L’hangar del cantiere navale, smisurato e solenne, sembra una solida cattedrale dove si officia il lavoro.

È il 2009 e i cantieri di Danzica hanno da poco un nuovo proprietario, il gruppo ucraino Donbass, e un futuro incerto. Sono lontani i tempi in cui gli allora cantieri Lenin erano un mondo autosufficiente popolato da 17 mila lavoratori e dalle loro famiglie. Lontani gli scioperi del 1970, repressi con violenza, e lontano anche l’agosto del 1980 con il grande “sciopero della solidarietà” guidato da Lech Walesa: il licenziamento della gruista Anna Walentynowicz, punita per aver denunciato le condizioni di lavoro degli operai, fu la spinta necessaria a sollevarne ancora il malcontento e a unirli in un movimento che avrebbe segnato il passo e la direzione della storia. Dalla rivoluzione pacifica delle tute blu polacche, attraverso gli accordi di Danzica e Stettino siglati alla fine di agosto di 40 anni fa, nasceva Solidarność, il primo sindacato libero del blocco socialista.

Nel 2009 dei 17 mila operai ne restavano 2.300, e di lì a poco sarebbero diminuiti ancora. Nell’enorme paesaggio industriale, dominato dalle alte gru verdi, le aree ancora operative erano circondate da quelle abbandonate, che via via avevano corroso la vecchia compagine.

Alcuni edifici ai margini erano abitati da una colonia di artisti e poco distante era stato fondato il Wyspa Institute of Art, che organizzava mostre, workshop, conferenze e festival internazionali. L’edificio che lo ospitava è stato comprato quattro anni fa dal comune di Danzica per farne la sede del nuovo museo cittadino di arte contemporanea.

Al di là dello storico cancello numero 2 è stato poi inaugurato, alla fine del 2014, l’Europejskie Centrum Solidarności, il museo dedicato al sindacato fondato da Walesa, costosa struttura progettata da uno studio di design della cittadina polacca: un imponente parallelepipedo di ferro che richiama l’architettura industriale del luogo, quella che nel frattempo era andata in rovina ed era stata in buona parte smantellata.

Anche ora che la Polonia chiede all’Unesco di riconoscere i cantieri navali di Danzica Patrimonio dell’umanità – la domanda è stata presentata dal ministero della Cultura lo scorso febbraio – non posso dire se, a distanza di undici anni dalla foto, questa cattedrale sia ancora in piedi, e se a una certa ora del giorno la luce attraversi sempre di sbieco la sua navata laica, conferendole la grazia e la speciale magnificenza che merita il luogo che ha accolto negli anni tanto lavoro, sudore e battaglie.