Pio Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (Belluno). La famiglia tuttavia, in cerca di lavoro, si trasferisce a Torino nel 1950, vivendo nelle baracche dei cantieri operai per la costruzione del nascente Politecnico di Corso Duca degli Abruzzi.

“Ho abitato in una baracca, - racconterà in un'intervista -  la maestra mi rimproverò e le lanciai contro un calamaio. mi rimproverò ingiustamente chiamandomi 'montanaro'. Cieco di rabbia presi il calamaio e glielo scagliai addosso. Questo per dire che mi portavo dentro il bisogno di arrabbiarmi di fronte alle ingiustizie. E poi, certo, ero segnato dalle difficoltà. Torino è una città che mi ha accolto e, anzi, di recente mi hanno chiesto di diventare ambasciatore della sua cultura. Ma non era facile arrivare qui negli anni Cinquanta. Avevo un occhio allenato agli ultimi, li scovavo”.

Ultimi ai quali don Ciotti continua a dedicare tutta la sua vita. “Nella vita ho due grandi punti di riferimento - ci ha ripetuto tante volte - il Vangelo e la Costituzione. La mia vita è spesa nel cercare di saldare il Cielo e la Terra, la salvezza celeste con la dignità e la libertà terrena”. Un impegno costante e ininterrotto realizzato attraverso il Gruppo Abele, attraverso Libera, attraverso la lotta, la cura, l’impegno, la memoria. Una memoria che non va archiviata, ma vissuta nel presente.

“Ricordiamo la morte delle vittime innocenti della violenza mafiosa per essere più vivi noi - don Ciotti tornava a dire recentemente - per essere più protagonisti e fare in modo che sia una memoria viva che ogni giorno ci faccia assumere le nostre responsabilità e il nostro impegno. È questo il senso dei nostri percorsi. I nomi che oggi ricorderemo non devono essere scritti solo sulle lapidi, ma devono essere scritti nelle nostre coscienze. Dobbiamo essere più vivi noi, più attenti e responsabili per fare in modo che la memoria non sia celebrazione e retorica, ma sia una memoria viva, sia impegno e responsabilità di tutti i giorni”.

“Per occuparsi degli altri - ci ha insegnato - l’amore è base fragile. Occorre il sentimento di giustizia, un’empatia per le vicende umane, sentire sulla pelle le ferite degli altri che impedisce l’indifferenza, il giudizio, il pregiudizio, frutti velenosi dell’ignoranza”.

“Io non so chi sia quella donna minuta seduta accanto a me, vestita tutta di nero, con gli occhi inondati di lacrime - raccontava ricordando un fatto accaduto durante una cerimonia per l’anniversario della strage di Capaci - Se ne sta lì composta ad ascoltare gli interventi delle personalità presenti, ma si vede che dentro è tutt’altro che immobile: qualcosa in lei freme, si dibatte per uscire. A un tratto, come per dare sfogo a quella vibrazione segreta, mi afferra una mano stringendola sempre più stretta. Infine il suo turbamento trova la strada della parola. La frase che mi dice sale strozzata dalla gola, combattendo per non sciogliere in singhiozzi il pianto sino a quel momento silenzioso: 'Perché non dicono il nome di mio figlio?'. 'Perché - ripete di nuovo - non dicono mai il suo nome?'".

E Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, quei nomi li ha detti, tante volte. E tante volte ancora continuerà a dirli. Continueremo a dirli. Tutte e tutti insieme. Perché i i cambiamenti non sono cose per navigatori solitari.

“Oggi è più che mai urgente una dieta e una bonifica delle parole - diceva qualche anno fa don Ciotti - Una di queste parole ce l’hanno rubata i ladri di parole: una di queste è ‘noi’. Un contenitore in cui si sono infilati troppi abusivi, troppi incantatori. C’è chi usa il ‘noi’ e continua a pensare ‘io’”. E allora Buon compleanno a te, don, e buon lavoro a noi, a tutte e tutti noi.

Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, l’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi.
Vi auguro l’eresia della coerenza, del coraggio, della
gratuità, della responsabilità e dell’impegno.
Oggi è eretico chi mette la propria libertà
al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalit
à.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare una realizzazione.
Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.