La volontà del Ministro Dario Franceschini di far riaprire musei, biblioteche, archivi e aree archeologiche a partire oggi, 18 maggio era nota da tempo. Almeno fino ad oggi, però, non esisteva un protocollo nazionale sulla sicurezza. Ci sono voluti due giorni di riunione in video conferenza tra alcuni dei dirigenti generali, l’Amministrazione del Mibact e le organizzazioni sindacali, ma alla fine si è arrivati a un accordo per ricominciare, in maniera graduale. L'elenco delle prime aperture è corposo: nel Lazio Il Vittoriano, Villa Adriana e Villa d'Este, Palazzo Farnese, gli Uffizi a Firenze, la Pinacoteca di Brera a Milano, diverse aree archeologiche nelle regioni del Sud. Ricca anche la lista degli archivi e delle biblioteche (le Nazionali di Roma e Napoli, la Centrale di Firenze, le Universitarie di Cagliari, Pavia, Torino).

“Siamo soddisfatti per la scelta in merito alla gradualità delle riaperture- commenta Claudio Meloni della Fp Cgil- ma anche dal punto di vista delle garanzie per la sicurezza dei lavoratori”. Il sindacato aveva indicato alcune misure urgenti e ineludibili, entrate nel Protocollo, anche a tutela degli utenti e dei siti. Lo strumento adottato permetterà di monitorare il rispetto e l’efficacia delle misure. 

Tra i provvedimenti necessari, ci sarà quello di contingentare le visite, che però potrebbe scontrarsi con i dubbi legati all’affluenza (e alle possibili ricadute economiche di questo aspetto). Non si può, infatti, sapere come reagiranno i cittadini e se la passione per l’arte sarà un incentivo a uscire. Una previsione, però, il sindacato prova a farla: “per i primi due anni l’affluenza sarà prevalentemente italiana – ipotizza Meloni - ci vorrà qualche tempo prima di far ripartire i visitatori internazionali”, che però hanno la maggiore incidenza sul turismo museale e legato ai beni archeologici e culturali.

Non vanno dimenticati, poi, l’attività di tutela sul territorio, gli scavi, i restauri, le indagini di archeologia preventiva e il raccordo con i cantieri di pubblica utilità. Resta alta l’attenzione nei confronti dell’anello debole nella catena di gestione del patrimonio artistico: i lavoratori delle società in concessione, cui è affidata una lunga lista di servizi a supporto dei poli archeologici e museali (come food and beverage, biglietteria). Ancora troppi quelli che lavorano nei beni culturali con rapporti contrattuali precari, a fronte del blocco del turn over e delle costanti carenze d’organico.