Il 25 agosto 1989 muore Jerry Essan Masslo, rifugiato sudafricano di 29 anni, ucciso a Villa Literno da quattro giovani poco più che adolescenti che volevano rapinare i lavoratori africani della loro paga. Solo qualche giorno prima di essere ucciso, Jerry aveva rilasciato un’intervista al Tg2 in cui aveva denunciato il razzismo e lo sfruttamento di cui erano vittime le persone nere in Italia.

“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita - aveva detto - una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo c'è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.

Parole purtroppo profetiche che però non rimarranno senza giustizia. Per la morte di Jerry, nel luglio del 1991, saranno condannati in via definitiva dalla Corte d’assise di appello Giovanni Florio a 18 anni, Giuseppe Caputo a 14, Michele Lo Sapio a 13. Salvatore Caputo, il quarto appartenente alla banda, all’epoca dei fatti ancora minorenne, sarà condannato a 12 dal Tribunale dei Minori.

La Cgil chiede e ottiene i funerali di Stato, che si terranno il 28 agosto alla presenza del vice presidente del Consiglio Gianni De Michelis e di altre rappresentanze delle istituzioni.

“Io c’ero ai funerali di Jerry Masslo - racconterà anni dopo un testimone - ero un militante della del Partito comunista e iscritto alla Cgil. I nostri  dirigenti all’epoca non sembravano avere piena coscienza del fenomeno, anche se al contrario la Cgil aveva da tempo tentato di organizzare gli immigrati che si affollavano in estate nelle campagne. Sentii alla radio la notizia dell’uccisione di Jerry Masslo. La piazza antistante la chiesa era stracolma il giorno dei funerali. Non riuscii ad entrare in chiesa e rimasi ad ascoltare la messa fuori. A poca distanza da me c’era Michele Placido che proprio in quei giorni stava girando a Villa Literno il film Pummarò”. Nei giorni successivi interverranno sulla vicenda Giovanni Paolo II, Francesco Cossiga e tutto il mondo politico italiano.

Il 20 settembre successivo a Villa Literno si terrà il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato al servizio della camorra, mentre il 7 ottobre a Roma si svolgerà la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo. Scriverà l’Unità il giorno dopo: “Superata anche la più ottimistica previsione. A centinaia di migliaia sono venuti a Roma ed hanno sfilato per più di tre ore, fianco a fianco, bianchi e neri per dire “no” a tutti i razzismi e per chiedere al governo misure urgenti perché violenza e discriminazioni siano cancellate dalla nostra società civile e democratica”.

“Per annunciare la manifestazione contro il razzismo che oggi pomeriggio vedrà sfilare nella capitale decine e decine di migliaia di persone, forse centomila - aggiungerà Repubblica - si potrebbero ricordare quelle dolci parole di Martin Luther King: I have a dream…, Ho un sogno…i figli degli antichi schiavi e i figli degli antichi proprietari di schiavi riusciranno infine a sedersi assieme al tavolo della fratellanza. Non pare vero che il sogno di Luther King sia diventato nuovamente attuale per tutti quei neri, quella gente di colore, quegli immigrati che adesso vivono nel nostro paese e iniziano a sentire sulla propria pelle, anche qui, perfino qui, il peso e la violenza del razzismo”.

Qualcosa comincia a muoversi. L’allora presidente della Camera, Nilde Iotti incontra una delegazione di immigrati a Villa Literno e nel febbraio dell’anno successivo entra in vigore la legge Martelli, primo discusso tentativo di affrontare il tema dell’immigrazione in un Paese che scopre di essere diventato non più terra d’emigrazione ma luogo dove migliaia di stranieri cercano di trasferirsi per migliorare le proprie condizioni di vita.

In occasione del trentennale della morte di Jerry Masslo, la Flai Cgil organizzava nel novembre del 2019 una giornata di iniziative e incontri a Caserta, Villa Literno, Castel Volturno e Mondragone. Un’occasione per educare ai temi dell’accoglienza, dell’integrazione, della convivenza civile, incoraggiare al dialogo e promuovere lo sviluppo di una società fondata sul rispetto della diversità dell’immigrato e della sua cultura. Nel febbraio successivo a Jerry Masslo sarà dedicata, a Napoli, la sede Flai e Nidil Campania e Napoli.  

“Inaugurare una sede della Cgil e intitolarla a Jerry Masslo - diceva nell’occasione il segretario Maurizio Landini - significa rilanciare la lotta al caporalato e dire che le nostre sedi sono aperte a chi fugge da questa ingiustizia. Significa rilanciare con forza una delle ragioni del sindacato, quella di unire e non dividere perché la divisione favorisce lo sfruttamento e l’economia illegale, e fa trattare le persone come merce”. Una sfida non semplice che portiamo avanti - anche nel nome di Jerry - ogni giorno, con la consapevolezza di servire una causa grande, una causa giusta.

Una causa val bene un impegno, val bene un rischio, val bene una vita, perché la fatica, il sudore, le lacrime non hanno colore ed il padrone è uguale dappertutto. Ce lo ha insegnato Giuseppe Di Vittorio e noi non lo abbiamo dimenticato.