal 4,5 per cento delle donne e dal 3,1 degli uomini intervistati nello studio. In più di un terzo di questi casi le condizioni in cui si lavora sono indicate quali motivo che porta al pensiero di privarsi della vita. Il fattore più importante è la paura di perdere l’impiego, seguito dalle minacce verbali, le umiliazioni e le intimidazioni sul lavoro.

Questi dati sono stati raccolti tramite intervista a più di 14 mila persone tra i 18 e i 75 anni d’età. Gli intenti suicidi sono più frequenti tra i lavoratori autonomi (4,32%) che tra i dipendenti (2,85%). Fra le donne, le operaie sono più numerose (5,13 %) delle impiegate (4,84%), mentre la percentuale scende a 3,91 per quelle con qualifica di quadro. Circa gli uomini, la percentuale più elevata comprende gli artigiani, i commercianti e i dirigenti d’impresa (3,6%), seguiti dagli agricoltori (3,49%) e dagli operai (3,01%). La frequenza più bassa appartiene ai quadri (2,62%). Dal punto di vista di settore, l’alberghiero e la ristorazione sono in testa, con il 6,8%, seguiti dalle professioni artistiche e dello spettacolo, dall’insegnamento, dalla sanità e dall’assistenza sociale. La correlazione con la posizione sociale appare in modo evidente: i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 1.500 euro al mese sono esposti a intenzioni suicide quasi due volte di più di coloro che hanno un reddito maggiore.

Dai fatti di cronaca si apprende che le intenzioni di suicidio si risolvono talvolta in atti concreti. Il 22 aprile scorso il quotidiano Le Monde pubblicava in prima pagina un articolo sull’emergenza dei suicidi nella polizia, ove si sono contati 28 casi dall’inizio dell’anno. Questi dati indicano un aggravamento considerevole della situazione. Secondo il ricercatore Sébastien Roché, del Centro nazionale della ricerca scientifica, le autorità non conducono indagini sistematiche sulle cause del fenomeno, perché “non c’è alcuna volontà di comprendere”, ha affermato. Un’ipotesi può essere la crescita delle tensioni sociali, il faccia a faccia con la popolazione da parte della polizia e il suo ruolo nella repressione del movimento dei gilet gialli.

Da parte sua, lo scorso aprile, l’Unione sindacale Solidaires ha lanciato una campagna con l’obiettivo di disegnare una mappa geografica dei suicidi causati dal lavoro, costruita attraverso le denunce degli attivisti e dei lavoratori (https://vimeo.com/330227580).