La data esatta della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista è sempre difficile da calcolare visto che le case editrici erano diverse e il libro fu stampato da un gruppo politico, ma tradizionalmente si indica il 21 febbraio come giorno della pubblicazione (sicuramente la prima edizione tedesca fu stampata prima della fine di febbraio. Il manoscritto giunse a Londra tra la fine di gennaio e i primi giorni di febbraio. Il giorno in cui questa prima edizione esce dalla tipografia non è riportato su nessun esemplare, né viene indicato nelle innumerevoli versioni che si succedono in tutte le lingue. Engels non ha mai indicato esattamente il giorno. Tra le supposizioni si può leggere 'probabilmente 24 febbraio' (cfr. Postfazione di Bongiovanni, p. 126, all’ultima edizione critica pubblicata da Einaudi nel 1998). Anche dalla corrispondenza non si traggono informazioni che certifichino una data esatta).

Nella Prefazione all’edizione tedesca del 1872, Marx e Engels raccontano: “La Lega dei Comunisti, associazione internazionale degli operai (…) diede ai sottoscritti l’incarico di stendere un dettagliato programma teorico e pratico, destinato a essere reso pubblico. Nacque così il presente Manifesto”. Un manifesto che dà voce all’intero movimento operaio, fornendo a esso il documento rivoluzionario di riferimento.

In Italia, dopo alcune edizioni incomplete o disapprovate da Engels uscite tra il 1889 e il 1892, esce nel 1893 la traduzione italiana di Pompeo Bettini sul periodico Critica Sociale, con prefazione di Engels stesso. “Uno spettro s’aggira per l’Europa - vi si legge - lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro: papa e zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi.

Quale partito d’opposizione non è stato tacciato di comunismo dai suoi avversari di governo; qual partito d’opposizione non ha rilanciato l’infamante accusa di comunismo tanto sugli uomini più progrediti dell’opposizione stessa, quanto sui propri avversari reazionari? Da questo fatto scaturiscono due specie di conclusioni. Il comunismo è di già riconosciuto come potenza da tutte le potenze europee.

È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito stesso. A questo scopo si sono riuniti a Londra comunisti delle nazionalità più diverse e hanno redatto il seguente manifesto che viene pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, fiammingo e danese”.

Nel testo si legge:

La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotta di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta. Nelle prime epoche della storia troviamo quasi dappertutto una completa divisione della società in varie caste, una multiforme gradazione delle posizioni sociali. Nell'antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, maestri d’arte, garzoni, servi della gleba, e per di più in quasi ciascuna di queste classi altre speciali gradazioni.
La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. La nostra epoca, l’epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché ha semplificato i contrasti fra le classi. La società intera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l’una all’altra: borghesia e proletariato. (…) Che relazione passa tra i comunisti e i proletari in generale? I comunisti non costituiscono un partito particolare di fronte agli altri partiti operai. Essi non hanno interessi distinti dagli interessi del proletariato nel suo insieme. Non erigono princìpi particolari, sui quali vogliano modellare il movimento proletario. I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari solamente per il fatto che da un lato, nelle varie lotte nazionali dei proletari, essi mettono in rilievo e fanno valere quegli interessi comuni dell’intero proletariato che sono indipendenti dalla nazionalità; d’altro lato per il fatto che, nei vari stadi di sviluppo che la lotta tra proletariato e borghesia va attraversando, rappresentano sempre l’interesse del movimento complessivo. (…) I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. (…) Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!