Nell’ultima settimana abbiamo assistito a un terremoto nell’universo delle criptovalute. La principale, il Bitcoin ha perso il 17% rispetto a una settimana fa e vale ora la metà di quanto valeva la scorsa estate. Soprattutto, per la prima volta nella sua storia ha rischiato di scendere sotto il minimo dell’anno precedente. Negli ultimi sette giorni, anche Ethereum è sceso del 25%. Più in generale, l’intero cripto-mercato (1,3 trilioni di dollari di valore a livello mondiale) è calato in 24 ore di 200 miliardi, e del 60% rispetto ai massimi del novembre scorso.

In questa situazione generale di crisi, c’è in particolare in progetto legato alla blockchain Terra, - nato nel 2020 da un’idea del sudcoreno Do Kwon – che si è improvvisamente annichilito, mentre le due criptovalute che ne facevano da pilastro sono crollate in maniera irrimediabile, mandando sul lastrico un numero imprecisato di investitori accecati dalle promesse di facili guadagni, determinando le difficoltà delle altre criptovalute e mettendo a nudo i limiti di un sistema che secondo alcuni avrebbe rivoluzionato l’idea stessa di moneta.

Per comprendere l’entità del disastro che ha travolto il progetto si pensi che la sua capitalizzazione di mercato aveva toccato nel recente passato i 60 miliardi di dollari. Non solo: Terra era considerato tra i più quotati e innovativi progetti del settore DeFi (finanza decentralizzata).

Delle due criptovalute alla base di questo progetto, la prima è TerraUSD, una stablecoin legata al dollaro e che quindi per la definizione stessa di stablecoin non dovrebbe subire fluttuazioni ed essere sempre scambiabile per un dollaro. In questo momento (16 maggio 2022) essa vale invece solo 7,6 centesimi di dollaro; la seconda, Luna, è passata dai massimi di 120 dollari di due mesi fa a valere, oggi, frazioni di centesimo. Il sistema delle due criptovalute, quindi, si ritrova a essere letteralmente polverizzato.

Ogni stablecoin è progettata per avere un valore fisso, di solito ancorato al dollaro o all’euro, e viene in genere utilizzata come passaggio intermedio nel cambio tra criptovalute e denaro di corso legale (e viceversa), oltre ad assolvere la funzione di “bene rifugio” temporaneo in caso di fluttuazioni del mercato o quando un criptotrader vuole “prendersi una pausa” senza incassare. Le più importanti stablecoin – come Tether (Usdt) o Usd Coin (Usdc) – mantengono fisso il loro valore grazie alla presenza di riserve economiche (depositi liquidi, obbligazioni ecc) equivalenti al valore in circolazione, anche se in questi giorni è venuto alla luce con maggior chiarezza che, ad esempio, gli 83 miliardi di dollari di “riserva” di Tether sono depositati presso una società con sede a Lugano che non possiede bilanci certificati. Ed è stato interessante analizzare dichiarazioni e azioni del Cto (Chief Technology Officer) di Tether che, interpretando il ruolo tipico di un banchiere centrale, si è impegnato a vendere titoli di stato americani al fine di permettere che chiunque chiedesse il cambio di un Usdt per un dollaro fosse soddisfatto nonostante le quotazioni dello stesso sulle piattaforme di trading fossero scese a 0,95 dollari.

A differenza di Usdt e Usdc, Terra è invece una stablecoin algoritmica, che utilizza un complesso sistema per assicurare che il valore non fluttui. Terra si assicura la parità con il dollaro facendo gestire le fluttuazioni a un algoritmo che ne controlla il prezzo manipolando l’emissione delle monete stesse. Quando il prezzo sale, l’algoritmo produce nuove monete per farlo scendere; quando scende distrugge quelle necessarie (in suo possesso) per farlo risalire.

Questa condizione di equilibrio di TerraUSD è mantenuta anche grazie anche all’azione della seconda creatura del sistema: Luna, criptovaluta non legata a nessun valore ma libera di apprezzarsi e deprezzarsi (come il più famoso Bitcoin). Gli investitori possono infatti sempre scambiare un TerraUSD per un dollaro di valore di Luna. Nel momento in cui avviene questo scambio, una nuova frazione di Luna viene creata mentre un TerraUSD viene distrutto, e viceversa. In questo modo l’incentivo a scambiare TerraUSD con Luna nel momento in cui uno dei due si deprezza mantiene (anzi, manteneva) in equilibrio il sistema.

Il progetto del sistema Terra-Luna doveva gran parte del suo successo anche ad un meccanismo di prestiti il quale si affidava alla crescita del valore di Luna e della capitalizzazione della società per assicurare, attraverso il sistema denominato Anchor, un interesse annuale pari al 20%, una sorta di assicurazione di guadagno in cui il “banco” beneficiava della crescita ulteriore di valore. Ed era su questo protocollo che erano custoditi 14 miliardi dei 18 complessivi di TerraUSD in circolazione. In fondo tale meccanismo non differisce molto da quelle società (Tech, shopping on line, mobilità ecc.) che si sono rette per anni sull’incremento del valore delle equity nonostante bilanci in rosso, e che attraverso questa possibilità di ammortizzare le perdite hanno tentato di diventare monopolisti globali del loro settore.

Tuttavia, nella scorsa settimana i depositi di Anchor hanno cominciato a essere ritirati, probabilmente da qualche grande fondo (le cosiddette Whales, ovvero balene, i giganti della criptofinanza), lanciando una rincorsa che ha portato i depositi in Anchor da 14 a 3 miliardi di TerraUSD.

In questa situazione l’algoritmo progettato per mantenere il prezzo fisso non è riuscito a reagire: il 10 maggio, il valore di TerraUSD è sceso a 70 centesimi. I fondatori di Terra hanno subito cercato risorse economiche per mantenerlo in vita, ma il giorno successivo esso è calato ancora a 33 centesimi fino ad atterrare a prezzi vicini allo zero.

A causa della relazione tra le due criptovalute, vi è stata un’immediata crescita di vendite di Luna, ormai in una sorta di “corsa agli sportelli”, alla fine della quale anche il valore della criptovaluta gemella è arrivato a sfiorare lo zero. Purtroppo in momenti come questi gli investitori più grandi vengono in possesso delle informazioni molto prima dei piccoli investitori e dei lavoratori che si sono imbarcati in simili progetti seguendo la promessa di guadagni facili. E sono infatti questi ultimi ad aver venduto per ultimi e accumulato le maggiori perdite relative.

Per salvare il progetto la società proprietaria ha venduto tutta una serie di asset, tra cui Bitcoin, determinando il crollo del valore anche di quest’ultimo, guidato verso il suo minimo anche da uno shock di fiducia nei confronti della DeFi in generale. Alle 18 e 14 del 12 maggio, il profilo Twitter ufficiale di Terra ha comunicato l’interruzione delle operazioni sulla blockchain e la volontà di individuare un piano per la sua ricostituzione mentre nei canali Reddit degli investitori si susseguivano segnalazioni di blocco delle vendite su tutte le piattaforme di trading, richieste di aiuto, disperazione di chi aveva convinto parenti e amici a investire i risparmi di una vita nel progetto, lettere d’addio di prossimi suicidi. Le tristi e purtroppo comuni scene del fallimento di uno schema Ponzi o dello scoppio di una bolla finanziaria.

Data l’importanza del soggetto in questione il crollo del sistema Terra-Luna rischia di essere un brutto colpo per il mondo delle criptovalute e della DeFi. È per questo che il brusco calo del valore delle criptomonete, anche di quelle finora considerate, per diversi motivi, più affidabili (Bitcoin ed Ethereum) rischia di non essere un calo ciclico, di quelli che le esse affrontano con cadenza semestrale e annuale e che nel corso degli ultimi anni hanno portato sempre a toccare minimi e massimi più elevati rispetto al ciclo precedente, ma un bear market (“mercato orso”, ovvero una progressiva diminuzione del valore degli asset e delle aspettative degli investitori in merito a una ripresa in tempi brevi) prolungato e dagli esiti non prevedibili.

In primo luogo perché, come detto, questa vicenda è la prima dimostrazione su vasta scala dei “piedi d’argilla” di questi giganti. Inoltre sembra essersi rafforzata la correlazione tra le perdite del Nasdaq e i destini dei criptoassets, a dimostrazione che grandi fondi d’investimento sono intervenuti a determinare il destino di questi strumenti. Questo secondo elemento ha come corollario la fine dell’illusione della funzione di scambio delle criptovalute, ormai stabilmente utilizzate come investimento ad alta volatilità e utilizzate invece come moneta esclusivamente in transazioni residuali, dimostrative o più spesso illegali.

Vi è da aggiungere, poi, che la crescita esponenziale del valore di questi asset ha certamente beneficiato dell’espansione monetaria decisa dalle banche centrali per contrastare le crisi economiche prima e pandemica poi. La progressiva restrizione e gli annunciati rialzi dei tassi sulle due sponde dell’atlantico potrebbero essere un elemento determinante alla fine di queste “cavalcate”.

Warren Buffet, detto “l’oracolo di Omaha” e famoso per aver indovinato gran parte delle previsioni su guadagni e perdite di diverse imprese e investimenti finanziari ha di recente dichiarato, in merito ai Bitcoin: “Se aumenterà o diminuirà il prossimo anno, tra 5 o 10 anni, non lo so. Ma l'unica cosa di cui sono abbastanza sicuro è che non produce nulla”.

A prescindere dal rischio di perdite e dalle opportunità di guadagno di un prodotto così volatile, è bene sapere che, a differenza della finanza tradizionale (non certo immune da difetti) l’investimento in criptoassets non è minimamente destinato a poter ricadere nell’economia reale, è scarsamente regolamentato, e non è legato a nessun valore che non sia esso stesso e l’aspettativa che il mercato vi ripone. Per tale motivo, anche a seguito di questa importante caduta di valore, anomala rispetto ai normali cicli, dobbiamo tener presente che il domani non è scritto, ed effettivamente questi strumenti potrebbero tornare a crescere di valore ed essere comunque importanti asset in futuro.

Quello che ci sentiamo di escludere, tuttavia, è che sia vera la promessa delle criptovalute come strumento libero e democratico di pagamento e di accumulo di valore. Non essere legati a una banca centrale, è vero, svincola dalla politica istituzionale, ma pone il sistema nelle mani di pochi speculatori e di un numero ancora inferiore di “padroni del vapore” che accumulano grandi ricchezze quando le cose vanno bene e scaricano le perdite sui più deboli quando vanno male. Nulla di nuovo, altro che rivoluzione.