L'attacco della Regione Umbria, a trazione leghista, ai diritti delle donne con il divieto di ricorso alla Ru486 (l'aborto farmacologico) in regime di day hospital, ha avuto certamente un effetto “non desiderato”, quello di risvegliare e ricompattare il movimento delle donne, in Umbria e non solo.

Ce n'erano migliaia, di tutte le età, arrivate da ogni parte della regione e anche da fuori, lo scorso 21 giugno in piazza a Perugia. Ma la cosa non è finita lì. Il 2 luglio lo stesso movimento, la RU2020, si è recata a Roma, sotto il ministero della Salute, per consegnare 80mila firme al ministro Speranza e chiedere che il nostro Paese decida una volta per tutte di guardare al futuro, di andare avanti sui diritti delle donne, nella direzione in cui va il resto d'Europa. Non solo Ivg farmacologica senza ricovero, dunque, ma anche contraccezione gratuita, rafforzamento dei consultori, educazione all'affettività nelle scuole, etc.

“A volte noi femministe veniamo accusate di guardare al passato – ci dice in questa video intervista Valentina, una delle organizzatrici della piazza di Perugia – eppure io mi sento una femminista che guarda al futuro. Perché le cose che noi chiediamo sarebbero fortemente innovative per questo Paese, nonostante siano già scritte in una legge datata 1978”.