Certo i mercati non solo il Vangelo, ma a osservarli sembra proprio che il piano industriale presentato dall’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola, anche a loro non piaccia. Nelle ultime tre sedute di borsa il titolo dell’ex monopolista ha bruciato un terzo del valore del gruppo. La logica dello spezzatino sembra proprio non pagare. Lo sostengono da tempo i sindacati e oggi lo cominciano a ipotizzare anche diversi osservatori. “Basta guardare la reazione dei mercati di queste ore, la fuga degli azionisti da Tim, dove il titolo ha drammaticamente toccato i minimi storici, per capire che nessuno crede che questo progetto sia teso al rilancio del Gruppo Tim e all'aumento del suo valore”, affermano Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil.

Cerchiamo di capire meglio che cosa si profila all’orizzonte di quello che è, ancora per poco si teme, il più consistente gruppo di Tlc del nostro Paese.

“Con la presentazione del Piano di impresa 2022/2024 i vertici del gruppo Tim hanno definitivamente scelto di imboccare la strada della demolizione del gruppo Sip-Telecom, oggi Tim, erede dell’ex monopolista”, affermano le organizzazioni sindacali osservando la decisione di smembrare la società in due. Due per il momento: quella che si occuperà della rete e quella che gestirà i servizi e che sarà la più consistente. Nella “pancia” di quest’ultima, di fatto, ci saranno 28 milioni di clienti, a partire dal mercato dei grandi clienti "Enterprise - Top e Business", “Consumer - Retail e Small-Medium”, la “Telefonia mobile”, tutta la gestione e sviluppo del cloud, a partire dal progetto del "cloud nazionale", “l’Iot - Internet delle cose" con i progetti di smart cities, la “cyber security” e Tim Brasil.

La società della rete, se davvero l’infrastrutturazione del Paese si realizzerà entro il 2026 grazie ai fondi del Pnrr, dal 2027 avrà solo il compito di manutenere la rete e i lavoratori e le lavoratrici. Si dice che tra 25 e 30 mila saranno confluiti, ma che fine faranno? Non solo: a costruire la rete c’è e ci sarà anche OperFiber, a forte partecipazione pubblica, e quindi i rischi aumentano.

Non è tutto. “Questa impostazione – affermano con forza Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil - di fatto non garantisce in alcun modo che si sviluppi in maniera omogenea e inclusiva una rete ad alta velocità, un'infrastruttura univoca che possa dare un servizio paritetico all’intero Paese senza disuguaglianze geografiche e territoriali”.

Tutto ciò potrà accadere perché l'implementazione dell'intelligenza della rete sarà lasciata di fatto al libero mercato e alla convenienza che i competitor avranno nel portare servizi innovativi esclusivamente nelle aree profittevoli, a discapito di quelle dove l’investimento non è commercialmente appropriato”.

A leggere il piano industriale ci si domanda a chi giova tutto questo. Certo non a lavoratori e lavoratrici, ma neanche agli interessi generali del Paese che avrebbe, invece, bisogno di un campione nazionale per costruire bene e presto la rete unica che serve davvero. E allora dicono i sindacati: “Siamo di fronte a un tentativo neanche camuffato di socializzazione delle perdite e privatizzazione degli utili con annessi e conseguenti danni alle lavoratrici e ai lavoratori, che pagheranno pesantemente i costi delle scarsissime prospettive industriali di questo progetto. Al Paese si accolleranno i costi del debito di Tim senza avere un ritorno in termini di miglioramento dell'infrastruttura e non avendo assolutamente chiaro cosa avverrà per preservare, dati e apparati, legati alla sicurezza nazionale fondamentale in questo drammatico e tremendo periodo”.

Non pago di tutto ciò, l’amministratore delegato ha inviato un video messaggio ai dipendenti sollecitandoli a non farsi prendere da panico e, invece, “a stringersi a corte” e remare tutti nella stessa direzione. Come se finora lavoratori e lavoratrici non avessero fatto gli interessi dell’azienda. Le organizzazioni sindacali non hanno affatto gradito: “Di certo non aiuta l’ultimo videomessaggio dell’ad Labriola che prova a rassicurare le lavoratrici e i lavoratori evidenziando quali dovrebbero essere i “giusti” atteggiamenti, comportamentali e di pensiero, da mettere in atto in questo delicato momento. Un arduo esercizio realizzarlo in un mondo globalizzato dove, tra l’altro, le molteplici fughe di notizie date in pasto alla stampa, non arrivano certo da noi. Per le altre esternazioni ci preme sottolineare che i lavoratori hanno da sempre seguito e applicato le indicazioni dei vari dirigenti passati e attuali, a noi è chiarissimo che il cliente è centrale. Lo abbiamo dimostrato nelle tante riunioni e commissioni nelle quali il sindacato confederale si è 'sgolato', non solo di dirlo ma anche di proporre correttivi migliorativi. Non è certo con l’invito di stringersi a corte ai dipendenti, che non hanno mai fatto mancare il loro apporto che si risolveranno i problemi del gruppo Tim, che oggi più che ieri, appaiono strutturali e non certo motivazionali”.

Insomma, le più fosche previsioni che Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil avevano paventato dopo i primi incontri con Labriola si stanno purtroppo confermando. Per questa ragione hanno deciso di incontrare le diverse forze politiche per illustrare loro preoccupazioni che riguardano certo i dipendenti, ma innanzitutto il futuro del Paese e il diritto di cittadinanza alla connessione. Chi continua a tacere, inspiegabilmente, è il governo, tanto da far porre la domanda quali siano e di chi interessi sottesi. In ogni caso Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil non demordono: “Non c'è altra strada che continuare con forza e determinazione, a ogni livello, il lavoro di sensibilizzazione sullo scempio che si sta compiendo. Gli azionisti e i vertici aziendali devono avere ben chiaro che in questi anni le lavoratrici e i lavoratori hanno fatto molti sacrifici perché hanno creduto ad un progetto di rilancio e sviluppo del gruppo che aveva una prospettiva chiara: guida alla digitalizzazione del Paese e garanzie per i lavoratori”.

“Resta in piedi ogni forma di mobilitazione - aggiungono -, sia a livello territoriale che nazionale, percorrendo anche l’apertura di nuove procedure per lo sciopero in modo da essere tempestivi nel rispondere ad iniziative aziendali che potrebbero avere forti ripercussioni sulle lavoratrici e lavoratori. La vertenza è lunga e piena di incognite, questo piano prevede il taglio dei costi che sicuramente impatteranno anche sull’occupazione e sulle condizioni dei lavoratori".

"Allora lo vogliamo dire con chiarezza, rispetto a un piano industriale che distrugge definitivamente l'ex monopolista: le lavoratrici ed i lavoratori di Tim, congiuntamente con i loro rappresentanti sindacali confederali non saranno disponibili ad alcun altro sacrificio”.