Cambiare l’Europa per preservarla. Le parole pronunciate dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel all’Europarlamento riunito in seduta plenaria confermano che anche i teorici dell’austerità sarebbero ormai definitivamente pronti ad allentare le maglie. Quanto e come, però, va ancora deciso. E la data dirimente sarà quella del prossimo Consiglio europeo in programma il 17 e 18 luglio. In quell’occasione, infatti, i leader dell’Unione saranno chiamati a definire le nuove linee di credito e le nuove condizionalità per accedere ai fondi del Mes. Un ruolo centrale lo giocherà proprio la Germania che dal 1 luglio guida il semestre europeo. Le risorse in campo tra Mes e Recovery Fund sarebbero imponenti. Un’occasione da non sprecare – ha ripetuto più volte in queste settimane il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Ma perché l’occasione sia concreta quei fondi dovrebbero essere disponibili nell’immediato e non mortificati dai vincoli imposti negli anni passati dalle logiche neoliberiste.

Già nel mese di giugno il sindacato europeo aveva sollecitato i governi a muoversi in questa direzione e in Italia Cgil, Cisl e Uil avevano inviato una lettera al presidente del consiglio Giuseppe Conte chiedendo di recepire quell’appello perché “le risorse europee e un rilancio del progetto europeo stesso sono cruciali anche per l’economia del nostro Paese”. Ora che il conto alla rovescia è iniziato e le statistiche certificano le sofferenze dell’economia e del mercato del lavoro non c’è più tempo da perdere. Anche perché di tempo l’Europa ne ha perso già abbastanza. “Ben vengano parole come quelle della Merkel, tutto molto giusto - commenta Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil – ma bisognava farlo anche prima: cambiare l’Europa per preservarla doveva essere un obiettivo dei leader dell’Unione già con la crisi del 2008-2009. Così invece non è stato e se l’Europa è cambiata in questi anni non lo ha fatto certo in meglio. Adesso la pandemia ha assestato il colpo finale esasperando diseguaglianze che erano già state esacerbate dalle politiche dell’austerità”.

Il sindacato non ha mai smesso di sostenere che l’austerità non era solo sbagliata ma anche pericolosa e adesso la prova è sotto gli occhi di tutti. Ora l’Europa ha una seconda possibilità: “Noi – spiega ancora Fracassi - non abbiamo mai indicato un plateau di risorse perché servono tutti i fondi necessari e straordinari, e potrebbero servirne anche più di quelli che in qualche modo si vanno prefigurando in Next Generation EU. In ogni caso, il vero nodo da sciogliere non è solo il quanto ma il come e per fare cosa. Se è vero che le risorse dovranno essere sufficienti ad affrontare la crisi, devono essere sostenute sul versante fiscale attraverso bond europei che siano effettivamente il primo esperimento di condivisione del debito. È arrivato il momento di rimettere al centro delle politiche europee la solidarietà, il sostegno allo stato sociale e soprattutto al lavoro contro l’impoverimento complessivo delle persone. Non è più tempo di austerità, semmai lo sia stato. Mentre per l’Italia è chiaro che occorrerà attivare ogni strumento a disposizione – dal Sure (il fondo per finanziare la cassa integrazione) al Mes sul versante sanitario – per rispondere alla crisi e alla pesante recessione che attraverseremo”.

Vale per l’Europa quello che vale per l’Italia: “È l’ora della responsabilità e della coesione, del lavoro collettivo e di risposte ai bisogni delle persone. Non possiamo perdere questa occasione per salvarci tutti insieme”. Così aveva chiarito la Cgil in occasione dei recenti Stati generali ponendo un quesito semplice quanto ineludibile: “Se non ora quando?