L’appuntamento è fissato da tempo: domani (venerdì 19 febbraio) le commissioni Finanza di Camera e Senato ascolteranno le proposte che le tre confederazioni hanno elaborato per rendere il sistema fiscale del nostro Paese più efficiente ed efficace e maggiormente corrispondente ai dettami costituzionali. Tasse troppo alte, concentrate sui redditi da lavoro dipendente e pensioni, evasione ed elusione alle stelle. Alcuni dei problemi di cui si parla da tempo, ma che ora è proprio arrivato il momento di affrontare. Ce lo chiede l’Europa: la riforma del fisco, infatti, è tra quelle previste per accompagnare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo prevede il programma del nuovo governo. Mario Draghi, nel suo intervento per la fiducia, ha infatti affermato: “Serve una riforma del fisco, ma complessiva. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”.

Cgil, Cisl e Uil si presenteranno in Parlamento con una piattaforma “complessiva” e unitaria.

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Secondo Giulio Romani, segretario confederale della Cisl: “Dobbiamo fare una riforma di tutto il sistema fiscale che parta dalla progressività ma soprattutto dal recupero dell’evasione fiscale. Si può costruire equità solo partendo dal contrasto vero e forte all’evasione”. Come fare allora per affrontare in maniera risoluta una questione che affligge il nostro Paese da anni? L’opinione di Domenico Proietti, segretario nazionale della Uil, è che “l’esperienza di questi decenni ci dimostra che se non si compie una svolta epocale nella lotta all’evasione nessuna riforma fiscale è possibile perché sarebbe inefficace. Nella piattaforma unitaria abbiamo affermato con molta chiarezza che occorre realizzare questa svolta che presuppone, però, una forte volontà politica. Bisogna creare una struttura che faccia accertamenti e controlli mirati, bisogna incrociare tutte le banche dati, è necessario estendere il sostituto di imposta anche a molti settori privati perché questo permetterebbe di contrastare fortemente l’evasione dell’Iva. È indispensabile rafforzare la tracciabilità del contante e di tutti i pagamenti. Questa nostra visione del fisco non è una visione oppressiva, non vogliamo uno Stato poliziotto. Vogliamo uno Stato equo, a tal punto che contemporaneamente proponiamo di elevare a rango costituzionale lo Statuto dei diritti del contribuente, perché pensiamo a un fisco semplice e trasparente in cui i cittadini sia trattati come tali e non come sudditi”. “Però, conclude Proietti, non possiamo più nascondere il fatto che più di un terzo degli italiani non fa il proprio dovere con il fisco. Questo, oltre che essere un danno economico, è un vulnus all’idea di democrazia. Nelle democrazie occidentali si accede ai diritti di cittadinanza se si fa il proprio dovere con il fisco. La lotta all’evasione per noi è il punto fondamentale dal quale partire”.

Ovviamente la lotta all’evasione è indispensabile ma non basta. Dice ancora Giulio Romani: “Ci sono molte questioni da affrontare dalle tax expeditures all’imposizione locale ma occorre affrontare la questione in maniera complessiva a partire, appunto, dalla riduzione dell’evasione”. Secondo Gianna Fracassi, segretaria confederale della Cgil: “Oggi, se si vuole fare una riforma dell’Irpef, necessariamente occorre intervenire sulle basi imponibili. È necessario, cioè, allargare l’oggetto del prelievo. Questo significa rivedere la composizione del reddito, prima ancora che le aliquote. Insomma, base imponibile e revisione delle aliquote sono due questioni connesse e se non si interviene su di loro non si recupera quell’idea di progressività affermata in Costituzione. Ad esempio, gli autonomi in regime di flat tax hanno un prelievo del 15% del reddito a prescindere dalla base imponibile, questo è il contrario di progressività. Come contrario alla progressività è che possa capitare che i redditi più alti abbiano, quando non sono tassati in Irpef, la stessa aliquota media di quelli più bassi. Intervenire sulla base imponibile, quindi, significa da un lato rivedere alcuni interventi che nel corso degli anni hanno appiattito la modalità di prelievo, dall’altro ragionare di quali devono essere gli oggetti dell’imposizione. Oggi l’Irpef è sostanzialmente un'imposizione solo su stipendi e pensioni. Questa è una delle ragioni per la quale la stragrande percentuale di gettito deriva da lavoratori dipendenti e pensionati. Per tornare a un'idea un po’ più composita dell’oggetto dell’imposizione occorre rivedere anche la base imponibile comprendendo non solo il salario ma anche i frutti dei patrimoni".

Alla base della riforma pensata negli anni Sessanta e poi realizzata nei Settanta del secolo scorso c’erano due principi costituzionali, equità e progressività. Nel corso degli anni e a causa di interventi parziali che si sono via via sovrapposti, questi due principi si sono stemperati. Per tornare a quei capisaldi della Carta, oltre all’allargamento della base imponibile, secondo la vice segretaria di Corso d’Italia: “Innanzitutto occorre che l’intervento di riforma non si focalizzi solo sull’Irpef. Faccio questa puntualizzazione perché non vorremmo che la riforma fiscale, ampiamente annunciata anche nel Pnrr, si riducesse esclusivamente ad aggiustamenti solo in questo ambito. È necessario rivedere imposte dirette e indirette e tutta la pletora di incentivi e sussidi di natura fiscale che si sono sovrapposti nel corso degli anni. Poi, per garantire che il sistema contrasti le diseguaglianze di natura fiscale è necessario fare una riflessione seria sulla distribuzione della ricchezza. È evidente che, per altro segnalato anche dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio parlamentare di Bilancio o dalla Corte dei Conti, esiste una questione di diseguaglianza e di distribuzione della ricchezza che si è ampliato con la pandemia. Senza evocazioni che in Italia, diversamente che in altri Paesi europei, fanno immediatamente alzare barricate, il tema della riduzione delle diseguaglianze attraverso la redistribuzione della ricchezza dobbiamo porcelo. È o non è questione che attiene alla coesione sociale una tassazione delle ricchezze fatta in maniera progressiva piuttosto che semplicemente proporzionale? Lo è o non lo è una revisione complessiva delle imposte sulla ricchezza, già presenti nel nostro ordinamento, in senso -appunto - redistributivo e progressivo? Io penso che questa sia una questione su cui riflettere, - conclude Fracassi - e il fatto che insieme a noi lo dicano altre istituzioni mi rafforza nell’idea che dobbiamo cogliere questa opportunità che ci arriva dall’Europa per restituire equità al sistema e ridurre le diseguaglianze”.

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