Ogni anno nel Solstizio d’estate, il 21 giugno, ci si ricorda della musica. La musica: un atto di civiltà che da millenni accompagna la vita quotidiana dell’umanità. La musica: quella passione per il suono che non ci si stanca mai di sperimentare ed esprimere. La musica: la compagna che non tradisce mai, quando siamo soli e quando siamo in tanti. Eppure, molto spesso ci si dimentica dei musicisti, di coloro che con la fatica di anni di lavoro e grazie al loro talento, ci consegnano un piacere così straordinario, che poche altre arti e attività umane sanno offrirci. Per questo, celebrare la musica e i musicisti è un atto d’amore. Non possiamo fare a meno né della musica, né dei musicisti. E dobbiamo inoltre inviare un ringraziamento pubblico a tutti coloro che operano nel campo della musica, quelle lavoratrici e quei lavoratori che spesso nell’ombra consentono di realizzare le esibizioni dal vivo e le registrazioni su qualunque supporto. Ecco, la musica è un grande mondo, costituito da decine e decine di migliaia di persone che vi lavorano, appassionate e di talento. È a loro che va dedicata la giornata del 21 giugno. 

 

Quella del 2020 però rischia di non essere una festa della musica, ma una festa alla musica, se si continua a ignorare la vera e propria tragedia che sta attraversando il settore in Italia. In questi lunghi mesi di pandemia, centinaia di migliaia di persone – artisti, produttori, tecnici, amministrativi, lavoratori di ogni genere – hanno sperimentato sulla propria pelle uno spietato impoverimento e l’abbandono, di fatto, dello Stato. Il fatto è che in questi mesi il governo ha giustamente pensato ai lavoratori in cassa integrazione, ad alcuni settori industriali (la ex Fiat, ad esempio) attraverso crediti agevolati, alle persone maggiormente in difficoltà mediante il reddito di emergenza. Ma il lavoro nel settore della musica (come per il teatro e lo spettacolo dal vivo) ha sue caratteristiche specifiche e particolari, che purtroppo allontanano lavoratori e imprese dai contributi statali previsti finora. Spesso si tratta di lavoratori privi di tutele sindacali, senza diritti, senza contratti stabili, precari, con paghe molto basse, al limite della sussistenza. E questa situazione drammatica di crisi è condivisa, indifferentemente, da giovani e anziani, da donne e uomini. Un modello, purtroppo, che risulta molto negativo anche e soprattutto per le migliaia di studenti che affollano i nostri conservatori e i nostri licei musicali, che rischiano di smarrire senso e passione per la musica.  

Inoltre, l’esempio che mi sento di fare, qui ed ora, è quello di un produttore discografico la cui rete di vendita, in tutto il mondo, si è bloccata per effetto di un globale lockdown e di un conseguente impoverimento di intere popolazioni. Per mesi, in Italia, in Europa e nel mondo, sono stati venduti solo generi considerati di primissima necessità, perché ovunque ha prevalso il primum vivere. Sono andate in crisi – spero non irreversibile – centinaia di migliaia di aziende. E la crisi ha colpito duramente la produzione culturale: la produzione discografica ha perso nettamente ampie quote di mercato, come la produzione editoriale, i libri, la produzione teatrale. E non poteva bastare l’elettronica a recuperare gli investimenti perduti. Il governo considera questi settori strategici per ripartire, oppure no? Se sì, ha il dovere di intervenire con tutte le risorse possibili. Se no, avranno sulla coscienza il fallimento di un patrimonio inestimabile, di centinaia di aziende, e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.

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E di questo, ne sono certo, è consapevole il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, al quale chiedo di dedicare altri appuntamenti al settore della cultura, e in particolare della musica, a partire ad esempio dalle Giornate del lavoro e, se possibile, dedicare al nostro settore incarichi specifici. Così, ne sono sicuro, ci sentiremo meno soli. E meno soli, se sostenuti ancora di più dalla Cgil, si sentiranno migliaia e migliaia di persone per le quali la musica è parte del senso della loro vita.