La nostra è una realtà di quasi 50 mila abitanti tra Taranto, Brindisi e Bari. L’offerta architettonica e culturale è indubbia, possiamo vantare uno dei barocchi più belli del Paese, così come la nostra produzione agricola è fonte di ricchezza per il territorio. Ma non ci accontentiamo, la nostra economia è fondata anche su un tessuto di produzioni tessili rinomate e di altissima qualità. Vogliamo crescere ancora.

Le aziende di questo territorio hanno un livello produttivo qualitativamente eccellente e garantiscono il mantenimento di elevati livelli occupazionali, nonostante la difficoltà del momento legata al labour intensive. Consentire a queste aziende di continuare a crescere, occupando considerevoli quote di mercato all’estero, dovrebbe essere un obiettivo del nostro sistema Paese, atteso che l’intero settore fattura complessivamente oltre 95 miliardi di euro.

Per crescere, occorre essere competitivi e la competitività viene anche conferita da giuste condizioni di contesto. Il rilancio della economia di un territorio è possibile e verosimile solo partendo dai punti di forza del territorio stesso, ossia il Made in Italy, che non è una semplice denominazione di origine ma un valore riconosciuto in tutto il mondo, risultato delle competenze e delle professionalità italiane in grado di creare il bello, di unire sapiente manualità, buon gusto, tradizione e innovazione.

La moda è uno dei settori portanti della economia italiana e pugliese. Produzioni di grande qualità che rendono riconoscibile – agli occhi del mondo intero – il Made in Italy.

Appare perciò evidente che occorra concentrare energie e sforzi in questa direzione. A tale proposito è emersa, altresì, la forte incidenza - per questo settore - della dinamica delle esportazioni che possono fare ”in maniera assoluta” la differenza in termini di tenuta dell’intero comparto, soprattutto se guardiamo alle prospettive future che ci consegnano previsioni orientate al permanere di una bassa domanda interna ed a mercati internazionali in profonda evoluzione, legati essenzialmente alla disciplina del made in Italy in sede comunitaria.

La normativa europea, ad oggi, consente la possibilità – per un prodotto – di fregiarsi della dicitura Made in Italy se solo due delle fasi di lavorazione (disegno, progettazione, lavorazione e confezionamento) vengono svolte in Italia, con la possibilità di trasferire all’estero fasi sostanziali della produzione e determinare un significativo impoverimento del territorio, in termini di occupazione e di ricchezza prodotta. Le nostre aziende sostengono con forza e sacrificio l’importanza di realizzare interamente in Italia il prodotto. Purtroppo, a fronte di questo impegno delle imprese, come è noto, non vi è ancora un riconoscimento normativo a livello europeo.

È per questa ragione che pensiamo sia utile e importante considerare le aspettative delle imprese più strutturate, che svolgono un ruolo di aziende motrici del comparto, che hanno investito sui marchi e sui processi di organizzazione aziendale e innovazione creativa, nonché sulla importanza della formazione, attestata proprio nelle scorse settimane dalla assegnazione, per questo territorio, dell’ITS in Scienze e Tecnologie della Moda. La tutela del Made in Italy, con una premialità per le aziende che investono sul territorio, consentirebbe dunque il mantenimento e l’implementazione degli attuali livelli occupazionali, in alternativa alla mera ipotesi di sospensione quinquennale dei contributi sul costo del lavoro.

In merito, le imprese del settore tessile abbigliamento ritengono sia opportuno soffermarci su una serie di misure di natura fiscale che potrebbero agevolare la piena ripresa delle attività produttive e manifatturiere del made in Italy sul territorio. In particolare, tali misure potrebbero svilupparsi lungo due direttrici: la prima prevederebbe l’applicazione di agevolazioni fiscali in favore delle imprese che implementino totalmente la propria produzione in Italia, garantendo il vero made in Italy sul territorio (ad esempio, un credito di imposta per ogni lavoratore confermato e/o assunto dall’azienda). La seconda serie di misure potrebbe vertere sulla emanazione di apposite agevolazioni anche in favore del cliente finale, attraverso la previsione di una serie di detrazioni fiscali da applicarsi agli acquisti made in Italy effettuati. Al fine di produrre gli effetti auspicati di rilancio e implementazione della produzione del made in Italy, tali misure potrebbero essere introdotte in via sperimentale per un congruo periodo di tempo.

A valle della emanazione delle misure anzidette, si registrerebbe una sensibile diminuzione degli esborsi a carico dello Stato per effetto della visibile riduzione del ricorso agli ammortizzatori sociali ed alla mobilità, come attualmente previsti dalla normativa vigente. Altro effetto positivo sarebbe quello relativo al rientro sul territorio italiano delle attività produttive e/o lavorazioni allo stato svolte all’estero, con conseguente recupero di importanti segmenti della produzione made in Italy.  Da ultimo, si segnala l’ulteriore effetto positivo delle misure anzidette, consistente in un sensibile incremento dei consumi della produzione made in Italy.

Il comparto della moda rappresenta una specializzazione produttiva “caratterizzante” il nostro Paese, sia per numero di imprese che di occupati e, pertanto, merita ogni azione utile a sostegno, al fine di scongiurare - in un prossimo futuro - una possibile delocalizzazione, mentre un supporto in tal senso andrebbe anche a rafforzare il reshoring dall’estero delle imprese italiane che hanno portato le loro produzioni al di fuori dei confini domestici.

Da queste riflessioni è nata l’idea di fare del nostro territorio una sorta di grande laboratorio sperimentale. Insieme a Confindustria, Federmoda, Cgil, Università del Salento abbiamo dato vita agli Stati Generali dell’economia, stiamo lavorando per dare vita un protocollo di intesa tra i diversi soggetti per costruire un nuovo modello socio economico che metta al centro le produzioni locali e investa sul lavoro di qualità. E speriamo di essere modello per altri.

Bruno Maggi è assessore alle Attività produttive di Martina Franca