“Spingere con la forza e non tacere, dovete usare la vostra forza per sovvertire, protestare. Fatelo voi che siete giovani, io non ho più l’età”. Ascoltavo le parole di Mario Monicelli, era il 3 giugno del 2010, e scattavo con parsimonia, concentrato sulle sue parole e sulla sua immagine, per cogliere quello che a me è sembrato un momento solenne. Erano parole che sentivo mie, contenevano una rabbia autorevole, quella di una grande personalità del cinema italiano. Non c’era niente di tecnico nel mio fotografare, ma solamente i lampi dei suoi occhi, del suo sguardo.

All’Istituto statale di cinematografia e televisione Roberto Rossellini i giovani che lo stavano ascoltando esplosero in un’ovazione. Monicelli aveva presentato un lavoro provocatorio, “la nuova armata Brancaleone”, un corto di pochi minuti nel quale si denuncia in modo forte e simbolico gli effetti dei perpetui tagli alla cultura sul cinema, sulla formazione dei giovani, sulle scuole. Il regista non ci stava, non accettava questo fare a brandelli un patrimonio fondamentale per la nostra società e invitava chi ha a cuore l’arte e il sapere come crescita di noi tutti a opporsi a questo piano scellerato. Da lì a cinque mesi Mario Monicelli il suo gesto estremo di ribellione lo avrebbe messo in atto.

Sono uscito da quell’aula emotivamente provato e col bisogno di raccontare quel messaggio, che da allora mi è tornato più e più volte alla mente, ogni volta in cui vedo manifestarsi quella deriva contro la quale Monicelli avrebbe voluto vederci fare muro.