Venezia, Libreria MarcoPolo
"11 marzo 2020, chiudiamo tutto e andiamo a casa, ci salutiamo davanti alla libreria MarcoPolo di Campo S. Margherita, ci saremmo rivisti ancora come librai?

30 marzo, dopo tre settimane di stop necessarie a ristrutturare un corpo, torniamo in libreria e riorganizziamo velocemente il lavoro. Cominciamo a consegnare libri in città e a spedirne fuori, a disegnare cuori sui pacchi per dire Grazie, a disegnare una nuova mappa di Venezia, con il layer del lettorato scopriamo la geografia veneziana della lettura. Cuciamo mascherine e scopriamo di poter fare ancora i librai, mascherati. 

Rielaborare, organizzare: le idee in procedure e pratiche di accoglienza e sicurezza, lo spazio che è diventato altro, i movimenti in passi di una danza da imparare. Dal 14 aprile riapriamo due giorni a settimana, le librerie sono state le prime attività a poterlo fare, dal 27 aprile sei giorni. Senza dubbio la libreria, spazio di vendita in cui si scambia relazione e significato, va restituito alla città, per dimostrare che la distanza è fisica ma la vicinanza è sociale.

Prove di libertà che a Venezia, per costituzione, sono consentite. In Venezia Secolo Ventuno dell'architetto Sergio Pascolo, uscito per Anteferma, si legge che Venezia è già eco-socialmente pronta per il futuro, pronta anche per vivere la quarantena, fatta di prossimità, si sta distanti fisicamente e vicini socialmente, i traffici sono separati e con 20 minuti a piedi si trova ciò che si cerca. Ha già quello per cui le altre metropoli stanno investendo per arrivare alla qualità di vita che qui sperimentiamo ogni giorno.

Facendo i librai sappiamo, per la natura stessa di quello che trattiamo, libri e lettura, che la situazione economica può cambiare velocemente. La nostra è una realtà commerciale che si basa su più gambe: residenti, studenti, viaggiatori. Per questa ragione abbiamo scoperto che è più antifragile rispetto ad altre attività, basate solo sul turismo. Per far tornare la città a regime, la domanda che sentiamo spesso in giro è Come e quale turismo far tornare? E perché non chiedersi anche la questione Come conquistare nuovi abitanti?".

Tomo Libri, Roma
"Per decreto governativo, le librerie avrebbero potuto riaprire il 14 aprile, insieme alle cartolerie e ai negozi per bambini. A questi tre esercizi commerciali è stato permesso di riaprire per primi, perché i libri, i quaderni e i vestiti (per chi cresce e i vestiti vecchi non entrano più), sono stati considerati i più necessari dei beni non essenziali per sopravvivere.

Ci sono state delle proteste da parte di alcuni librai che non si sentivano sicuri, e nel Lazio la data di riapertura è slittata di una settimana. Lunedì 20 aprile abbiamo finalmente riaperto le nostre librerie e siamo stati contenti di poter nuovamente offrire al quartiere un servizio che riteniamo importante e che sicuramente contribuisce a rendere migliori le nostre giornate.

In quel momento, però, i contagi non erano ancora bassissimi e abbiamo preferito lasciare i collaboratori in cassa integrazione e farci carico noi soci della gestione della riapertura.

I primi giorni sono stati difficili: gli editori avevano bloccato le novità, i distributori lavoravano a tempo ridotto, i corrieri non erano in grado di rispettare nessun impegno nella consegna.

Le persone del quartiere, però, facevano la fila in attesa di poter entrare. Non si era mai vista una fila davanti a una libreria!

Questa accoglienza ci ha trasmesso un grande entusiasmo che ci ha permesso di superare le difficoltà maggiori, il controllo sul comportamento delle persone, il lavorare otto ore con la mascherina che ti toglie l'aria e ti fa appannare gli occhiali, la difficoltà di capirsi con la bocca coperta e la distanza di sicurezza.

Il lavoro è profondamente cambiato, è fisicamente faticoso, manca la possibilità di accogliere il lettore e lasciarlo vagare tra i libri tutto il tempo che vuole, ma specialmente mancano gli incontri, le presentazioni, i ragazzi che si fermano a studiare sui nostri tavolini.

Non abbiamo riaperto la caffetteria perché il suo lavoro era funzionale al rendere più attraenti e piacevoli gli incontri e le presentazioni che al momento non possiamo fare.

Tra poco sarà permesso un orario di lavoro più libero e stiamo pensando di far tornare a lavorare i collaboratori, magari cercando di spalmare l'orario su più giorni in modo da non obbligarli per troppe ore consecutive all'utilizzo della mascherina, cosa che noi abbiamo trovato molto faticosa, anche se ovviamente necessaria.

Nonostante queste difficoltà, siamo al momento fiduciosi nella ripresa. Abbiamo infatti notato una maggior attenzione delle persone per i negozi del quartiere e in modo particolare per le librerie. Durante la fase di lockdown, è diventata operativa la legge che limita lo sconto sui libri al 5% e questo permette alle librerie indipendenti, che non possono permettersi sconti maggiori, di competere con le grandi catene librarie e i colossi del web, potendo offrire, finalmente, lo stesso prodotto allo stesso prezzo.

Inoltre, nel periodo in cui dovevamo stare chiusi, molti di noi hanno iniziato un servizio di consegna dei libri presso l'edicola del quartiere e direttamente nelle case dei lettori. Oggi quasi tutti stiamo cercando di implementare un e-commerce per continuare anche il servizio a domicilio.

Spedire i libri, però, significa ricevere un ordine ed evaderlo, mentre il lavoro del libraio è parlare, consigliare, illustrare i contenuti dei libri. Questo è quello che ci piace e questo è quello che i lettori cercano da noi. Penso che la grande sfida del futuro per le librerie indipendenti come la nostra, sarà proprio quella di continuare ad offrire il nostro servizio di consulenza, coniugandolo con ciò che le nuove tecnologie ci permettono oggi" (Anna Parisi).