Intorno all’otto marzo sono sempre numerose le pubblicazioni in tema. Tra queste abbiamo scelto Con grazia e coraggio. Storie di donne che hanno tracciato strade nuove (Città nuova, pp.133, euro 16), un libro che racconta quattro storie diverse tra loro comunicanti, unite non soltanto dalle protagoniste al femminile ma da uno stesso sguardo, rivolto verso chi nel corso dell’esistenza è stato meno fortunato di noi. A raccoglierle Vittoria Iacovella, giornalista da sempre attenta a determinati argomenti, vincitrice nel 2013 del Premio Ilaria Alpi, e che già nel 2019, con la pubblicazione de I rompiscatole. Storie di giovani eroi senza mantello, ci aveva fatto conoscere bambini le cui vite, nel loro piccolo, sono riuscite a cambiare il mondo.

Questa volta a cambiare il mondo sono le donne, a partire da Judi Aubel, un’antropologa di origini statunitensi che sin da giovane rifiuta i cliché imposti da una cultura maschilista, inseguendo l’insopprimibile vocazione ad aiutare gli altri: “Essere in grado di immaginare una condizione migliore per tante persone, per città e popoli interi, cambiare il presente, scegliere il futuro. Mentre le altre non sognano altro che il pancione e i bavaglini io no, e per questo mi sento sbagliata, mi fanno sentire sbagliata”. Judi inizia così a girare il mondo come insegnante nelle scuole infantili prima della California, poi in Africa, America Latina e Asia, visitando anche Madrid e l’Italia, ogni volta alimentando la sua attitudine, e un sempre più ricco bagaglio di esperienze.

La scintilla primordiale era stata provocata dalla nonna materna, la cui passione di viaggiare per l’America viene trasferita alla nipote anche grazie alla continua ricerca dedicata a ricostruire la tortuosa e rimossa esistenza di Nancy Kelsey, la prima donna bianca a esplorare il territorio americano, dal Missouri alla California, nel 1840. I racconti della nonna, e l’immagine di questa donna da lei sempre evocata, sono l’humus insostituibile dell’attività umana e professionale di Judi Aubel, culminata nel 2005 con la fondazione dell’organizzazione “Grandmother Project”, progetto finalizzato alla formazione di nonne-leader, un ruolo che soprattutto ma non soltanto in alcune regioni dell’Africa in questi quindici anni si è dimostrato molto efficace: “Davanti all’autorevolezza delle parole di una nonna, anche gli uomini più prepotenti abbassano la coda. Dobbiamo lavorare con le nonne, sono loro le leader naturali”.

Sono passati quasi vent’anni e ora sì, vorrebbe un figlio, ma il suo compagno è contrario, e il legame finisce qui. Ma non è soltanto questo, dentro di lei rimane il desiderio di fare qualcosa di diverso, e malgrado le allettanti proposte del suo capo, Luciana si licenzia lasciando Milano, i soldi, la bella vita, e se ne torna nella sua terra, senza sapere ancora cosa fare. Poi la lettura della pagina di un giornale accende la lampada e le fa trovare la strada, che consiste nel creare qualcosa che aiuti le donne (e i loro figli) rinchiuse nel carcere della città.

Nasce così il progetto “Made in carcere”, che riesce a superare ogni ostacolo burocratico grazie alle precedenti competenze acquisite, e l’ostilità di agenti di sicurezza che disprezzano una donna che aiuta quelle recluse, “femmine marchiate che contano sui corpi le tracce di violenze subite quando la loro carne era tenera, che hanno una pelle sulla quale è scritta la propria storia con tatuaggi e bruciature”. In poco tempo Luciana riesce a organizzare dietro le sbarre un laboratorio di cucito, lavorando con gli scarti di magazzino di alcune aziende tessili, offrendo allo stesso tempo l’opportunità di apprendere un mestiere per poter rinascere. Già pochi giorni dopo lo scoppio della pandemia, le sarte detenute avevano cominciato a produrre e donare migliaia e migliaia di mascherine con il logo “Made in carcere”. Continuano a farlo.

Per non togliere gusto al lettore, delle altre due protagoniste di questo libro annotiamo soltanto i loro nomi: Paola Guerra e Lucia Luzietti, l’una promotrice di un modello nuovo di gestione dell’emergenza, partendo dal terremoto dell’Aquila, l’altra che delle emergenze si occupa da ingegnere a capo di un team internazionale attraverso rilevazioni satellitari. Ultima considerazione sulla scelta da parte dell’autrice Vittoria Iacovella di identificare le sue quattro donne con altrettanti alberi: la magnolia per Judi, l’ulivo per Luciana, l’abete rosso per Paola, il melo per Lucia.

Alberi che fioriscono ogni giorno.