Il 4 ottobre 1949 nasceva a Ovalle, in Cile, Luis Sepúlveda, scrittore, giornalista, sceneggiatore, poeta, regista, attivista politico. Un uomo la  cui vita è degna essa stessa di un romanzo. Membro della scorta personale del presidente cileno Salvador Allende (“Io non ero al Palacio de la Moneda durante i bombardamenti - racconterà - Ci alternavamo nell’affiancare Allende: io e altri compagni quel giorno fummo distaccati a Santiago, di guardia a un pozzo di acqua potabile, obiettivo sensibile dei fascisti. Il primo istinto fu quello di andare subito alla Moneda. Ma fu impossibile, ovunque c’erano soldati che sparavano, morti. Un mortale senso di impotenza mi assalì. Però quel giorno riuscimmo a raggiungere un ospedale, dove ascoltammo l’ultimo discorso del presidente a Radio Magallanes. Una meravigliosa chiamata alla responsabilità, alla sopravvivenza: ci chiedeva di non farci uccidere, la nostra vita era necessaria per organizzare la Resistenza. I compagni alla Moneda, invece, morirono tutti”), prigioniero politico durante il colpo di Stato di Pinochet, incarcerato, torturato ed esule, è stato anche attivista di Greenpeace oltre che scrittore e regista, prima di morire in Spagna a causa del Covid-19 dopo un lungo periodo trascorso in terapia intensiva.

Le sue esperienze, sebbene raccontate in maniera astratta (raramente Sepùlveda fa riferimento a se stesso come protagonista), sono il punto di partenza di ogni sua narrazione, costantemente intrisa di lotta per un mondo migliore e difesa dell’ambiente. Capitolo a parte meritano i suoi libri di favole (“La favola - dirà - per me, è una maniera per condividere qualcosa con lettori giovanissimi, che presto diventeranno adulti e cittadini responsabili”), ricchissimi di significati simbolici a partire dal primo e più noto, La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare.

Sei una gabbiana - diceva il gatto Zorba a Fortunata -  Su questo lo scimpanzé ha ragione, ma solo su questo. Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana, una bella gabbiana. Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa. Non abbiamo potuto aiutare tua madre, ma te sì. Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall’uovo. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi.

C’è, in queste poche, bellissime righe tutto Sepùlveda. C’è tutto quello che un bambino dovrebbe imparare e un essere umano adulto dovrebbe non dimenticare per continuare a ritenersi veramente tale.

Ricoverato il 29 febbraio scorso nel reparto malattie infettive dell’Ospedale dell’Università centrale delle Asturie (Huca) a Oviedo a causa di una polmonite associata al nuovo Coronavirus, Luis è morto lo scorso 16 aprile, dopo aver lottato strenuamente per mesi. Oggi avrebbe compiuto 71 anni. Non possiamo più dirgli "buon compleanno", ma potremo e dovremo comunque continuare a dirgli "grazie". Grazie per averci messo di fronte alle grandezze e miserie della storia del Novecento. Per aver scelto la letteratura per dar voce a chi non ha voce. Per tutti i sogni che ci ha regalato, per la coerenza, la correttezza, l’esempio. Grazie perché "bisogna essere grandi per saper parlare ai piccoli". Grazie per averci commosso, divertito, fatto riflettere. Grazie perché tutti - almeno una volta nella vita - ci siamo sentiti come Fortunata, e averla conosciuta ci ha aiutato a sentirci meno diversi, meno soli.