“Adesso abbiamo un quadro di Green Deal europeo molto favorevole per affrontare insieme le tre attuali crisi: ambientale, occupazionale ed economica”. A parlare è Edo Ronchi, dal ’96 al 2000 ministro dell’Ambiente, autore di numerose riforme ambientali, oggi presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che attraverso studi e ricerche promuove i temi strategici della green economy. “Le misure in vigore – prosegue - promuovono investimenti che tutelano il clima, le risorse e quindi l’ambiente, ma favoriscono anche lo sviluppo dell’occupazione e dell’innovazione e quindi contribuiscono a risolvere le crisi”.

Ronchi, ci può fare qualche esempio di come si possono coniugare le esigenze dettate da queste tre emergenze?

Partiamo da crisi specifiche, dai casi Ilva ad alcuni impianti che vanno migliorati o resi ambientalmente compatibili: qui si tratta di applicare buone tecnologie che sono già disponibili, con la necessaria gradualità, salvaguardando i livelli occupazionali. Non stiamo parlando di processi impossibili. Poi ci sono i siti dismessi, da bonificare e da riutilizzare in diverse aree del Paese. Esistono progetti per il loro recupero, come quelli della bioeconomia o chimica verde, e per destinarli alla produzione di energie da fonti rinnovabili. Insomma, bisogna affrontare sia la bonifica che la reindustrializzazione in chiave di sviluppo di nuove produzioni a basso impatto o o climaticamente utili. Si tratta di un potenziale molto interessante.

Che cosa occorre perché questi progetti si possano realizzare?

Bisogna fare in modo che la messa in sicurezza permanente ai fini del riutilizzo di questi siti sia resa più agevole: i progetti e le tecnologie ci sono, sono finanziabili e sono molto interessanti.

Le conclusioni del Consiglio europeo sul Recovery Fund, il piano di aiuti a sostegno delle economie europee piegate dalla pandemia, contengono un esplicito “obiettivo climatico”: di che cosa si tratta?

Se vogliamo accedere a questi fondi che sono molto importanti per l’Italia, bisogna stare attenti a rispettare i criteri e gli indirizzi europei, perché le proposte italiane saranno vagliate dalla Commissione. Tra i criteri c’è per esempio quello di impiegare almeno il 30 per cento di questi investimenti per misure climatiche. Noi siamo un Paese molto esposto al riscaldamento globale, e abbiamo un gran bisogno di misure di mitigazione e di adattamento. Pensiamo a quanto pesano le alluvioni, le bombe d’acqua, il dissesto idrogeologico. Ecco, dobbiamo dare un’accelerata in quella direzione.

Come Circular Economy Network avete presentato 20 proposte per l’economia circolare nel Recovery Plan nazionale. In che modo possono aiutare a superare le crisi ambientale e occupazionale, aiutare il lavoro?

Le misure per l’economia circolare cono l’altro pilastro del Green Deal europeo. Incentivare la progettazione di prodotti durevoli, riparabili, riutilizzabili, riciclabili, fatti con materiali riciclato. Incoraggiare i consumi in direzione di prodotti di lunga durata e riparabili. Migliorare la gestione dei rifiuti: abbiamo fatto grandi passi avanti ma ci sono ancora potenzialità perché il riciclo è un’attività industriale matura e va agevolato e semplificato.

E sul fronte degli obiettivi climatici quali dovranno essere i contenuti del piano italiano?

La decisione europea che ha sbloccato i fondi della Next Generation dice che entro dicembre di quest’anno l’Ue aumenterà gli obiettivi di riduzione al 2030 rivedendo il vecchio target, per riallinearli con la traiettoria dell’accordo di Parigi: si discute di alzare dal 40 al 50-55 per cento di riduzione delle emissioni rispetto al 1990. Noi dobbiamo essere pronti.

Quindi secondo lei si può uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia?

Penso che sia necessario, molto utile e anche molto vantaggioso, soprattutto per noi che abbiamo buone potenzialità.

Quanto sarà difficile reggere una transizioni dal punto di vista occupazionale?

Le difficoltà occupazionali le abbiamo adesso con questo modello: abbiamo perso molti posti di lavoro, altri sono minacciati. La transizioni va perseguita per creare nuove opportunità di lavoro.

Che cosa può fare il sindacato?

Dovrebbe essere attore protagonista di questo cambiamento, tutelando i suoi rappresentati, i lavoratori, però avendo un ruolo attivo in questa transizione del Green Deal europeo.