Parlare di area delle “Reggiane”, a Reggio Emilia, per decenni è stato come citare un non-luogo. Un’area di archeologia industriale abbandonata al suo declino, posta ai margini del centro storico, divenuta sinonimo di povertà, disagio sociale, criminalità, che però, negli ultimi anni, è stata oggetto di una profonda azione di riqualificazione non ancora terminata: le Reggiane cercano ora, con fatica, una nuova identità in una città in trasformazione che volge lo sguardo alla innovazione e ad nuovo modello di impresa. Nessuna identità può però nascere e affermarsi nel presente dimenticando le proprie radici, non può esistere un “nuovo” senza aver preservato l’essenza del “vecchio”, nessun futuro è dato senza recupero sapiente del passato.

Le Officine Reggiane nascono nel 1901 e si rivolgono alla produzione di materiale ferroviario; la Grande Guerra favorisce la loro espansione nel settore militare. È negli anni 30 che le Reggiane si specializzano nella produzione di aerei da combattimento e divengono un polo produttivo di primo ordine nell’Italia fascista che correva verso la seconda guerra mondiale. Ed è proprio durante la seconda guerra mondiale che gli operai delle Reggiane scrivono la prima pagina da consegnare alla storia del nostro paese.

Il 28 luglio 1943 nove lavoratori tra cui una lavoratrice incinta vengono uccisi dai bersaglieri perché, all’indomani della capitolazione di Mussolini, avevano osato improvvisare una manifestazione per la pace. Finita la guerra, in pieno clima di ristrutturazione economica e restaurazione sociale, nel 1950, a seguito di un piano industriale che prevedeva 2100 licenziamenti, ebbe inizio la più lunga occupazione di una fabbrica da parte degli operai della storia italiana.

Un anno di lotta che vide la progettazione e la produzione di un trattore cingolato chiamato R60: puntando sulla intelligenza dei lavoratori la riconversione industriale era possibile; un futuro poteva essere immaginato, il lavoro poteva ancora esserci per tutti. Un anno di solidarietà in cui la maggior parte della città si strinse attorno ai lavoratori e alle loro famiglie ormai ridotte a condizioni di indigenza.

Un anno di conflitti che si concluse, sul piano squisitamente sindacale in una sconfitta, cui succedette un periodo di disoccupazione, fame ed emigrazione forzata per la gran parte dei protagonisti. Un anno che consegnò alla Cgil una grammatica nuova del conflitto sociale e un patrimonio di valori che ne caratterizzeranno l’azione strategica e politica nei successivi decenni.

“Un Tocco di Classe” è la mostra fotografia evento che racconta questo anno attraverso fotografie originali provenienti dell’archivio della camera del lavoro di Reggio Emilia, selezionate con la consulenza di Tommaso Cerusici, e che è stata inaugurata sabato 23 aprile alle ore 16.30 in uno dei capannoni (il numero 18) che furono teatro di quegli eventi. Per il sindaco Luca Vecchi "la mostra rappresenta un investimento per tutta la città in una momento come questo in cui l’intera area è oggetto di grandi interventi di riqualificazione mirati a farne un luogo di partecipazione e incontro".

Valerio Bondi della segreteria Cgil di Reggio Emilia ha spiegato la genesi e gli obbiettivi dell’esposizione: “Ricordare una episodio centrale per la storia di una città ma anche del paese tutto, dove lo scontro sociale contro l’iniquità di 2000 licenziamenti ha saputo in quei mesi trasformarsi in una gara di solidarietà per gli agricoltori, i commercianti e i comuni cittadini che si strinsero attorno alle famiglie dei lavoratori in lotta, sostenendoli". Ha concluso il pomeriggio Francesca Re David della segreteria Cgil nazionale che ha teso a indagare i legami esistenti fra quel mondo e il presente:” a distanza di 70 anni da quella protesta, le lavoratrici e i lavoratori continuano a lottare e ad occupare le loro fabbriche come successo per le vertenze di Whirpool, GKN, Saga Cafè. Il lavoro oggi come ieri si difende solo con la determinazione e l’intelligenza di chi lavora”.

Tra gli interventi anche quello del professor Luca Baldissara che ha fornito un ampia e precisa ricostruzione storica del periodo, sul piano storico ma anche politico. Si tratta di un viaggio dentro al passato che si sofferma sulla densa attività organizzativa, politica, di quei mesi ma anche sui piccoli eventi della quotidianità, sui volti, noti e meno noti, tutti coinvolti più o meno consapevolmente in accadimenti destinati a restare scolpiti nella memoria collettiva di una intera comunità, tutti impegnati a scrivere l’incipit di una storia, la storia del movimento dei lavoratori dell’Italia repubblicana.

La mostra, ad ingresso libero, sarà visitabile fino a fine ottobre, e sarà sede di eventi e iniziative durante il periodo estivo a cura dei promotori. Rientra inoltre nel circuito OFF di Fotografia Europea 2022.

Cristian Sesena è il segretario della Cgil di Reggio Emilia